Gli stipendi calabresi tra i più poveri d’Italia. Trotta (Cgil): «Diamo dignità ai lavoratori con il salario minimo»
A dirlo un’indagine dell’Ufficio Economia del sindacato elaborata su dati Inps. Il segretario regionale: «Al Sud le giornate medie sono retribuite meno e c’è un’incidenza maggiore di contratti atipici»
Salari al Sud sempre più poveri, segno di lavoro precario e malpagato. Lo dice un’indagine dell’Ufficio Economia della Cgil nazionale elaborata su dati Inps.
Nel 2024 un lavoratore dipendente del settore privato (esclusi l’ambito agricolo e domestico) ha avuto un salario medio lordo annuale a livello nazionale di 24.486 euro, contro i 15.880 di chi lavora in Calabria. Se si prende, invece, come riferimento un lavoratore dipendente a tempo indeterminato, full time, che abbia lavorato almeno un anno intero, il salario medio lordo nazionale sale a 39.563 euro, ma per i calabresi si ferma a 31.618.
«Dati preoccupanti ma che non ci meravigliano – afferma il segretario generale Cgil Calabria Gianfranco Trotta -. Nel Mezzogiorno le giornate medie retribuite sono di meno, c’è un’incidenza maggiore del lavoro atipico, un maggior peso delle attività economiche con retribuzione più bassa. Al Sud, infatti, il lavoro a termine riguarda il 34,5% dei lavoratori (contro il 26,7% a livello nazionale), il part-time il 43,6% (contro il 33,0% nazionale), il lavoro discontinuo il 56,5% (contro il 45,6% nazionale)».
«Da tempo – continua Trotta – sollecitiamo l’introduzione del salario minimo per garantire lavoro dignitoso e sano, contrastare i contratti pirata e le paghe troppo basse e, ancora, per allinearsi alle direttive europee».
«La Calabria paga lo scotto di collegamenti e infrastrutture precari che disincentivano le aziende ad investire sul territorio. La Zes avrebbe potuto rivelarsi un’ottima carta per la nostra regione - fa notare il segretario - ma il suo ampliamento a tutto il Meridione ci penalizza. A parità di agevolazioni fiscali, gli imprenditori vanno lì dove la logistica è migliore e dove è più facile spostarsi e non dove la rete infrastrutturale è un colabrodo».
«Alla luce degli stop della Corte dei Conti sul progetto del Ponte sullo Stretto, che inducono riflessioni, chiediamo al governo – conclude Trotta – che sia dia la giusta attenzione alle infrastrutture del Mezzogiorno».