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17/06/2025 ore 10.06
Economia e lavoro

Tutta Italia si svuota ma il Sud rischia di diventare una landa desolata: spopolamento e sempre più anziani

L’analisi condotta dal docente Unical Francesco Aiello mostra la crisi profonda attraversata dal Paese. Mentre il Nord ancora regge grazie al mercato del lavoro, il Mezzogiorno perde residenti a ritmi preoccupanti

di Bruno Mirante

Tra il 2019 e il 2024, l’Italia ha perso 845 mila residenti. Un calo di popolazione che non si distribuisce in modo omogeneo, ma che si concentra soprattutto nel Mezzogiorno, accentuando il divario strutturale tra le due grandi macro-aree del Paese. Lo evidenzia una dettagliata analisi condotta dal prof. Francesco Aiello, docente di Politica economica presso l’Università della Calabria, che fotografa l’Italia come un paese spaccato tra Nord resistente e Sud vulnerabile, sotto la pressione combinata di spopolamento, invecchiamento e mobilità interna.

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Attraverso l’analisi descrittiva dei dati 2019-2024, lo studio di Aiello conferma quanto abbiamo avuto di scrivere negli approfondimenti che LaC News24 ha dedicato negli ultimi mesi al tema dello spopolamento: il calo demografico non è solo una questione di numeri, ma anche di un profondo cambiamento nella composizione della popolazione. «Comprendere queste dinamiche - scrive il fondatore del think thank indipendente OpenCalabria - è essenziale per cogliere la frattura territoriale e le sue implicazioni economiche».

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Un Paese che si contrae: la demografia come segnale strutturale

Nel 2024, la popolazione residente in Italia si è attestata a 58.971.230 persone, in calo dell’1,4% rispetto al 2019. In termini assoluti, è come se in cinque anni fosse scomparsa una città grande come Torino o due città medie come Bologna e Firenze messe insieme. Ma il dato medio nazionale, osserva Aiello, nasconde profonde differenziazioni territoriali: solo Lombardia e Trentino-Alto Adige mostrano una lieve crescita, mentre in tutte le altre 18 regioni si registra un calo. Il fenomeno si concentra nel Mezzogiorno: Campania, Sicilia, Puglia e Calabria da sole spiegano il 48% della perdita nazionale; includendo tutte le otto regioni meridionali, la quota sale al 66%.

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Quali fasce d’età stanno scomparendo

Non è solo il numero di residenti a cambiare, ma anche la loro composizione per età. L’analisi mostra una progressiva rarefazione delle fasce giovani e lavorative, a fronte di una crescita della popolazione anziana. In Italia: la fascia 1-14 anni cala dell’8,7%, quella 25-34 anni del 4,2% mentre la popolazione 35-49 anni scende addirittura del 10,9%. Contemporaneamente, si osserva una crescita della popolazione over 50, in particolare:+6,1% tra i 50-64 anni; +5,6% per gli over 75, con un +10,1% tra gli ultranovantenni. Questo spostamento della struttura demografica verso l’alto evidenzia un doppio squilibrio: una popolazione che invecchia e una forza lavoro che si assottiglia.

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Il Sud perde giovani e adulti: emigrazione interna e assenza di attrattività

I dati regionali mettono in luce una dinamica strutturale particolarmente accentuata nel Mezzogiorno. Rispetto al 2019, le variazioni più elevate della popolazione si hanno in Molise (-4,8%), Basilicata (-4,5%) e in Calabria (-3,8%), seguite dalla Sardegna (-3,2%) e dalla Campania (-2,5%). Nel Centro-Nord, il calo è meno accentuato, con la Liguria (-1,6%) e il Piemonte (-1,8%) tra le regioni più colpite. Al contrario, l’Emilia-Romagna (-0,2%) e il Veneto (-0,7%) mostrano variazioni contenute.
Complessivamente il fenomeno si manifesta con intensità diverse, penalizzando in particolare il Sud e alcune aree del Centro-Nord. Ma il dato più rilevante riguarda le fasce d’età centrali: la Calabria perde oltre il 15% dei residenti tra i 25 e i 34 anni, mentre il Molise ne perde il 12% tra i 35 e i 49 anni. Secondo Aiello, questi dati segnalano un’intensa emigrazione selettiva, che colpisce le generazioni più attive e produttive, spesso attratte dalle opportunità lavorative offerte dalle regioni settentrionali. Al contrario, regioni come Emilia-Romagna (+3,4%) e Lombardia (+1,9%) registrano un aumento nella fascia 25-34 anni, mostrando una capacità di attrazione legata a dinamiche economiche più favorevoli.

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Un invecchiamento generalizzato ma con intensità diverse

Il fenomeno dell’invecchiamento riguarda tutte le regioni, ma con intensità variabili. Aiello osserva come il Sud registri tassi di crescita particolarmente elevati nella popolazione anziana: in alcune regioni meridionali gli over 90 aumentano di oltre il 30% nell’ultimo decennio. La combinazione tra perdita sistematica dei giovani e crescita degli anziani spinge verso l’alto l’indice di dipendenza demografica, che misura il rapporto tra popolazione non attiva e quella in età lavorativa. Nel Sud questo indice cresce più rapidamente, sollevando preoccupazioni sulla sostenibilità del welfare e sulla tenuta economica a lungo termine.

Frattura Nord-Sud: divergenza nella composizione e nei trend

L’analisi di Aiello mostra che il divario demografico si traduce in un divario economico. Le aree più dinamiche, come Lombardia e Emilia-Romagna, riescono a stabilizzare o accrescere la popolazione in età attiva, grazie alla presenza di un mercato del lavoro attrattivo. Il Mezzogiorno, invece, registra un calo trasversale in tutte le fasce d’età fino ai 50 anni, accentuando la perdita di capitale umano. Non si tratta solo di spopolamento, ma di trasformazione qualitativa della popolazione. La perdita dei lavoratori più giovani compromette il potenziale produttivo e di innovazione del Sud, alimentando un circolo vizioso in cui meno opportunità generano più emigrazione, e viceversa. La lettura offerta dal prof. Aiello invita a considerare la crisi demografica non solo come questione sociale, ma come problema economico e strutturale. Il Sud non sta semplicemente perdendo abitanti: sta perdendo le generazioni su cui si costruisce il futuro. Il Nord, pur non immune all’invecchiamento, mostra segni di resilienza che derivano da un contesto produttivo più solido. Il rischio è che la frattura demografica si trasformi in una frattura irreversibile del sistema-Paese, compromettendo la coesione territoriale e la sostenibilità della crescita. Serve, dunque, un’azione politica incisiva, che tenga conto della geografia reale delle dinamiche demografiche e delle implicazioni di lungo periodo.