Sezioni
Edizioni locali
12/11/2025 ore 16.50
Economia e lavoro

Via dal Sud (e dall’Italia) in cerca di lavoro, non si arresta la fuga dei cervelli: 153mila giovani lasciano il Paese

Aumentano le partenze per l’estero e crescono gli spostamenti interni. Si aggrava il fenomeno dello spopolamento dei piccoli centri. Tra le cause principali della partenza la mancanza di lavoro stabile, servizi scadenti e qualità della vita insufficiente

di Redazione Economia

Via dai piccoli centri, via dalle grandi città. Sono 153mila gli italiani emigrati all’estero nel 2024, 34mila in più rispetto all’anno precedente. Sono in gran parte giovani e giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 49 anni. Numeri in aumento al Sud, si aggrava la situazione economica delle aree più disagiate del Mezzogiorno. Le destinazioni più scelte sono la Germania (16.988), il Regno Unito (15.471), la Spagna (12.448), la Svizzera (12.448) e la Francia (9.444). Numeri in crescita negli Usa, nei Paesi Bassi e in Belgio. La mobilità interna fa spostare quasi due milioni di persone ogni anno. Via diplomati e laureati. Le regioni del Mezzogiorno perdono quote importanti di capitale umano. Lo dice il “Rapporto Italiani nel Mondo 2025” della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana, presentato a Roma. I nostri connazionali residenti all’estero sono 6 milioni e 400mila. Il 75% ha meno di 50 anni. Tra il 2006 e il 2024 l’emigrazione italiana è diventata un fenomeno strutturale e si è portata via una fetta del Paese.

Le ragioni della fuga

Sono molteplici le cause e le concause dell’intensificarsi della fuga dal nostro Paese e, per chi decide di fare questo passo, si possono riassumere nella necessità di costruire un futuro migliore in un contesto che offra opportunità, non solo lavorative. Se la mancanza di occupazione è forse il motivo principale che spinge giovani, adulti e intere famiglie (sono il 13% del totale) a lasciare la propria terra per cercare fortuna altrove, non è da sottovalutare la ricerca di una qualità della vita migliore sotto tutti gli aspetti. La spinta migratoria è legata a fragilità strutturali del Paese. Chi è costretto ad andare via dall’Italia, oltre a un lavoro dignitoso e regolarmente remunerato, cerca asili e scuole per i figli, servizi pubblici e privati degni di questo nome, infrastrutture e reti di mobilità e trasporto locale, assicurazioni previdenziali di lungo termine, adeguata copertura sanitaria ed ospedaliera ed anche spazi per lo sport ed il tempo libero per sé e per la propria famiglia. Tutto ciò manca o è molto carente sia nei piccoli centri che nelle grandi città. E questo spinge tanti a giocarsi la carta della partenza.

Il 23% degli italiani residenti all'estero ha meno di 18 anni[Missing Credit]

I giovani e l’emigrazione

I più penalizzati ed al contempo i più motivati a lasciare casa sono i giovani diplomati e laureati. Il 69% di chi decide di partire ha un alto livello di istruzione. «Il borgo - è scritto nel rapporto di Migrantes - continua a non essere attrattivo per i giovani che, una volta laureati, forti del percorso universitario già realizzato in città più o meno lontane dal paese di origine, finiscono per trasformare in definitivo un progetto di trasferimento transitorio in un’altra regione. Eppure, anche la città inizia a rifiutare i giovani. Affitti molto alti, costo della vita proibitivo. L’Italia - si legge ancora - allontana le risorse giovani e appena laureate spingendole lontano».

La migrazione interna

Dal 2014 al 2024, più di un milione di persone ha lasciato il Sud Italia per il Centro-Nord. Su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, circa tre quarti riguardano movimenti tra comuni italiani: sei su dieci all’interno della stessa provincia, uno all’interno della stessa regione, tre verso altre regioni. Oltre un terzo degli spostamenti avviene dalle regioni del Sud ed il Nord-Est risulta essere la meta preferita dei trasferimenti nazionali. Destinazioni estere sono state scelte tra il 2013 e il 2022, da oltre 43 mila giovani laureati delle regioni del Nord di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Dal Sud sono emigrati 30mila laureati e dal Centro Italia sono partiti in 14mila.

L'età media degli emigrati è di 31 anni[Missing Credit]

Le “perdite” di laureati al Nord vengono soppiantate dai movimenti interni e dagli arrivi dall’estero mentre le partenze dal Sud non trovano compensazione con gli scambi con l’estero. Negli ultimi dieci anni le regioni settentrionali registrano un saldo positivo di 82mila laureati mentre il Sud ne perde 168mila. Secondo Migrantes «stabilità occupazionale, qualità del lavoro, livelli retributivi e accesso all’abitazione» sono fattori determinanti nelle decisioni che le nuove generazioni assumono per indirizzare le scelte per il proprio futuro.

Lo spopolamento delle aree interne

Aree montane, aree interne e periferiche sono sotto l’effetto di un progressivo spopolamento che non accenna a fermarsi. Dal 2014 la popolazione è diminuita del 5%. Gli abitanti si riducono e con essi vengono meno servizi e strutture primarie di prossimità: cessano le attività commerciali, chiudono gli asili e le scuole, diventa difficile accedere ai servizi sanitari e al credito. Il rapporto di Migrantes evidenzia che «le aree del Mezzogiorno soffrono una triplice perdita: il calo demografico nazionale, la mobilità interna e le partenze verso l’estero».

Le politiche statali a sostegno di residenti ed expat

Evitare la fuga e far rientrare gli espatriati. Due obiettivi difficili da centrare senza una strategia di lunga durata. Secondo Migrantes era risultata vincente quella adottata con il cosiddetto “Decreto Crescita”. Il decreto legge, varato nel 2019, prevedeva incentivi per l'assunzione di lavoratori "impatriati"; agevolazioni alla natalità; incentivi per le assunzioni di diplomati; agevolazioni fiscali per l'assunzione di giovani laureati e dottori di ricerca e di disoccupati nelle regioni meridionali; l’abbattimento dell’Imu su immobili strumentali e agevolazioni ulteriori per l'Imu su immobili concessi in comodato d'uso e sulle locazioni a canone concordato.

La permanenza all'estero degli expat italiani over 50 dura in media 5 anni [Missing Credit]

Dal 2024 le agevolazioni sono state ridimensionate e questo, sostiene Migrantes, «impatta prevalentemente sui più giovani, ai quali non conviene più trasferirsi (in Italia) sacrificando retribuzioni medie più elevate e prospettive di carriera». La riduzione delle agevolazioni hanno avuto effetti anche «sulle famiglie con figli minori (la fascia di età 30-40 anni), che hanno visto azzerare il potenziamento delle agevolazioni legate al radicamento e alla natalità». Ogni anno una quota pari al 50% degli espatriati torna per valutare le condizioni di rientro: lavoro, abitazione, tutele sociali, agevolazioni per natalità e figli. Un numero sempre maggiore decide però di proseguire la sua esperienza oltre confine.