Gratteri non si candida, ora la politica non ha più scuse. Resta il problema della libertà di informare
Un rifiuto netto che toglie alibi alla politica, chiamata ora a scegliere con responsabilità. Servono classe dirigente onesta, giustizia efficiente e informazione libera per ricostruire fiducia e combattere corruzione e poteri opachi
Nicola Gratteri si è fatto da parte. Ha detto No, senza giri di parole: “Non mi candido”. Fine delle speculazioni, fine degli alibi. Ora, la parola torna alla politica. E stavolta, senza paracadute.
Il governo della cosa pubblica spetta alla classe politica, e deve restare lì.
Gratteri, nel corso dell’incontro organizzato a Corigliano Rossano e moderato dalla nostra Antonella Grippo, ha tolto tutti dall’imbarazzo: il suo passo indietro è un atto limpido, netto, che segna un confine. Ma proprio per questo, adesso nessuno può più nascondersi dietro il suo nome per mascherare la propria debolezza. Chi fa politica ha un compito chiaro: ricostruire la fiducia.
E per farlo non bastano slogan, selfie, dirette social o candidati presi all’ultimo minuto per “fare pulizia”.
Serve una classe dirigente all’altezza: competente, autonoma, onesta.
Serve andare a cercare nella società civile — quella vera, non quella di comodo — le energie migliori.
Serve selezionare i candidati non con il bilancino delle clientele, ma con lo sguardo rivolto al bene comune.
Non è un auspicio. È un’urgenza. Perché il marcio è tornato a galla. Una nuova ondata di corruzione sta emergendo sotto la pelle dell’Italia: amministratori, dirigenti, politici, imprenditori. Le inchieste parlano chiaro. Anche la Calabria, come già avvenuto in passato, rischia di finire ostaggio di un sistema che impasta affari, potere e criminalità.
Ma guai a fare di ogni avviso di garanzia una condanna. La giustizia ha i suoi tempi. Lenti, estenuanti. Troppo lenti per chi aspetta giustizia, troppo comodi per chi vuole seppellirla nel tempo.
Ed
è qui che lo Stato continua a tradire. Una giustizia lenta è una giustizia negata. E mentre i processi si trascinano tra rinvii e prescrizioni, c’è chi — anche ai vertici del governo — ha trasformato la magistratura in un bersaglio quotidiano. Un tiro al bersaglio irresponsabile. Che mina lo stato di diritto, che avvelena le istituzioni, che delegittima anche ciò che va difeso.I magistrati possono essere criticati, certo, ma prima ancora vanno rispettati. Anche dopo il caso Palamara. Anzi: proprio per questo.
Perché la critica è utile solo se accompagnata da un senso profondo delle istituzioni. Altrimenti è solo veleno.
E poi c’è l’altra emergenza: quella dell’informazione.bUn Paese senza una stampa veramente libera è un Paese muto.
Una Regione senza giornalisti veramente liberi e assolutamente indipendenti è una Regione più sola, più fragile, più esposta. Quando l’informazione diventa merce — da comprare con un finanziamento, da zittire con un incarico, da addomesticare con una promessa— la democrazia traballa.
Oggi serve assolutamente un’informazione forte. Capace di raccontare, indagare, disturbare il potere, e quando è necessario deve poter denunciare.
Un’informazione che non tema né la solitudine, né le querele, né i tagli pubblicitari.
Una stampa che sia sale, non zucchero. Perché senza la verità, non c’è cura.
Noi abbiamo fatto una scelta di campo netta e indiscutibile: liberi e indipendente da tutti, con una linea editoriale chiara, che rifiuta da sempre ogni condizionamento e che parla solo la voce dei cittadini, la voce della verità. Facendo così il più grande servizio alla propria terra.
Questo costa fatica e sacrifici. Ma essere liberi e distanti dal potere non ha prezzo, perché è solo nella libertà che un giornalista veramente libero può praticare la verità. Ma quanti in Calabria possono farlo veramente?
Ora tocca alla politica — quella vera — dimostrare di avere il passo giusto. Non più passi falsi, non più scorciatoie, non più deleghe in bianco. Tocca alla politica andare avanti. Fare le scelte migliori per la Calabria.
Con la schiena dritta. Con le mani pulite. Con il coraggio di chi sa che, stavolta, non ci sono più scuse.