Per il Sole 24 Ore in Calabria si vive male ma ritmi più lenti e aria pulita sono tesori che i numeri non raccontano
La classifica del quotidiano economico fotografa un Sud in difficoltà, ma non si sofferma su ciò che incide davvero sul benessere: comunità coese, meno stress e costi più bassi. Una realtà che molti scelgono per vivere meglio
Anche quest’anno non è mancata la consueta classifica de Il Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane. Una classifica che rimette in scena lo stesso copione di sempre: il Nord ai vertici, il Sud in coda, la Calabria ultima.
Il Nord felice e il Sud quasi disperato è un’istantanea che racconta solo una parte della realtà. Certo, i numeri registrano una realtà che conosciamo: redditi più bassi, servizi fragili, infrastrutture insufficienti in Calabria. Ma basta questo per definire compiutamente la qualità della vita?
Guardando meglio, emergono aspetti che non entrano nelle classifiche ma che pesano molto più di un grafico: respirare aria pulita, mantenere relazioni sociali solide, vivere in comunità coese, lavorare con ritmi meno frenetici, affrontare costi più sostenibili, sentirsi sicuri nel proprio territorio.
E poi c’è la vita reale, quella che gli indicatori non indicano. Quante ore passa nel traffico un romano? Quanto tempo impiega un milanese per andare al lavoro? Sulla gestione della vita quotidiana le differenze tra Sud e Nord sono enormi, tanto da incidere sul benessere più di un punto di Pil.
Qualità della vita, la Calabria precipita: tutte le province in fondo alla classifica. Reggio (di nuovo) ultimaI dati sono oggettivi, ma non neutrali. Misurano ciò che si decide di considerare importante, ma non necessariamente ciò che conta davvero.
La qualità della vita non è un numero: è il tempo che perdi (o non perdi), la qualità dell’aria che respiri, le relazioni che coltivi, il ritmo delle giornate. Le distanze. Lo stress infinito.
E su questi aspetti, spesso invisibili agli algoritmi, il Sud e la Calabria hanno molto più da dire. Come valutare, ad esempio, la distanza tra la cima più alta della Sila Grande (oltre 2.000 metri slm) e le coste del mar Ionio? Trenta, quaranta minuti che valgono moltissimo.
Il costo della vita al Sud è lontanissimo dai livelli del Nord: dagli affitti ai prezzi delle case, fino alle spese universitarie. E molto altro.
È vero, da noi manca tanto: infrastrutture, sanità, servizi spesso insufficienti. Ma tutto va inserito in una valutazione più ampia, nelle potenzialità ancora inespresse. Tutto può migliorare, tutto può crescere. Il Sud, la Calabria in particolare, è come un’automobile che viaggia sempre e solo in seconda. Ma ha almeno altre tre marce da utilizzare.
A raccontare questa realtà, meglio di ogni analisi, sono le tante persone del Nord che hanno scelto di vivere al Sud (storie che quasi mai trovano spazio sui giornali).
La signora Ginevra Dell’Orso anni fa ha lasciato Milano e si è trasferita con la famiglia a Isca sullo Ionio, un borgo calabrese di circa 300 abitanti. A Milano era una giovane donna di successo, immersa nel caos metropolitano e nella frenesia del lavoro.
Oggi vive e opera in Calabria: “Vivere in città è un investimento a perdere: con i soldi non si compra la salute e la pace interiore. I miei figli, in Calabria, hanno scoperto la libertà”. E aggiunge: “Sentivamo la necessità di un cambiamento radicale. Volevo offrire ai miei figli un’infanzia ricca di libertà e sicurezza”. Non è stato facile, certo: “Abbiamo fatto sacrifici, ma la verità è che vivere in città ormai è anacronistico. I soldi non possono comprare la salute e la pace interiore”.
E conclude: “Le comodità a cui abbiamo rinunciato sono state ampiamente compensate dalla felicità che abbiamo trovato qui. Abbiamo scoperto nuove passioni, sviluppato competenze che non sapevamo di avere e trovato un senso di pace interiore che ci era sconosciuto”.