Sanità al collasso, paesi che si svuotano e un futuro tutto da scrivere: il 2026 ultima chiamata per la Calabria
Siamo alla fine di un anno durissimo per la nostra regione. Non può esserci più tempo per l’attesa: servono scelte forti e una vera svolta, altrimenti il rischio è un declino irreversibile
Siamo alla fine di un anno complicatissimo per la Calabria, per come abbiamo avuto modo di spiegare nei giorni scorsi. Tante sono le emergenze: lo spopolamento, la fuga dei giovani, le nuove povertà, la sanità al collasso, le aziende in gravi difficoltà, il futuro tutto da scoprire.
Ma adesso è il momento di guardare avanti, verso un 2026 che dovrebbe necessariamente essere diverso, e dovrebbe aprire finalmente una prospettiva per questa terra splendida. Che vive una condizione di grave marginalizzazione, uno spaventoso spopolamento che sembra non preoccupare le istituzioni, e l’impatto sempre più evidente di fenomeni naturali imprevedibili, legati ai mutamenti climatici, che rischiano di mettere in ginocchio l’agricoltura e l’intero comparto agroalimentare.
Incidente sulla statale 106 a Santa Caterina dello Ionio, coinvolta un’auto della scorta di Gratteri: tre feriti lieviIl 2026 ha bisogno di scelte forti e coraggiose. Prima di tutto sulla sanità. Su questo tema, maggioranza e opposizione non hanno trovato finora il coraggio, la determinazione e soprattutto la volontà politica di costruire un’intesa comune per salvare la sanità calabrese. Purtroppo ancora oggi si continua a morire aspettando un’ambulanza, e si può rimanere in attesa anche nove ore in attesa in un pronto soccorso. In Calabria sempre più gente rinuncia alle cure, persino agli esami di routine, mentre crolla la prevenzione ed è sempre altissima l’emigrazione sanitaria.
Se nel 2026 non si troverà un modo per chiudere la lunga e devastante fase di commissariamento del settore, e se il Consiglio regionale, tutte le forze politiche insieme alla Giunta, non riusciranno a trovare un’intesa condivisa per intervenire in maniera forte e decisa sull’intero comparto, la Calabria rischia di diventare una terra abbandonata da Dio e dagli uomini. Perché nessuno vorrà rimanere, e nessuno mai tornerà in una regione dove non sono garantiti i livelli minimi di assistenza.
Il 2026 è anche un anno cruciale per il turismo. Avremo un nuovo calo, come lo scorso anno, nel pieno dell’estate? Che cosa ne sarà della montagna calabrese, dove non piove e non nevica più? Basteranno i borghi, il turismo delle radici, quello religioso, per mantenere livelli accettabili di presenze in una regione dalle straordinarie bellezze paesaggistiche? Anche su questo fronte servirebbe una visione condivisa, perché la Calabria potrebbe vivere di turismo e invece il turismo rischia di abbandonarla per sempre. Il 2026 dovrebbe essere l’anno in cui la Regione ritrovi la forza per affrontare una riforma del funzionamento degli apparati, ormai datati, lenti, macchinosi, soffocati dalla burocrazia.
Dovrebbe soprattutto essere l’anno di un rilancio della politica: il nuovo Consiglio regionale, eletto in anticipo rispetto alla scadenza naturale, dovrebbe finalmente cominciare a legiferare sui temi centrali della vita economica e sociale di questa terra. Ma le prime settimane di attività del nuovo consiglio regionale raccontano ben altro, e lasciano intravedere un declino destinato a proseguire anche nei prossimi anni. Poi non chiediamoci perché gli elettori non votano più.
Che anno sarà il 2026 per la Calabria? Difficile dirlo. Ma bisognerebbe cominciare a pensarci davvero. E fare di tutto per dare a questa terra le risposte che attende da almeno vent’anni, e che tutte le amministrazioni regionali, fino a oggi, hanno regolarmente fallito. Buon anno a tutti.