Dallo stupro di gruppo a Palermo al profilo su OnlyFans: Asia Vitale apre un canale a pagamento
La ragazza simbolo dell’agghiacciante caso della violenza al Foro Italico lancia AsiaVitale3.0: video hard, contenuti espliciti e una nuova narrazione di sé. Ma la domanda resta: è davvero libertà?
A Courmayeur lavora in un hotel, sveglia alle cinque ogni mattina. La colazione per gli ospiti, le stanze da riordinare, la normalità aggrappata con le unghie. Ma per Asia Vitale, la “ragazza di Palermo” finita al centro della vicenda di violenza sessuale che sconvolse l’Italia due anni fa, la normalità è sempre una tregua instabile. Oggi, quella tregua passa da OnlyFans.
Dopo i ban ripetuti su Instagram e il crollo dei follower (ne aveva 90mila, ora poco più di 20mila), Asia ha aperto un nuovo profilo a pagamento, AsiaVitale3.0. Video a sfondo sessuale, contenuti espliciti, pubblicati da lei, prodotti da lei, venduti a chi paga. «Il corpo è mio. Il consenso è tutto», ha dichiarato. Ma dietro questa scelta – che lei rivendica come gesto di libertà – si affaccia un dubbio: è davvero emancipazione, o un altro modo per esporre le stesse ferite?
Nel luglio 2023, Asia fu violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato al Foro Italico di Palermo. I video della violenza furono condivisi in chat. Ci sono state condanne: una confermata in Cassazione per il minore coinvolto, e una recente per Angelo Flores, regista delle riprese, a 4 anni e 2 mesi per revenge porn. Ma il dolore non si cancella con una sentenza.
«Non voglio più sapere nulla di loro», ha dichiarato Asia. «Non si tratta di dimenticare o perdonare, ma di andare avanti». Eppure, quel «andare avanti» passa oggi per la monetizzazione del corpo, per contenuti a luci rosse. È una scelta adulta, certo. Ma che inquieta.
A colpire non è tanto l’uso di una piattaforma che sempre più ragazze sfruttano per guadagnarsi da vivere, quanto il cortocircuito tra passato e presente. Tra la violenza subita – terribile, umiliante, pubblica – e l’autoproduzione di materiale sessuale. Il tutto mentre Asia racconta, con lucidità disarmante, di quanto quella violenza abbia cambiato il suo rapporto con il sesso. «È come se mi fossi resa conto di non essere poi così speciale. Ora mi diverto col mio ragazzo, a volte anche in tre. Ma sempre con il consenso, sempre tutto chiaro».
Fa impressione sentirlo dire da chi, fino a poco tempo fa, parlava di incubi ricorrenti, di un sequestro subito a Ballarò nel 2024 (con minacce a mano armata perché ritirasse la denuncia), di anni in comunità dopo un’infanzia in una casa dove «l’amore era una moneta da guadagnare».
Asia dice di non voler più essere una vittima. E ha tutto il diritto di decidere cosa fare del proprio corpo. Ma ciò che colpisce – e un po’ spaventa – è che l’unica via per sentirsi padrona di sé sembri passare ancora da lì: dall’esposizione, dalla sessualità, dallo sguardo degli altri. Da un palcoscenico digitale che promette soldi facili ma impone nuovi giudizi, nuove ferite.
Oggi Asia è maggiorenne, autonoma, e consapevole. Ma le sue scelte – proprio perché pubbliche – interrogano chi guarda. Perché se una ragazza sopravvissuta a una violenza così brutale decide, due anni dopo, di trasformare il suo corpo in merce, allora forse c’è qualcosa che, come Paese, abbiamo sbagliato. E continuiamo a sbagliare.