Dove c’è Baby Gang, ci sono guai: armi vere, faide da strada e l’arresto che riaccende i riflettori sul trap criminale
Il trapper 24enne Zaccaria Mouhib è stato fermato dopo essere stato trovato con una pistola con matricola abrasa. Sullo sfondo la famiglia Hetem, accusata di traffico d’armi e stupefacenti
Altro che armi finte, quelle di scena buone solo per far rumore davanti a una telecamera. Nei video di Baby Gang, 24 anni, e del collega Simba La Rue, le pistole sono vere e funzionanti. L’AK-47 che compare in “Bentley” e “Mocro Mafia” non era un giocattolo, ma un fucile d’assalto cecoslovacco finito sotto sequestro dei carabinieri. A fornirlo – secondo le indagini – sarebbe stata la famiglia Hetem, un clan macedone radicato tra Lecco e Milano, accusato di traffico d’armi e stupefacenti.
La conferma è arrivata con l’ultima operazione: il 24enne trapper, al secolo Zaccaria Mouhib, è stato arrestato dopo un controllo che ha portato alla scoperta di una semiautomatica con matricola abrasa, nascosta in un portatovaglioli della stanza d’albergo dove aveva trascorso la notte in deroga alla sorveglianza speciale. Non era solo: nel caricatore c’erano 9 cartucce calibro .380, pronte a sparare.
La perquisizione nella sua abitazione di Calolziocorte ha aggravato la posizione. Con l’aiuto dei cani dell’unità cinofila, i militari hanno trovato altre due pistole, di cui una dotata di silenziatore. Un arsenale che racconta più di mille barre rap.
Non è la prima volta che Baby Gang finisce in manette per armi da fuoco. Nel 2022 era stato condannato a due anni e nove mesi per la rissa con gambizzazione in corso Como a Milano, all’alba del 3 luglio. Quel giorno, la sua crew viaggiava armata: una pistola, riconducibile agli Hetem, fu usata da un altro ragazzo per sparare a due rivali. «Ero armato perché mi sentivo in pericolo, visto che avevano quasi ammazzato Simba», aveva dichiarato al giudice durante l’interrogatorio.
La narrazione da “gangster” che il trap ha trasformato in estetica e business diventa così cronaca nera. Le armi, insieme a contanti, supercar, droga e modelle, sono ormai simboli ricorrenti nei video che collezionano milioni di visualizzazioni. Ma quando i carabinieri sequestrano fucili veri, il confine tra fiction e realtà si spezza.
Dietro le luci dei videoclip resta la rete criminale: i Hetem, al centro dell’inchiesta della procura lecchese, avrebbero fornito le armi usate nelle scene e custodite da prestanome fino al sequestro del 4 gennaio 2024. Il clan, già noto per traffici di droga, avrebbe rappresentato la “fornitura” stabile per i trapper in cerca di credibilità armata.
Il carcere di San Vittore conosce bene il nome di Baby Gang. Ogni volta che torna, la vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo. La sua carriera musicale corre parallela a un dossier giudiziario fitto: rapine, risse, aggressioni, tentati omicidi. L’etichetta della “faida tra trapper” – lo scontro con Baby Touch, i regolamenti di conti tra crew – ha alimentato l’immagine del “bad boy” ma anche segnato irrimediabilmente il suo percorso.
Eppure i fan continuano a seguirlo, oscillando tra fascinazione e rifiuto. I suoi video accumulano milioni di clic, i brani raccontano una vita di quartiere fatta di povertà e riscatto, ma anche di pistole e faide. La realtà, però, non lascia spazio a metafore: le armi erano vere, i colpi anche.
Ora la nuova accusa rischia di pesare come un macigno. Per gli inquirenti è l’ennesima conferma di un legame stretto tra trap e criminalità. Per lui, l’ennesima occasione mancata di distinguere la scena dal reato. Perché quando i beat si spengono e restano solo le sirene, la musica diventa silenzio.