Braccialetto elettronico e autodifesa: le parole del ministro Nordio sollevano polemiche
La dichiarazione al question time in Senato sposta nuovamente il peso della difesa sulle spalle delle vittime, che dovrebbero reagire prontamente al segnale d’allarme cercando rifugio autonomamente
«Il braccialetto elettronico dà l’alert, ma è la vittima che deve trovare un rifugio sicuro». Con questa affermazione, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto durante il question time al Senato a una domanda sulla reale efficacia dei dispositivi elettronici per la prevenzione dei reati contro le donne. Ma le sue parole hanno suscitato sconcerto e indignazione.
Nordio ha sottolineato l’inadeguatezza strutturale del braccialetto elettronico rispetto alla rapidità dei mezzi di trasporto moderni: «Molto spesso la vittima si trova a una distanza non compatibile con l’intervento delle forze dell’ordine. Dobbiamo quindi coniugare l’allerta con la possibilità per la vittima di trovare una forma di autodifesa, magari rifugiandosi in una chiesa o in una farmacia, in un luogo più o meno protetto».
Una dichiarazione che sposta nuovamente il peso della difesa sulle spalle delle vittime, le quali, secondo il ministro, dovrebbero reagire prontamente al segnale d’allarme cercando rifugio autonomamente. Un’affermazione che ha lasciato perplessi molti osservatori, soprattutto alla luce del fatto che lo Stato dovrebbe garantire protezione preventiva e non chiedere alle vittime di salvarsi da sole.
Nordio ha evidenziato che «i dieci chilometri di distanza previsti dal dispositivo potrebbero non essere sufficienti», perché oggi «i mezzi di locomozione annullano le distanze che un tempo sembravano sicure». Spetterà quindi al magistrato, ha spiegato, valutare caso per caso quale distanza possa davvero offrire tutela alla vittima.
Un’ammissione che conferma ciò che molte associazioni denunciano da tempo: i dispositivi di monitoraggio, se non accompagnati da una rete efficace di intervento e protezione, rischiano di diventare solo strumenti simbolici.
I numeri del fenomeno
Il ministro ha poi fornito alcuni dati: 13.000 i braccialetti elettronici attivati in Italia; oltre 5.800 utilizzati per casi di stalking; 7.000 per il monitoraggio generale.
Secondo Nordio, la misura ha portato a una riduzione del 17% degli omicidi totali (da 260 a 215) e del 16% delle vittime femminili (da 91 a 76) nei primi nove mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche i delitti in ambito familiare e affettivo sarebbero calati dell’11% (da 116 a 103).
Tuttavia, il ministro ha ammesso che «lungi da me dire che siamo soddisfatti», riconoscendo la gravità assoluta del fenomeno.
Al di là dei numeri, è il messaggio lanciato da Nordio a sollevare le maggiori critiche: quello di un sistema che continua a chiedere alle vittime – in gran parte donne – di arrangiarsi, fuggire, proteggersi, invece di rafforzare le misure di prevenzione e la presenza dello Stato nei momenti critici.
In un Paese in cui ogni anno decine di donne vengono uccise da partner o ex partner, la sicurezza non può essere affidata alla fortuna o alla prontezza della vittima. E non si può più parlare di “rifugi casuali” come chiese o farmacie come unica risposta possibile.
Le parole del ministro sembrano ignorare una realtà drammatica: senza un sistema coordinato e tempestivo di protezione – fatto di monitoraggio efficace, interventi rapidi, centri antiviolenza attivi e supportati – il braccialetto elettronico rischia di essere solo un palliativo. Le vittime non hanno bisogno di “scappare”, ma di essere protette. E subito.