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25/06/2025 ore 06.58
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«Che fine hanno fatto i cattolici in politica?»: la frase di Paolo VI che fa (ancora) discutere

Non esiste più un partito di ispirazione cattolica, né in Italia né in gran parte dell’Europa. I riferimenti evangelici sembrano essere spariti dal dibattito pubblico. Perché è successo?

di Andrea Papaccio Napoletano
Papa Paolo VI

Perché i cattolici sono spariti dalla politica italiana ed europea? Una frase di Paolo VI ci invita a riflettere sul futuro della politica come servizio. Viviamo in un’epoca in cui la politica sembra aver perso profondità. Le ideologie si sono rarefatte, i valori si sono sbiaditi, e molte delle scelte istituzionali appaiono guidate più da logiche di consenso immediato che da visioni di lungo periodo. In questo vuoto di senso, risuonano — con forza quasi inattesa — le parole pronunciate decenni fa da Papa Paolo VI:«La politica è la forma più alta di carità.»

Una frase che non è solo uno slogan, ma una sfida. Un richiamo a un’idea di politica come servizio, come cura dell’altro, come responsabilità. Ma oggi, quella visione sembra smarrita.

Che fine ha fatto la presenza dei cattolici in politica?

La politica come carità: un’idea dimenticata

Quando Paolo VI definì la politica come «la forma più alta di carità», stava indicando la vetta più esigente dell’impegno pubblico: servire il bene comune, mettersi a disposizione della collettività, usare il potere non per dominare ma per prendersi cura. Un’idea che per molti anni ha animato la presenza cristiana nelle istituzioni. In Italia, intere generazioni di amministratori si sono ispirate a questa visione. Ma oggi, quella presenza si è rarefatta. Non esiste più un partito di ispirazione cattolica, né in Italia né in gran parte dell’Europa. I riferimenti evangelici sembrano essere spariti dal dibattito pubblico.

Cattolici scomparsi dalla politica: perché è successo?

Le cause sono molteplici. La secolarizzazione crescente, la crisi dei partiti tradizionali, il ritiro della Chiesa dalla sfera pubblica, ma anche un certo disincanto da parte dei fedeli stessi. Molti cattolici vivono la fede come fatto privato, senza sentirsi chiamati a incidere nella vita civile.

In parallelo, la politica è diventata sempre più tecnica, polarizzata, priva di spessore etico. Si è smarrita la dimensione spirituale dell’agire politico, quella che Paolo VI chiamava appunto carità.

Una presenza che oggi manca più che mai in un mondo segnato da disuguaglianze crescenti, guerre, migrazioni, crisi ambientali e solitudini diffuse, la voce di chi crede nel Vangelo come motore dell’impegno civile sarebbe più che mai necessaria. Non per costruire un partito confessionale, ma per riportare nel discorso pubblico parole come solidarietà, cura, giustizia, comunità.

Ritornare alla frase di Paolo VI non significa guardare al passato con nostalgia, ma rilanciare una domanda urgente: è ancora possibile una politica con l’anima?

Una sfida aperta a credenti e non solo

Oggi servirebbe una nuova generazione di cittadini — credenti o meno — disposti a restituire alla politica dignità, senso e profondità. La frase di Paolo VI resta lì, come un faro. Non solo per i cattolici, ma per chiunque creda che la politica, prima di essere tecnica o strategia, debba essere un atto di amore concreto per l’altro.

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