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04/11/2025 ore 12.37
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Chiara Ferragni in Tribunale per il “Pandoro-gate”: l’influencer sceglie il rito abbreviato nel processo per truffa aggravata

Sentenza attesa a gennaio. Seconda udienza pre-dibattimentale a porte chiuse: la difesa conferma la linea della trasparenza e ribadisce l’innocenza. Possibile riduzione di pena in caso di condanna

di Luca Arnaù

Chiara Ferragni è tornata in Tribunale a Milano. Capelli raccolti, volto serio, pochi sorrisi. Un ingresso rapido, senza dichiarazioni, circondata dai suoi legali e da un inevitabile seguito mediatico. L’imprenditrice digitale più discussa del Paese si è presentata davanti alla terza sezione penale per la seconda udienza pre-dibattimentale del procedimento che la vede imputata per truffa aggravata. Al centro, ancora una volta, il caso del Pandoro Pink Christmas e delle uova di Pasqua, le operazioni commerciali finite nel mirino della Procura per presunte comunicazioni fuorvianti ai consumatori in materia di beneficenza.

L’udienza si è svolta a porte chiuse, come previsto in questa fase. Nessuna telecamera, nessuna platea, soltanto i protagonisti del fascicolo giudiziario e il giudice Ilio Mannucci Pacini, chiamato a decidere su costituzione delle parti civili e modalità del processo. Ferragni, che da mesi si dichiara estranea alle accuse, ha confermato la scelta del rito abbreviato. Una strategia che consente un giudizio rapido sulla base degli atti raccolti dagli inquirenti, senza dibattimento, e che prevede — qualora arrivasse una condanna — una riduzione di un terzo della pena.

La scelta non è un atto di resa, sostengono i difensori. Anzi, la linea resta quella della trasparenza e della volontà di affrontare il procedimento in maniera netta e veloce, senza trascinare la vicenda per anni nelle aule di giustizia. Ferragni, insieme ad altre due persone coinvolte nel procedimento, ha più volte ribadito di aver agito correttamente e in buona fede, di non aver avuto alcuna intenzione di trarre in inganno i consumatori e di aver rispettato le procedure commerciali e benefiche dichiarate all’epoca dei fatti.

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Il caso, esploso mediaticamente alla fine del 2023, ha avuto un impatto enorme sull’immagine pubblica dell’influencer. Le polemiche sul progetto benefico, la sanzione dell’Antitrust, le scuse pubbliche, gli endorsement sospesi dai brand, il gelo del mercato: un effetto domino che ha segnato uno spartiacque nella carriera della businesswoman cremonese. La difesa ha sempre insistito sulla correttezza delle azioni e sulla natura filantropica dell’iniziativa commerciale, contestando le ricostruzioni che parlavano di beneficenza utilizzata come leva di marketing ingannevole.

Per la Procura, invece, la comunicazione dell’operazione avrebbe indotto parte del pubblico a ritenere che l’acquisto del pandoro fosse direttamente collegato alla donazione benefica, mentre — secondo la ricostruzione accusatoria — l’erogazione sarebbe stata fissata indipendentemente dai volumi di vendita. Un nodo tecnico-giuridico che oggi si traduce nel capo di imputazione. Resta però il peso della percezione collettiva e dell’onda mediatica che ha travolto l’influencer, simbolo di un’intera generazione di imprenditoria digitale.

In aula, Chiara Ferragni è rimasta composta. Ha ascoltato, ha confermato la propria volontà processuale, ha lasciato che fossero i legali a rappresentare la sua posizione. Nessun gesto scenico, nessuna provocazione. Soltanto la consapevolezza che ogni parola pronunciata, in questa fase, pesa quanto una prova documentale. E che la partita non riguarda più solo un dolce natalizio o una campagna commerciale, ma la credibilità di un marchio costruito in oltre dieci anni di attività.

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La sentenza è attesa per gennaio. Una data cerchiata in rosso non solo dai diretti interessati, ma dall’intera industria dell’influencer marketing e dai professionisti della comunicazione digitale. Il caso Ferragni ha infatti aperto una stagione di interrogativi: dove finisce la comunicazione commerciale e dove inizia l’aspettativa sociale? Quali obblighi hanno le figure pubbliche nel raccontare iniziative benefiche? E come si tutela, tra crescita economica e responsabilità etica, la fiducia dei consumatori?

Per ora Ferragni sceglie la linea del silenzio e della sobrietà. Nessun contenuto social dedicato all’udienza, nessuna dichiarazione post-udienza. Solo una presenza fisica che vuole essere letta come assunzione di responsabilità e volontà di chiarire tutto in sede processuale. Sarà il giudice a decidere. E l’Italia, ancora una volta, osserva.