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24/09/2025 ore 22.20
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Chiara Ferragni tra “Rivoluzione romantica” e processo: il marchio da salvare e l’aula da affrontare

L’imprenditrice digitale tenta la carta del brand delle emozioni sui social mentre a Milano è in corso il procedimento sul Pandoro-Gate

di Luca Arnaù

Chiara Ferragni, l’ex “blonde salad” diventata un impero e oggi finita in un vortice giudiziario e d’immagine, si trova sospesa tra passerelle e tribunali. A Milano, davanti alla terza sezione penale, si è aperto il processo sul cosiddetto Pandoro-Gate. Al centro dell’accusa, la campagna Balocco e le uova griffate Ferragni, operazioni di marketing che secondo la Procura avrebbero indotto i consumatori a credere di contribuire a donazioni benefiche in realtà molto più ridotte. L’accusa parla di truffa aggravata, con aggravante della “minorata difesa” dei consumatori.

Ferragni, che non era presente in aula, dovrà attendere gennaio per conoscere la sua sorte giudiziaria. Intanto, tre nuove parti civili hanno bussato alla porta del processo: le associazioni Adicu e Casa del Consumatore, e Adriana, una signora di Avellino che si è presentata in aula raccontando di aver acquistato dieci pandori “per fare beneficenza”. «Mi sono sentita presa in giro», ha detto attraverso i suoi avvocati. «Li avevo scelti proprio perché convinta che parte dei soldi andasse a chi ne aveva bisogno». Una truffa per lei non simbolica, ma concreta: oltre cento euro spesi con la convinzione di contribuire a una causa.

Chiara Ferragni, primo atto del processo sul Pandoro-Gate: tra accuse di truffa, tentativi di conciliazione e possibili riti alternativi

La Ferragni aveva già versato cifre importanti prima dell’avvio del procedimento: 2,2 milioni all’Antitrust, un milione all’ospedale Regina Margherita di Torino, 200mila euro alla Caritas. Un totale di 3,4 milioni che però non l’hanno messa al riparo dal processo penale. Con lei sul banco degli imputati ci sono Fabio Maria D’Amato, storico manager e braccio destro, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-Dolci Preziosi. Possibile patteggiamento o rito abbreviato: le carte sono tutte aperte.

Eppure, se da un lato l’imprenditrice 37enne si prepara a una battaglia giudiziaria che rischia di pesare sulla sua reputazione per anni, dall’altro ha rilanciato la sua immagine con una mossa inattesa. Via le atmosfere glamour patinate che avevano segnato gli anni d’oro, dentro una nuova estetica che gioca sul registro del “romanticismo ironico”. Così sul suo Instagram da 28 milioni di follower (ne aveva 29,5 prima del caso), Ferragni posa con fazzoletti anti-lacrime d’amore, cappellini con scritte da club esclusivi e felpe che inneggiano al cuore spezzato.

La collaborazione è con “Rivoluzione Romantica”, brand di due giovani stilisti di Riccione che la Ferragni conosce da tempo. Magliette come “Illusi da sempre, illusi per sempre” a 49 euro, felpe “Non spaccarmi il cuore” a 72, portachiavi e cappellini low cost. Una capsule che sembra muoversi sul filo sottile tra autoironia e cringe, tra ironia romagnola e disperato tentativo di restare sul pezzo. Per qualcuno, una genialata di marketing. Per altri, un modo maldestro per cavalcare il naufragio del suo impero.

La strategia si intreccia, inevitabilmente, con il gossip. Ferragni certifica sui social il divorzio da Fedez, che dall’altra parte si mostra a suo agio in barca con Daniela Santanchè e Ignazio La Russa, trasformato nel perfetto “bad boy istituzionale” che scrive rime e invettive. Lei, invece, appare accanto al nuovo compagno, tra spiagge borghesi e figli assortiti, con l’aria di chi vuole mostrarsi più composta, quasi castigata. Un gioco di specchi in cui il privato diventa parte della narrazione, e quindi del business.

Dietro le quinte, però, c’è un dato che brucia: dal 2023 a oggi Ferragni ha cambiato tre agenzie di comunicazione, ognuna con una strategia diversa, senza riuscire a fermare la caduta verticale del mito. Da icona nazionale a bersaglio preferito del web il passo è stato breve. L’ex regina degli influencer è stata precipitata direttamente dall’Olimpo all’inferno della satira, saltando il purgatorio dei talk show riparatori. Meme e ironie si sono moltiplicati, dal “pandoro più caro della storia” ai fotomontaggi con Osho.

Oggi, la sensazione è che il processo non sia solo in tribunale, ma anche e soprattutto nel tribunale parallelo dei social. Lì dove Ferragni tenta di riscrivere la propria storia in chiave pop, tra romanticismo di cartone e post virali. Basterà per salvare il brand? O sarà il colpo di grazia per un impero che sembrava inattaccabile?

La prossima data in aula è il 4 novembre: lì si deciderà se le parti civili potranno entrare nel processo. L’ultima udienza è fissata per il 14 gennaio. A quel punto si capirà se Chiara Ferragni sarà riuscita a trasformare l’ennesima caduta in resurrezione, come la fenice che porta il nome della sua società. Ma intanto, resta sospesa tra due mondi: quello luccicante delle capsule collection e quello grigio delle aule giudiziarie. Due piani che oggi, più che mai, rischiano di collidere.