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20/06/2025 ore 07.21
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Cosa nascondeva davvero il computer di Chiara Poggi? Le tracce dimenticate che riaprono il caso

Nel 2007 i carabinieri del Ris analizzarono il pc della vittima: oltre 4mila accessi a siti porno e una misteriosa cartella privata con foto e video personali

di Luca Arnaù
Chiara Poggi in una foto senza data. ANSA (npk) +++NO SALES - EDITORIAL USE ONLY+++

Nel cuore del delitto di Garlasco – quel caldo 13 agosto 2007 in cui Chiara Poggi venne trovata morta nella villetta di famiglia – c’è un computer. Un oggetto che all’epoca finì sotto la lente dei Ris, ma che forse non fu mai davvero interpretato fino in fondo. Oggi, a distanza di quasi vent’anni, alcune tracce digitali tornano a far discutere. Perché raccontano una storia parallela: fatta di accessi non autorizzati, materiale intimo, e una rete di rapporti che potrebbe portare nuove domande su un caso che sembrava chiuso.

Il pc in questione è quello di Chiara, sequestrato subito dopo l’omicidio e analizzato a fondo dai carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche. Il dato che saltò agli occhi fin da subito fu sorprendente: oltre 4.000 accessi a siti pornografici, compresi due portali dedicati esclusivamente a “donne mature”. Una quantità anomala, per una ragazza di 26 anni, riservata, impegnata, con un lavoro stabile e una relazione apparentemente tranquilla con Alberto Stasi.

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Secondo quanto emerse all’epoca – e secondo la versione sempre sostenuta dai genitori della vittima – Chiara non era davanti al computer in quelle ore. Quelle ricerche, dunque, sarebbero state fatte da altre persone, tra cui il fratello Marco e alcuni amici, tra cui probabilmente anche Andrea Sempio, il giovane poi scagionato ma spesso presente nella casa dei Poggi, ospite frequente e vicino di casa.

Non solo: i ragazzi usavano spesso il profilo utente di Chiara, con accesso libero a ogni cartella. Compresa una cartella privata chiamata “Tatina”. Un nome tenero, infantile. Ma dentro c’erano foto intime e almeno tre video privati girati con Alberto, il fidanzato. File che, secondo i legali della famiglia Poggi, non erano destinati a occhi esterni. Ma lo erano davvero?

Chiara si era accorta di qualcosa. Lo racconta sua madre, che all’epoca dichiarò: “Lei si era accorta di queste navigazioni e me ne aveva parlato, stigmatizzandole”. Ma c’è di più: nel computer c’erano anche ricerche inquietanti su temi come pedofilia e abusi. Chi le aveva fatte? E soprattutto: Chiara sapeva che qualcuno stava usando il suo computer per cercare quei contenuti?

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Una mail inviata a una collega, rimasta in secondo piano nelle carte dell’inchiesta, aggiunge un altro dettaglio. Chiara, riferendosi alla sua relazione con Alberto, scriveva: “Stanno vivendo un periodo di stasi. Il mio piccione è…”. Frase interrotta, misteriosa. Ma quel “piccione”, termine vezzeggiativo che pare riferirsi ad Alberto, potrebbe nascondere un momento di crisi, un’insofferenza, forse qualcosa di più.

Tutto questo materiale – i log di navigazione, i file intimi, le ricerche disturbanti, la corrispondenza privata – è stato archiviato, ma non dimenticato. Oggi, con l’ipotesi di un riavvio delle indagini su Andrea Sempio e il peso crescente delle nuove analisi genetiche e forensi, quelle vecchie cartelle tornano al centro della scena.

Cosa c’era davvero in quel computer? Chi ci entrava? E soprattutto: è possibile che proprio tra quei file si annidi il movente dell’omicidio?

Le domande restano. Come restano, nel silenzio della villetta di via Pascoli, tutti i segreti che Chiara non ha mai potuto raccontare.