De Martino: «Anch’io guardo la Ruota della Fortuna». Ma il vero pensiero è per Gaza: «Non possiamo far finta di niente»
Il conduttore di Affari Tuoi si lascia andare a una riflessione amara sulla guerra e sull’umanità: «Provo a portare leggerezza, ma dopo certe immagini è quasi impossibile». Poi ironizza su share, concorrenza e furti da vip
Stefano De Martino parla piano, come chi sa che le parole possono pesare più di un applauso. «Onestamente è difficile provare a portare leggerezza in questo momento storico», dice. «Sono il primo a vedere quelle immagini, le stesse che scorrono in tv ogni sera prima che entri in scena. E non riesco a far finta di niente».
È una confessione che arriva mentre l’Italia intera guarda alle piazze gremite in solidarietà con Gaza, alle navi della Flotilla sequestrate, ai volti stanchi degli attivisti ancora prigionieri. E De Martino, che di
mestiere dovrebbe solo “addolcire” la serata dopo il Tg1, ammette che non è più così semplice. «Io e mio figlio parliamo di quello che accade, perché voglio che capisca quanto siamo fortunati. Non voglio che cresca in una bolla. E quello che mi rende felice, guardando le piazze in questi giorni, è vedere che il mondo non è solo orrore e guerra, ma che può ancora produrre qualcosa di meglio».
È un De Martino diverso da quello che il pubblico conosce: meno conduttore e più uomo, spettatore impotente davanti a un dolore che invade i telegiornali. «Il nostro ruolo è come lo zucchero sulla torta», spiega. «Dobbiamo addolcire, ma è difficile farlo quando un attimo prima hai visto bambini feriti, gente che scappa, case che crollano. E quando i nostri figli, un giorno, leggeranno sui libri di storia tutto questo, ci chiederanno perché. E io non saprò cosa rispondere».
Tra i palazzi bombardati di Gaza e i pacchi regalo di Affari Tuoi c’è lo stesso abisso che separa il mondo reale dal suo riflesso televisivo. Eppure De Martino prova a non chiudere gli occhi. Lo fa a modo suo, con la misura di chi sa che anche un sorriso può essere una forma di resistenza. Poi la conversazione scivola sulla tv, sulla concorrenza, sulla sfida serale con La Ruota della Fortuna di Gerry Scotti. E qui torna il suo tono più leggero: «La concorrenza mi accende. L’avversario è importante: senza uno che ti fa correre, non si gioca. Dove c’è competizione c’è pubblico, come nello sport. Penso a Coppi e Bartali, a Sinner e Alcaraz: è bello riempire lo stadio tutte le sere».
Sorride, poi ammette: «Anche io guardo La Ruota della Fortuna. Ogni tanto cambio canale, tanto le mie partite so già come vanno a finire». E, con una punta di affetto, aggiunge: «Gerry Scotti è la voce più familiare d’Italia. Tutti abbiamo imparato qualcosa da lui». Ma la leggerezza resta solo in superficie. Perché, tra una battuta e l’altra, torna l’immagine del mondo che brucia e dell’intrattenimento che prova, malgrado tutto, a restare umano. «L’autoironia è l’antidoto migliore», dice. «Di mestiere scherzo, ma se ti prendi troppo sul serio finisci per non vedere più ciò che ti circonda. E oggi quello che ci circonda è troppo grave per far finta di nulla».
Quando parla del furto del suo orologio, finito sui giornali per giorni, la frase è tagliente: «Sono problemi da arricchiti. Se non hai soldi, non ti rubano nulla di valore. Ogni tanto scivolo anch’io in quella rivalsa sociale che passa attraverso i simboli, perché sono cresciuto pensando che certi oggetti rappresentassero la riuscita. Ma poi guardo le notizie, le immagini di chi non ha neanche da bere, e mi dico che la gente non dovrebbe preoccuparsi del mio orologio». Ride. «Sono solo cose. Vanno e vengono. Nel mio caso sono andate».
Oggi De Martino è consapevole di essere un uomo che lavora in un tempo di fratture. In una televisione che cerca la leggerezza, ma che deve convivere con la cronaca. «Sono passato dall’essere “l’ex marito di” a essere riconosciuto per il mio lavoro», racconta. «Quando al supermercato mi fermano e mi dicono: “Ieri hanno rifiutato un sacco di soldi!”, capisco che la gente si fida, che sono parte della loro quotidianità. E questo è il vero miracolo della televisione».
C’è, in queste parole, la sensazione che la popolarità per lui non sia più un rifugio, ma una responsabilità. «Noi siamo un megafono. E anche se facciamo intrattenimento, non possiamo fingere di vivere in un altro mondo. Il dolore arriva comunque. E non si può dire: “Non mi riguarda”».
A chi gli chiede se sogni un futuro a Sanremo, risponde con un sorriso: «Mi auguro che Carlo (Conti) ne faccia tanti altri». Poi aggiunge, con una frase che sembra più un manifesto: «Io ora ho un’altra missione».
Non dice quale, ma si capisce che non ha a che fare solo con la tv. È il tentativo, forse, di restare umano in un tempo che disumanizza. Di portare un po’ di luce, anche fioca, dopo il buio delle notizie. E così, mentre l’Italia si divide tra chi guarda Affari Tuoi e chi la Ruota della Fortuna, Stefano De Martino si muove su un crinale più fragile e più vero: quello tra sorriso e coscienza. Tra la voglia di far ridere e il bisogno di ricordare che, anche quando il sipario si apre, il mondo fuori continua a bruciare.