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11/09/2025 ore 09.32
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De Martino e la storia del video hard: la caccia all’autore del furto in Calabria e l’inchiesta per revenge porn

Dal presunto “paziente zero” avvistato a Diamante alla pista del portale internazionale, il caso esploso intorno a Stefano De Martino e Caroline Tronelli non è più soltanto gossip: è un’indagine giudiziaria che potrebbe riservare sorprese clamorose

di Luca Arnaù
ANSA

La pista calabrese che sembrava un dettaglio curioso di una vicenda torbida è oggi un elemento che pesa nelle carte dell’inchiesta. Perché da quel presunto incontro a Diamante con un uomo che si vantava sotto l’ombrellone di avere il video hard di Stefano De Martino e Caroline Tronelli è partita la ricostruzione di un meccanismo che non ha nulla di improvvisato. Non più un colpo di fortuna di un hacker qualsiasi, ma un’operazione che porta il marchio del revenge porn, con la qualificazione più pesante che il codice penale prevede per chi trasforma l’intimità altrui in merce.

La versione dell’investigatore privato Amedeo Pantanella, già resa pubblica, è ora agli atti: quell’uomo, mai identificato, che mostrava il filmato sul cellulare, sarebbe stato il primo anello della catena. Eppure non si è trattato di un episodio folkloristico. Gli inquirenti lo considerano un indizio che conferma la natura organizzata della diffusione. «Non era un passante qualsiasi», ha ripetuto Pantanella, consegnando alle autorità un rapporto che ha contribuito a spostare l’asse dell’indagine.

Stefano De Martino, dai video rubati al reato di revenge porn: l’inchiesta diventa più grave e svela un attacco mirato alla coppia

Il resto lo hanno fatto i tecnici della polizia postale, al lavoro su due fronti: Roma e Venezia. Nel primo caso, per la competenza territoriale legata alla querela depositata dalla coppia a Porto Cervo e poi trasmessa alla capitale. Nel secondo, per la segnalazione di una società di cybersecurity che aveva intercettato lo stesso portale su cui il video di De Martino e Tronelli, insieme a migliaia di altri, era stato caricato e messo in vendita. Il problema è che il dominio di quel sito è registrato alle Isole Tonga, nel cuore del Pacifico: una giurisdizione che rende tutto più lento e complicato.

Eppure il meccanismo è chiaro. Paghi e accedi: la vita privata di ignare coppie diventa intrattenimento hard per chiunque abbia una carta di credito e un’anonima registrazione online. Case trasformate in set a luci rosse, camere da letto e bagni che diventano finestre porno globali senza che nessuno dei protagonisti ne fosse consapevole. Una bancarella virtuale dove l’intimità è trattata come merce al chilo.

La querela di De Martino e Tronelli ha avuto il merito di accendere i riflettori su una vicenda che poteva passare come l’ennesimo pettegolezzo estivo. Non è stato così. La procura ha scelto di qualificare il reato come revenge porn: non più semplice accesso abusivo a un sistema informatico, ma una fattispecie che consente di perseguire penalmente non soltanto chi ha rubato il video, ma anche chi lo ha condiviso o ripostato. La catena è lunga e nessuno, in teoria, può considerarsi al riparo.

Resta il giallo del “paziente zero”, quell’uomo che si è dileguato dalla spiaggia di Diamante lasciando il conto in sospeso all’ombrellone e al ristorante. Un’ombra che aleggia sul caso e che, per gli investigatori, potrebbe non essere affatto marginale. Come ha fatto a capire di essere a rischio? Chi lo ha avvisato? E soprattutto: aveva davvero un ruolo nella diffusione, o è stato soltanto un pesce piccolo che si è trovato in mezzo a un mare molto più grande?

Le sorprese, assicurano fonti vicine all’inchiesta, non mancheranno. Perché il caso De Martino-Tronelli, al di là delle immagini rubate e della curiosità morbosa che hanno suscitato, è diventato il simbolo di un sistema oscuro che lucra sulla violazione della privacy e sulla fragilità altrui. Non è più solo la storia di due innamorati spiati nelle loro stanze, ma la cartina di tornasole di un’industria parallela che trasforma il privato in spettacolo e che ora, finalmente, ha iniziato ad avere i primi nomi e cognomi sul tavolo della magistratura.