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18/09/2025 ore 07.02
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Dress code a scuola: jeans strappati, hot pants e unghie lunghe finiscono nella lista nera. I presidi lanciano regole per alunni e docenti

Dai depliant illustrati di Taormina alle circolari in maiuscolo di Lecce, Pisa e Firenze: il ritorno sui banchi porta con sé il solito dibattito sugli outfit scolastici

di Luca Arnaù

Altro che primo giorno di scuola con diari nuovi e penne colorate: a inaugurare l’anno scolastico ci pensano le circolari sul dress code. Il lessico è sempre lo stesso – “sobrio, decoroso, consono” – ma il tono cambia di anno in anno, e in certi casi diventa persino creativo. Stavolta non bastano le parole: dalla Sicilia arriva il depliant illustrato, completo di figurini, per chiarire a studenti e famiglie cosa si può e cosa no.

Al “Pugliatti” di Taormina la regola è semplice: via libera a t-shirt a girocollo o a V, polo, felpe, camicie di flanella e persino al tuxedo con giacca da sera. Stop immediato invece a top, canotte, reggiseni sportivi, shorts e minigonne. Vietati anche jeans strappati, leggins troppo aderenti, trasparenze, ombelichi scoperti e tacchi da passerella. Promossi pantaloni a zampa, camicette gipsy, tute e persino il kilt. Un manuale di sopravvivenza in formato grafico, utile soprattutto a genitori e professori costretti a fare da stylist improvvisati davanti al portone della scuola.

La linea dura non è solo siciliana. A Ugento, nel Leccese, la circolare non risparmia nessuno: “docenti, personale di segreteria, collaboratori” sono scritti in grassetto maiuscolo, per ricordare che anche chi sta dietro la cattedra deve rispettare il codice. «Il rispetto dell’istituzione passa anche attraverso il modo di vestire», recita il documento. Niente pantaloncini sopra il ginocchio, canottiere, ciabatte o outfit “da spiaggia”: la scuola non è un villaggio turistico, ammonisce un istituto di Salerno.

A Pisa, al liceo Matteotti, il divieto è netto: «È vietato indossare all’interno dei locali ogni tipo di pantaloncino e top di qualsiasi lunghezza e misura». Stop totale. Più elastica, invece, la preside del Giovanni da San Giovanni di Firenze, che in estate concede una deroga: «Accettiamo i pantaloni corti fino al ginocchio», un gesto di pietà verso chi suda sui banchi a giugno.

Il tema non riguarda solo i corridoi, ma anche la palestra. Al Cesare Balbo di Casale Monferrato gli occhiali da sole restano a casa, mentre al Ferro di Alcamo si sconsiglia persino di portare quelli da vista durante l’attività fisica, insieme a collane, bracciali e spille. Al Cantone di Pomigliano d’Arco, invece, la questione è di sicurezza: «Banditi zeppe e tacchi troppo alti, in caso di evacuazione potrebbero diventare un rischio».

Non bastasse, c’è anche il capitolo beauty. A Partinico, nell’istituto Archimede-La Fata, si chiede di non mostrare piercing sull’ombelico e di evitare unghie chilometriche. A Varese il limite è persino quantificato: non più di mezzo centimetro oltre il dito, almeno nei laboratori scientifici.

Infine, la voce “cappelli”. Al bando berretti, cappucci e cappellini in aula, per ragioni di decoro ma anche per impedire l’uso di auricolari nascosti. Con eccezioni previste solo per motivi religiosi o di salute.

E chi non rispetta le regole? A Civitavecchia ci pensa “tutto il personale” a vigilare. Al Teodosio Rossi di Priverno è prevista una nota sul registro per gli abiti succinti. A Siracusa, al Quintiliano, si arriva all’allontanamento da scuola: «Non si tratta di centimetri di pelle scoperta – scrive la preside – ma di consapevolezza che ogni luogo richiede specificità estetiche e di immagine».

Un sistema che funziona a colpi di divieti e eccezioni. Per esempio, al Marconi di Civitavecchia le canotte restano vietate per tutti… tranne per chi ha un braccio ingessato. L’unico vero lasciapassare, in un panorama dove ogni centimetro di stoffa diventa materia di circolare.