Sezioni
Edizioni locali
05/05/2025 ore 15.38
Italia Mondo

Ecco il Vladimir Putin reality show: kefir, cioccolatini e missili da salotto

Il presidente russo apre le porte del suo appartamento al Cremlino mostrandosi come uomo semplice. Mentre sorseggia il tè e snocciola aneddoti dimentica però di nominare guerra, repressione e propaganda

di Luca Arnaù
Il presidente russo Vladimir Putin

Le segrete stanze del potere, in Russia, non lo sono più. O almeno così vorrebbe farci credere Vladimir Putin, che ha spalancato per la prima volta le porte del suo appartamento privato nel Cremlino davanti alla telecamera docile del giornalista di corte Pavel Zarubin. Ne è venuto fuori un documentario da prima serata su Rossija1, un’ora e mezza di promozione politica mascherata da intimità domestica. A un passo dalla celebrazione dei suoi 25 anni al potere, lo zar si traveste da cittadino qualunque: beve kefir, mostra la cucina, offre cioccolatini di Lukashenko e si muove tra specchi dorati e iconostasi come fosse a casa nostra. O meglio: come vorrebbe che pensassimo sia a casa nostra.

Si comincia con le grandi occasioni: la voce bassa, i rintocchi dell’orologio a pendolo, l’invito «Che cosa posso offrirvi?». E subito una precisazione che fa scuola: «Sono cioccolatini bielorussi». Per dire: io compro nei discount slavi, mica da Harrods. E giù a esibire prodotti delle catene economiche Pjaterochka, Dixie e Perekriostok: salsa di soia, tovaglioli Zewa, miele russo. Tutto con l’etichetta ben girata verso la telecamera, neanche fosse una televendita da mezzogiorno su Canale 5. E mentre fuori i droni ucraini colpiscono e la guerra continua a mietere vittime, dentro il Cremlino si inscena la pantomima del leader che vive come il popolo. Al punto da mostrarsi mentre estrae dalla credenza due tazze bianche, invita l’ospite a sedersi a una tavola “spartana” e decanta le virtù del kefir di Rjazan, come se fosse un vintage piemontese.

Il documentario, girato con la stessa tenerezza ossequiosa delle "Putin Interviews" di Oliver Stone, ha un obiettivo chiarissimo: umanizzare l’uomo forte, addolcire l’immagine del presidente per renderlo più familiare, quasi domestico. Un Putin “alla mano”, che prega nella sua “chiesa domestica”, che tiene famiglia (sebbene non si veda), che parla di guerra come fosse una noiosa incombenza amministrativa da sbrigare prima di cena.

Ma quando si arriva all’Ucraina, il tono si irrigidisce. Nessuna apertura a negoziati, nessun riferimento a Trump o Zelensky. Solo certezze granitiche: «Non c’è stato bisogno di usare armi nucleari», dice, con lo stesso tono rassicurante di chi informa che non ha messo il peperoncino nella pasta. Ma è una rassicurazione finta, perché subito dopo rilancia: la riconciliazione «sarà inevitabile», sì, ma «ci vuole tempo». E mentre parla, il pianoforte che suona «molto raramente» osserva in silenzio. Sarà per quello che lo tiene chiuso.

Il momento clou resta comunque la visita guidata all’appartamento: due camere da letto, biblioteca, palestra da un’ora e mezza al giorno (l’uomo è in forma, ovviamente), e una saletta con camino dove un tempo sorseggiava tè con Bill Clinton e Xi Jinping. Oggi, a quanto pare, con le telecamere. Nessun segno del palazzo dorato sul Mar Nero denunciato da Navalny. Nessuna traccia di opulenza. Solo un’icona del Cristo Acheropita e un Putin che si sforza di sembrare l’esatto opposto del miliardario che è. Come se il patriarca di un sistema oligarchico potesse davvero passare per uno che fa la spesa in ciabatte e prepara la cena con la salsa Kikkoman da 9 euro.

E il punto è proprio questo: dietro l’operazione di marketing politico non c’è nulla di spontaneo. È tutto scritto, tutto inquadrato, tutto lucidato. Il messaggio è chiaro: Putin è uno di voi. Non importa se ha militarizzato l’informazione, represso ogni opposizione interna e invaso uno Stato sovrano. In tv, nella nuova docufiction patriottica, è un uomo come tanti: un po’ stanco, un po’ mistico, molto paterno. Un comandante-in-capo con un debole per i discount e la fede ortodossa.

Poi la chicca: «Ho sempre voglia di prendere a pugni qualcuno», confessa a un certo punto, ma ci convive. Bene, immaginiamo che l’Ucraina possa confermarlo. E no, non si pente di essere diventato presidente. Anzi, pensa spesso al successore. Ma «alla fine la scelta spetta al popolo». Sempre che per «popolo» s’intenda la ristretta cerchia del Cremlino che si occupa delle elezioni. E per «scelta» il foglio con un solo nome da barrare.

In conclusione, siamo davanti a un’operazione di maquillage così smaccata da risultare quasi imbarazzante. Un tentativo di rifarsi la faccia mentre si tiene il pugno. Putin padrone di casa è il nuovo brand per il venticinquennale del suo potere: da Kgb a Kikkoman il passo è breve, almeno in tv. Ma fuori da quelle stanze dorate, dove i droni volano e la libertà langue, il reality torna subito tragedia. Altro che kefir.