Sezioni
Edizioni locali
10/10/2025 ore 11.59
Italia Mondo

Enrico Pazzali si difende: «Mai fatto nulla contro La Russa. Equalize non ha lavorato per i Servizi segreti italiani»

Due giorni d’interrogatorio, accuse respinte e scaricabarile sui morti: l’ex numero uno di Fiera Milano tenta di disinnescare lo scandalo dei dossieraggi che scuote la città meneghina e lambisce la politica: «Calamucci è un bugiardo cronico, Gallo ha voluto scaricare su di me le sue colpe»

di Luca Arnaù

Due giorni, decine di domande, toni accesi e risposte calibrate al millimetro. È durato così l’interrogatorio di Enrico Pazzali, ex presidente della Fondazione Fiera Milano e oggi figura centrale nell’inchiesta milanese sul presunto sistema di cyber-spionaggio che avrebbe confezionato dossier illegali per conto di privati e ambienti istituzionali. Davanti ai magistrati della Direzione nazionale antimafia, Pazzali ha provato a smontare pezzo per pezzo l’impianto accusatorio, negando legami con i Servizi segreti e tirando in ballo i suoi ex collaboratori: «Calamucci è un bugiardo cronico, Gallo mi ha tradito e ha scaricato su di me le sue colpe».

Secondo l’accusa, l’agenzia Equalize, riconducibile a Pazzali, avrebbe gestito un sofisticato sistema di accesso a banche dati riservate, costruendo profili e report reputazionali su richiesta di clienti di alto livello. «Che io sappia – ha dichiarato Pazzali –, Equalize non ha mai lavorato per i Servizi Segreti italiani. È vero che alcune persone appartenenti agli apparati conoscevano la nostra esistenza, ma non c’è mai stato alcun rapporto formale o incarico da parte loro».

Milano, estorsione con metodo mafioso: rinvio a giudizio per Sbraccia e altri 8 imputati, tra loro anche l'informatico di Equalize

I verbali depositati a Palazzo di Giustizia raccontano un confronto serrato. I pm hanno incalzato Pazzali sui rapporti con vertici istituzionali e giudiziari, ricordandogli le chat e i contatti con figure come il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia. «Gli mandai nel 2020 il curriculum di una persona per avere conferma che non ci fossero criticità – ha spiegato –, dovevo decidere se nominarlo amministratore delegato di Fiera Milano. Non c’è nulla di illecito: era una normale richiesta di valutazione».

L’ex manager si è difeso anche dalle accuse più pesanti, quelle legate all’uso illecito dello Sdi, la banca dati delle forze dell’ordine. «Non ho mai ordinato accessi abusivi – ha ripetuto –. Se Carmine Gallo li ha fatti, lo ha fatto a mia insaputa. Io mi fidavo di lui, credevo fosse una persona corretta. Solo oggi capisco che mi stava usando». Parole che suonano come un controscarico postumo, visto che Gallo è morto e non può replicare.

I magistrati non si sono lasciati convincere del tutto. In più passaggi del verbale, le ricostruzioni di Pazzali vengono definite «poco credibili». Eppure l’ex manager insiste: «Non ero io a gestire le richieste, non sapevo nulla delle modalità con cui i miei collaboratori raccoglievano le informazioni».

«Gli spioni di Equalize avevano fonti in Procura a Reggio»: l’allarme nelle carte sulla fabbrica dei dossier

C’è poi il capitolo Ignazio La Russa, il più delicato. Pazzali lo affronta con tono accorato: «Con La Russa siamo amici di famiglia da vent’anni. Mi dispiace che sia convinto erroneamente che io abbia passato ai giornalisti notizie su suo figlio. Non ho mai fatto nulla contro di lui». Il riferimento è alla vicenda del maggio 2023, quando il nome del figlio di La Russa, Leonardo, finì sui giornali in seguito a una denuncia per violenza sessuale poi destinata all’archiviazione.

Pazzali spiega di aver inserito in un test dell’aggregatore di dati della sua società alcuni nomi legati al caso – tra cui Geronimo, Leonardo e Ignazio La Russa – solo per verificarne la tracciabilità come «persone esposte politicamente». Nessuna indagine, nessun dossier personale, giura. «È stato un errore di superficialità, non un atto doloso».

Nel tentativo di smontare l’impianto accusatorio, Pazzali ha rivendicato anche i rapporti istituzionali più discussi: quelli con Attilio Fontana e Licia Ronzulli, citati in alcune chat come mittenti di richieste riservate. «Ho fatto finta che una richiesta di report venisse da Fontana o dalla Ronzulli solo per mettere fretta a Gallo non era vero – ha spiegato –, era un espediente per stimolarlo a consegnare prima il lavoro».

Le chat, però, raccontano altro. In una conversazione interna, Pazzali sembra consigliare al governatore lombardo un nome per la prefettura di Milano: «Gli suggerii il poliziotto Ciccio Messina, ma era solo un parere personale, nulla di più». Altre volte, i messaggi con il generale della Guardia di Finanza Cosimo Di Gesù toccano temi sensibili come i vertici di Terna o la possibilità di «stimolare» un’inchiesta giornalistica. «Battute tra amici», minimizza oggi l’ex presidente di Fiera Milano.

Morto l'ex super poliziotto Carmine Gallo, si era occupato dei squestri di Sgarella e Casella

Ma il quadro resta torbido. Nella fitta rete di relazioni di Pazzali si intrecciano politici, magistrati, imprenditori, ufficiali delle forze dell’ordine. Tutti tasselli di una mappa di potere che i pm stanno cercando di ricomporre. Secondo le accuse, Equalize avrebbe utilizzato canali riservati e accessi abusivi per raccogliere informazioni sensibili su decine di persone, tra cui figure politiche e istituzionali.

Per ora, Pazzali tiene la linea: nessun dossieraggio, nessun rapporto con i Servizi, nessuna fuga di notizie sul caso La Russa. «Sono stato tradito da chi mi era vicino – ha detto ai magistrati –. Solo ora capisco che la mia fiducia è stata usata contro di me».

Una difesa classica, che punta tutto sulla buona fede e sull’ingenuità del capo travolto dagli errori dei sottoposti. Ma i pm non sembrano credergli. La storia, come spesso accade a Milano, è fatta di amicizie potenti, intercettazioni scomode e segreti da ufficio riservato. E la verità, ammesso che emerga, non sarà breve né pulita.