Ferragni, battaglia legale su Fenice: il socio di minoranza porta in tribunale bilancio e ricapitalizzazione
Pasquale Morgese denuncia una strategia volta ad azzerare il capitale sociale per favorire la scalata dell’imprenditrice digitale. L’atto cita anche la causa con Safilo, che chiede 5,9 milioni di danni dopo la rescissione del contratto. Prima udienza a novembre
È scontro giudiziario su Fenice Srl, la holding attraverso cui Chiara Ferragni controlla il proprio impero imprenditoriale. Il socio Pasquale Morgese ha depositato un ricorso al tribunale civile di Milano per chiedere l’invalidazione delle delibere assunte durante l’ultima assemblea dei soci, tenutasi a marzo, e che includevano l’approvazione del bilancio 2023 e un aumento di capitale che ha consentito all’influencer di acquisire la quasi totalità delle quote societarie.
Secondo la ricostruzione riportata da Radiocor, Morgese, che prima della ricapitalizzazione deteneva il 27,5% del capitale attraverso le sue società Esuriens Srl e N1 Srl, oggi si ritrova con appena lo 0,2%. Il socio contesta la legittimità dell’intera operazione, sostenendo che il bilancio approvato sarebbe stato redatto in maniera strumentale per evidenziare una perdita “fittizia o eccessiva” con l’obiettivo di azzerare formalmente il capitale sociale e costringere a una ricostituzione onerosa, che ha di fatto escluso i soci di minoranza.
Nel testo del ricorso, firmato dagli avvocati Filippo Garbagnati, Riccardo Silvestri e Walter Caporizzi, si afferma che il documento contabile sia stato predisposto in modo non imparziale, omettendo voci attive e includendo passività giudicate “abnormi” o addirittura successive alla chiusura dell’esercizio. Tra queste anche il fondo rischi legali, che secondo Morgese sarebbe stato sovrastimato e utilizzato per aggravare artificialmente la situazione patrimoniale della società.
Un passaggio particolarmente significativo del ricorso riguarda proprio i rischi legali a carico di Fenice, tra cui la causa promossa da Safilo, che ha chiesto un risarcimento danni pari a 5,9 milioni di euro in seguito alla risoluzione del contratto di licenza per la linea eyewear Chiara Ferragni, avvenuta nel dicembre 2023 dopo l’intervento dell’Antitrust sul caso “Pandoro”. Fenice ha reagito respingendo la legittimità del recesso e avanzando a sua volta una richiesta danni di 3,65 milioni di euro, ma ha riconosciuto “possibile” un esito sfavorevole per circa 1,8 milioni.
A complicare ulteriormente il quadro, anche i procedimenti di mediazione avviati con Swinger International, licenziataria della linea di abbigliamento, e la Angelini Pharma, che ha chiesto la risoluzione del contratto per la linea di profumi. La stessa Monnalisa Spa, partner per l’abbigliamento bambino, ha invocato la risoluzione anticipata.
L’assemblea di marzo è stata teatro di un duro confronto tra i legali di Morgese e il nuovo amministratore unico Claudio Calabi, nominato dopo l’esplosione mediatica del caso Pandoro. La contestazione principale riguarda l’intero impianto contabile su cui si è basata la delibera di ricapitalizzazione che ha portato Chiara Ferragni a versare personalmente 6,4 milioni di euro, salendo al 99,8% del capitale. Nel frattempo, l’altro socio rilevante, Paolo Barletta, ha lasciato del tutto la compagine.
Secondo i legali del socio di minoranza, l’operazione avrebbe avuto come risultato finale quello di escludere i soggetti non allineati e concentrare il controllo assoluto della società nelle mani della Ferragni, “consapevole che gran parte delle somme versate sarebbero rientrate in breve tempo attraverso la rettifica delle svalutazioni”.
La prima udienza è fissata per il prossimo 28 novembre. Se il tribunale accogliesse anche solo parzialmente il ricorso, potrebbe rendersi necessaria la stesura di un nuovo bilancio e la convocazione di una nuova assemblea per ridefinire l’assetto societario.