Flotilla, la Mikeno è entrata nelle acque di Gaza: quando una barca civile diventa un’epopea contro muri e blocchi
Il convoglio umanitario resiste e infrange il blocco di Israele. L’arrivo di una delle unità della Global Sumud Flotilla diventa il simbolo di una sfida al potere delle armi con la forza della disobbedienza civile
È stata una notte di abbordaggi, di idranti, di granate stordenti lanciate dai droni. Una notte in cui la sproporzione tra le motovedette della marina israeliana e i velieri degli attivisti sembrava destinata a chiudere ancora una volta la partita nel modo più scontato: con le barche fermate, i passeggeri trattenuti e la missione archiviata come un’utopia frustrata.
E invece no. La tv turca Canal 24 ha mostrato in diretta ciò che nessuno si aspettava più: la Mikeno, una delle unità della Global Sumud Flotilla, è entrata nelle acque di Gaza. Il tracker segnava l’avvicinamento a quindici chilometri dalla costa, e i video a bordo raccontavano la gioia semplice di chi sa di aver scritto una pagina destinata a restare.
È una vittoria simbolica, certo. Ma a volte i simboli contano più delle cronache. La Mikeno non ha rotto il blocco per aprire un corridoio logistico, non cambierà il destino immediato della Striscia. Ha rotto, semmai, la convinzione che il blocco sia impenetrabile. Ha dimostrato che la forza non è sempre sufficiente a soffocare la volontà di chi si affida al mare con un carico di viveri e di speranza.
Flotilla, l’assalto in mare e le proteste in piazza: speronate le barche, idranti contro la Meteque e numeri di avvocati scritti sulle bracciaLa Global Sumud Flotilla è partita dichiarando di non avere armi né scorte militari. È la trasposizione in acqua di un gesto politico e morale: una flotta civile, multicolore, con attivisti da decine di Paesi, che ha scelto di mettere alla prova un blocco navale riconosciuto da molti organismi internazionali come illegittimo. Loro lo hanno fatto senza Stati alle spalle, senza governi a proteggerli. Solo bandiere, striscioni e casse di acqua potabile.
Per questo l’arrivo della Mikeno non riguarda solo Gaza. Riguarda tutti. Riguarda noi che assistiamo a guerre infinite raccontate come inevitabili. Riguarda chi, dall’Ucraina al Medio Oriente, pensa che la logica dei muri e dei blocchi sia l’unica possibile. E invece ecco che una barca civile dimostra il contrario: che si può forzare il meccanismo con un atto di disobbedienza non violenta, pagando il prezzo di arresti e sequestri, ma lasciando un segno impossibile da cancellare.
La Flottiglia del Sumud. Un atto di resistenza contro l'invisibilità umanaNon c’è bisogno di mitizzare ciò che è accaduto. La Mikeno non è la Mavi Marmara del 2010, non ci sono stati spari, non ci sono morti. Ma il parallelo storico serve a misurare il salto: allora fu sangue e tragedia, oggi, a distanza di quindici anni, è ancora conflitto, ma è anche resistenza che riesce, almeno per una volta, a piegare il copione scritto da chi controlla il mare.
C’è chi dirà che si tratta di una provocazione, di un atto ostile contro Israele. Ma basta osservare i video delle ultime ore per capire che la narrazione ufficiale non regge. Avambracci con numeri di telefono scritti a pennarello nero per non perdere i contatti con gli avvocati in caso di arresto. Voci che ripetono «non siamo armati, portiamo solo acqua e cibo». Navi speronate, idranti sparati a freddo per bloccare i motori, granate stordenti lanciate dall’alto. È questa la sproporzione che rimarrà impressa: la potenza militare di uno Stato contro il nulla più che simbolico di qualche vela spinta dal vento.
Eppure quel nulla ha vinto. Ha toccato Gaza, anche solo per qualche ora. È bastato a trasformare la Mikeno in un’icona. Come il sale sulle ferite di un sistema internazionale che non riesce più a garantire corridoi umanitari. Come una lezione, scomoda, per i governi che si sono girati dall’altra parte.
È stata una notte di battaglia nel Mediterraneo: 20 le imbarcazioni intercettate da Israele, 22 ancora in rotta verso Gaza«Avanti tutta», hanno gridato gli attivisti a bordo. È l’urlo che sintetizza la filosofia di una missione destinata a essere studiata più come atto politico che come impresa nautica. Non sappiamo quante barche arriveranno ancora, non sappiamo quanti attivisti finiranno fermati e rimpatriati. Ma sappiamo che la Mikeno ha cambiato la percezione collettiva: il blocco può essere sfidato, la paura può essere aggirata.
E questa, che piaccia o no, è già una vittoria.