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28/12/2025 ore 19.47
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Fondi ad Hamas, pc nascosti e soldi nei camion ma i difensori di Hannoun protestano: «Accuse costruite da Israele»

File cancellati, computer occultati nei muri e oltre un milione in contanti sequestrato: l’indagine della Dda di Genova ricostruisce un sistema di raccolta e trasferimento di denaro dall’Italia verso Hamas e, in un caso, Hezbollah. Oltre 20 indagati, c’è anche una giornalista

di Redazione Cronaca

Al centro dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia e della Procura di Genova sui presunti finanziamenti ad Hamas c’è una vasta mole di materiale informatico cancellato dai computer di alcune associazioni attive in Italia. Secondo gli investigatori, si tratterebbe di documenti e ricevute che ricostruirebbero il sottobosco europeo del sostegno economico ai combattenti islamici, eliminati dai pc già da oltre due anni. Tuttavia, parte di questo materiale potrebbe essere ancora disponibile, custodito da un “amico di fiducia”, elemento che apre a nuovi sviluppi investigativi.

Dalle intercettazioni emerge che, per timore di arresti, Mohammed Hannoun e Abu Falastine avevano deciso di ripulire i computer della sede dell’associazione “La Cupola”, in via Venini a Milano. Lo stesso Falastine spiegava: “ho cancellato tutto...i vecchi file tutti cancellati... tutte le ricevute cancellate. Ovviamente ho tenuto una copia e l'ho messa in un hard disk e l'ho lasciata da un amico di fiducia”.

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Pc nascosti, perquisizioni e denaro contante

Nel corso delle 17 perquisizioni eseguite da Digos e Guardia di finanza, gli investigatori hanno sequestrato tre computer nascosti nell’intercapedine di una parete in cartongesso di un appartamento a Sant’Angelo Lodigiano, oltre a chiavette Usb, materiale informativo, una bandiera di Hamas e oltre un milione di euro in contanti. Il materiale è ritenuto “particolarmente interessante” e sarà analizzato nei prossimi giorni, insieme ai dispositivi elettronici degli arrestati.

Il blitz ha portato all’applicazione di 9 misure cautelari: sette persone arrestate e due latitanti, che si troverebbero in Turchia e a Gaza. Gli indagati sono oltre 20, tra cui anche familiari di Hannoun, accusati di essere consapevoli della reale destinazione dei fondi e, in alcuni casi, di aver contribuito al loro trasporto. Oltre a loro, c’è la direttrice dell'agenzia di stampa 'InfoPal', la torinese Angela Lano, 62 anni, giornalista e orientalista, considerata responsabile della propaganda in Italia e Mahmoud el Shobky, 56 anni, secondo gli inquirenti referente dell'associazione per la raccolta del denaro in Piemonte, nell'area della costa adriatica, in Sicilia e in Sardegna. E non è escluso che l'elenco possa allungarsi nei prossimi giorni, dopo gli interrogatori di garanzia davanti alla gip Silvia Carpanini.

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Il flusso di denaro verso Gaza e le brigate armate

Le indagini hanno ricostruito un sistema articolato di raccolta e trasferimento di denaro destinato alle brigate di Al Qassam e, in almeno un caso, anche a Hezbollah. I fondi venivano inviati sia tramite bonifici verso altre presunte charity, sia in contanti, nascosti nei camion umanitari diretti a Gaza. Il denaro, che poteva raggiungere centinaia di migliaia di euro, transitava attraverso Il Cairo, Amman o Istanbul, sfruttando “cash couriers”, dipendenti delle associazioni o delegazioni filantropiche.

Un’iniziativa denominata “Convoglio per Gaza”, organizzata nel 2024 e presentata in una parrocchia nel centro di Roma, avrebbe rappresentato uno dei canali utilizzati. Secondo gli inquirenti, a dimostrare la reale destinazione dei fondi è un’intercettazione in cui Suleiman Hijazi afferma che “per quanto riguarda i progetti la maggior parte dei soldi vanno (...) alla Muqawama (Hamas) (...), quasi tutto!”.

L’adesione ideologica e i contatti con Hezbollah

Oltre agli aspetti finanziari, l’accusa evidenzia elementi di adesione ideologica ad Hamas. Abu Falastine, ritenuto un riferimento in Italia dalla sicurezza interna del movimento, affermava: “Toufan al Aqsa, 7 ottobre 2023, è stato l'inizio della liberazione. Noi adesso siamo sulla strada della liberazione...”, e conservava video dei tunnel sotto Gaza.

Le intercettazioni documentano anche contatti con Hezbollah. In una conversazione del 14 febbraio emerge che Dawoud parlava del trasferimento di denaro da Istanbul ad Amman in favore del movimento sciita libanese. In un’altra intercettazione del 2024, un interlocutore di Hannoun riferiva di camion carichi e di “3 o 4 borse piene di dollari”, sottolineando che ormai “nessuno vuole più farina”.

La linea difensiva: accuse contestate e solidarietà sotto accusa

I legali degli indagati respingono le accuse, sostenendo che l’impianto probatorio sarebbe fondato in larga parte su elementi forniti da Israele. Secondo gli avvocati di Hannoun, le accuse sono “largamente costruite su elementi probatori e valutazioni, anche giuridiche, di fonte israeliana”, rendendo impossibile un controllo pieno sul rispetto delle garanzie processuali.

Una linea condivisa anche da altri difensori, che ribadiscono come la raccolta fondi fosse destinata ad attività caritative e denunciano il rischio che iniziative di solidarietà verso la popolazione palestinese vengano automaticamente assimilate a sostegno al terrorismo.