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07/11/2025 ore 22.52
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Stampa, il governo boccia la norma anti-querele. Schlein: «Meloni vuole mettere paura ai giornalisti»

La maggioranza respinge l’emendamento dem che avrebbe introdotto nel codice le tutele contro le azioni legali pretestuose. Il guardasigilli e Mantovano al lavoro su una soluzione “propria”, ma Bruxelles chiede tempi rapidi. L’opposizione parla di un attacco alla libertà d’informazione

di Luca Arnaù

Il governo dice no alla direttiva europea contro le querele temerarie. La maggioranza ha infatti bocciato in Commissione l’emendamento presentato dal Partito Democratico per recepire la normativa Ue sulle Slapp, le azioni legali usate in modo strumentale per intimidire i giornalisti e limitare la partecipazione pubblica. Una decisione che ha immediatamente scatenato la protesta delle opposizioni e il malumore delle associazioni di categoria, che da tempo chiedono una legge capace di proteggere la stampa da denunce e cause civili infondate.

Per il Pd si tratta di un atto politico, più che tecnico. «È uno schiaffo di Nordio alla libertà di stampa», ha dichiarato Piero De Luca, deputato dem e relatore dell’emendamento bocciato. «Il governo rifiuta una norma che avrebbe semplicemente recepito una direttiva europea già vincolante per tutti gli Stati membri. È una scelta che pone l’Italia fuori dal perimetro dei valori democratici dell’Unione».

Anche il Movimento 5 Stelle accusa l’esecutivo di voler lasciare mano libera a chi usa i tribunali come arma di censura. «Il governo si mette in contrasto con la normativa Ue», ha commentato Federico Cafiero De Raho. «Questa scelta rafforza la sensazione che non si voglia proteggere chi fa informazione libera, ma difendere chi tenta di silenziarla».

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, però, difende la linea del governo. Dopo un incontro a Palazzo Chigi con il sottosegretario Alfredo Mantovano, ha fatto sapere di essere pronto a presentare un testo proprio «più coerente con l’ordinamento nazionale». L’obiettivo, spiegano fonti vicine al Guardasigilli, sarebbe quello di «evitare squilibri tra diritto di cronaca e tutela della reputazione», garantendo al contempo il rispetto della direttiva europea. Ma per ora si tratta solo di un’ipotesi.

La partita politica si gioca anche sul piano simbolico. Il voto è arrivato in un momento già teso per il rapporto tra governo e informazione, dopo le parole del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che ha annunciato di voler denunciare il giornalista Sigfrido Ranucci per le affermazioni fatte durante l’inchiesta di Report. «Mentre un membro del governo minaccia querele a un cronista, si respinge una norma che serviva a proteggere proprio i giornalisti», ha commentato De Luca.

Dal centrodestra, la replica è arrivata con toni taglienti. «L’emendamento del Pd era confuso e scritto male», ha ribattuto Enrico Costa, di Forza Italia. «Faceva riferimento a conflitti transfrontalieri e non avrebbe risolto i problemi reali. Noi siamo pronti a lavorare su un testo che funzioni davvero».

Dietro le parole, però, si intravede una scelta politica precisa: il governo non intende concedere all’opposizione la paternità di una legge che Bruxelles considera urgente. In gioco ci sono le relazioni con l’Unione Europea, che da mesi chiede all’Italia di allinearsi ai Paesi che hanno già approvato norme anti-querele. Se Roma non agirà entro pochi mesi, potrebbe aprirsi una procedura d’infrazione.

Le organizzazioni dei giornalisti parlano di occasione mancata. L’Ordine e la Federazione nazionale della stampa hanno diffuso una nota congiunta in cui si legge: «Ogni rinvio equivale a lasciare i cronisti soli di fronte a migliaia di cause infondate. Servono tutele reali, non promesse». Secondo i dati di Ossigeno per l’Informazione, ogni anno in Italia vengono intentate oltre seimila querele temerarie, che raramente si concludono con una condanna ma che costringono giornalisti e redazioni a lunghe e costose difese legali.

La vicenda si inserisce nel più ampio scontro sulla riforma della giustizia. Nelle stesse ore, i leader dell’opposizione hanno depositato in Cassazione le firme per il referendum abrogativo contro il progetto Nordio. «Vogliono piegare la magistratura e ridurre al silenzio la stampa», ha attaccato la segretaria dem Elly Schlein. «Faremo di tutto per impedirlo. Questa battaglia la combatteremo con un fronte largo, politico e sociale».

La tensione resta alta. Per Nordio, la riforma «servirà anche alla sinistra», ma l’opposizione non ci sta. «Non mi servirò mai di una legge che serve solo a controllare i giudici e i giornalisti», ha replicato Schlein.

A Bruxelles si osserva con crescente fastidio il rallentamento italiano. La Commissione ha ricordato che la direttiva Slapp è vincolante e dovrà essere recepita entro la fine del 2026. «Non è accettabile che l’Italia rimanga indietro su una materia che riguarda la libertà di stampa, cardine dello Stato di diritto», ha dichiarato un portavoce europeo.

Il rischio è che le querele temerarie continuino a funzionare come un silenziatore legale: bastano pochi atti giudiziari per zittire un’inchiesta e logorare chi la firma. E mentre il governo rinvia, le redazioni attendono. Perché la libertà di stampa, oggi più che mai, non si difende a parole ma con leggi che proteggano chi ogni giorno la esercita.