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13/05/2025 ore 22.22
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Guerra in Ucraina, ai negoziati di Istanbul Zelensky ci mette la faccia. Putin e Trump mandano le comparse

Il vertice in Turchia doveva essere l’inizio di una svolta. Ma l’unico a presentarsi, alla fine, sarà il presidente ucraino. Gli altri due grandi assenti: arroganza e deleghe in perfetto stile da leader che non vogliono rischiare nulla

di Luca Arnaù
Trump, Putin e Zelensky

Sembrava quasi il grande ballo della diplomazia: annunci roboanti, titoli gonfiati, promesse di tregua e di dialogo. E invece il vertice di Istanbul, quello che avrebbe dovuto segnare il primo vero riavvicinamento tra Russia e Ucraina dopo tre anni di guerra, rischia di trasformarsi nell’ennesima recita a parti invertite. Perché sul palco salirà un solo protagonista, Volodymyr Zelensky, mentre gli altri due attesi, Vladimir Putin e Donald Trump, si limiteranno a spedire comparse.

L’ucraino ci va. Con convinzione, dichiarandolo senza giri di parole: «Sarò lì. Se Putin ha il coraggio, venga anche lui». La risposta del Cremlino? Niente. O meglio, la solita nebbia strategica: frasi a metà, silenzi eloquenti, e infine la conferma indiretta che sarà il ministro degli Esteri Sergej Lavrov a rappresentare Mosca. Una comparsa, appunto. In una trattativa dove ormai si fa finta di giocare, ma con le carte truccate.

Guerra Russia-Ucraina, Zelensky: «Pronto al dialogo ma Mosca si impegni per una tregua»

Trump, da parte sua, ha fatto il solito teatrino. Prima l’ipotesi scenografica: «Potrei andare io stesso a Istanbul». Poi il passo indietro: sarà il neosegretario di Stato Marco Rubio a rappresentarlo. E giù dichiarazioni di facciata: «Mi aspetto risultati importanti». Peccato che il leader americano, a Istanbul, non ci metterà piede. D’altra parte, la politica estera ai tempi dei reality si misura in hashtag, non in presenze.

Così, l’unico a metterci la faccia resta Zelensky. Che nel frattempo continua a martellare: «Putin non ha alcuna intenzione di trattare. Se non si presenta, è la prova definitiva». E intanto, da Kiev, si fa sapere che — nel caso improbabile in cui il presidente russo dovesse davvero presentarsi — sarebbe persino possibile revocare il divieto formale di incontrarlo. Ma la sensazione è che la sedia resterà vuota. Di nuovo.

Il Cremlino, intanto, si difende con la solita litania: «Le sanzioni ci danneggiano, ma danneggiano anche voi». La solfa del “voi ci odiate, quindi siamo giustificati” è ormai un refrain trito. Ma utile a serrare le file intorno allo zar e continuare a fingere che nulla stia andando storto. Intanto, tra un’escalation verbale e una minaccia di rappresaglia economica, Mosca ribadisce le sue richieste storiche: “denazificare” l’Ucraina e azzerare le “cause profonde” del conflitto. Ovvero: cedere tutto, senza condizioni.

E l’Europa? Ci prova, con la solita voce flebile ma ostinata. Il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, ha ricordato che «l’Ucraina è pronta a trattare senza precondizioni. Ora tocca alla Russia non lasciare la sedia vuota». Ma l’eco delle sue parole si spegne tra le mura del Cremlino. E la sensazione che anche questa occasione finirà in una lunga lista di tentativi mancati cresce di ora in ora.

Intanto, mentre a Istanbul si preparano sale riunioni e si lucidano microfoni, la vera notizia è che Zelensky sarà lì da solo. Trump e Putin no. Troppo impegnati, forse, a gestire le rispettive campagne d’immagine o a valutare se valga davvero la pena negoziare. In fondo, mandare un emissario è sempre più comodo che esporsi in prima persona. Si prendono gli applausi se va bene, e si scaricano le colpe se va male. Una strategia vecchia come il mondo.

E così, mentre il mondo osserva con l’ennesima speranza tiepida, si prepara l’ennesimo vertice zoppo. Di quelli in cui si dice tutto e non si decide niente. Zelensky parlerà, chiederà un confronto diretto, denuncerà la solitudine politica in cui si trova. Gli altri annuiranno, firmeranno comunicati vaghi e ripartiranno. La montagna, ancora una volta, partorirà un topolino. Ma questa volta con due grandi assenti e un’unica presenza vera.

E se domani qualcuno vorrà fare la conta di chi ci ha provato e chi ha bluffato, sarà tutto molto semplice. Basta guardare chi c’era. E chi, come al solito, ha preferito restare nell’ombra a dare ordini da remoto.