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18/11/2025 ore 06.47
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Il condono che torna sempre: FdI rilancia l’arma dell’abusivismo per spingere Cirielli in Campania

Secondo il Bes Istat ogni 100 abitazioni autorizzate ce ne sono oltre 50 abusive: il Mezzogiorno resta l’epicentro del problema. In Calabria, si superano addirittura le 54 case abusive ogni cento

di Luca Arnaù
Edmondo Cirielli

Fratelli d’Italia riapre il tema del condono durante la corsa di Edmondo Cirielli alla Regione: una mossa che incendia il dibattito in territori già devastati dalla cementificazione incontrollata. Dati Istat e Cresme fotografano una pressione edilizia anomala, con demolizioni ferme e ordinanze inevase.

In Campania l’abusivismo edilizio non è una variabile marginale ma un fenomeno strutturale. Lo dimostra un dato che pesa come un macigno: per ogni cento costruzioni autorizzate, ce ne sono cinquanta che spuntano senza alcun permesso. Una proporzione che nessun’altra regione europea registra e che nel “Rapporto Bes 2024” di Istat e Cresme viene definita senza mezzi termini un’emergenza cronica. Non si tratta di casi isolati: la Campania è affiancata da Basilicata e Calabria, che superano addirittura le 54 case abusive ogni cento, e subito dopo arriva la Sicilia, ferma a 48,2. Un filo rosso che attraversa l’intero Mezzogiorno e che racconta quanto la pressione sul territorio sia diventata un segnale profondo di fragilità politica, amministrativa e ambientale.

È su questo terreno che Fratelli d’Italia riporta in scena il condono, con un emendamento alla legge di Bilancio che riapre la possibilità di sanare vecchie irregolarità edilizie. Una mossa che ha un evidente peso elettorale, perché arriva mentre il viceministro Edmondo Cirielli si prepara alla corsa per la presidenza della Campania. In un territorio dove l’abuso edilizio è radicato e percepito come un problema quotidiano, promettere una via d’uscita crea consenso immediato. Ma riaccende anche tensioni che sembravano sopite.

Per gli ambientalisti il messaggio è chiaro: ancora una volta la politica “strizza l’occhio” agli abusivi. A denunciarlo è Mariateresa Imparato, presidente regionale di Legambiente, che accusa il governo di alimentare un modello di gestione del territorio già dichiarato fallimentare. «Non serve nessun condono, servono invece pieni poteri ai prefetti per demolire gli immobili irregolari, risorse adeguate e un piano nazionale di contrasto», afferma. L’associazione ha persino proposto un suo emendamento per rafforzare gli abbattimenti, l’esatto contrario della strada scelta dalla maggioranza.

Già, perché i numeri raccontano un Paese che ordina migliaia di demolizioni ma poi non le esegue. Tra il 2004 e il 2022 i 485 Comuni monitorati da Legambiente hanno emesso oltre 70 mila ordinanze di abbattimento. Quelle realmente portate a termine sono poco più di diecimila, appena il 15,3%. In Campania la percentuale scende ulteriormente, fermandosi al 13,1%. Qui l’abusivismo è talmente pervasivo che la regione detiene un altro primato: una pratica aperta ogni 236 abitanti. Un ritmo che racconta un territorio dove costruire senza permesso è stato per anni considerato normale quanto intonacare un muro.

Gli effetti di questa tolleranza diffusa sono ricomparsi in tutta la loro violenza nelle tragedie recenti. A ricordarlo è il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, che dopo l’alluvione di Ischia — dodici morti e centinaia di sfollati — ricorda gli attacchi piovuti sui cittadini: «Siete abusivi, la colpa è vostra», fu la risposta arrivata allora da Roma. Poi il bradisismo, le notti passate in auto, le palestre trasformate in dormitori e il solito rimpallo di responsabilità. «Oggi, però, si vota. E il condono torna per tutti fino al pomeriggio di lunedì 24», affonda il sindaco, lasciando intuire l’amarezza di chi vive ogni giorno le conseguenze di un territorio sfruttato fino allo stremo.

Questa tensione politica non è nuova. Vent’anni fa la giunta Bassolino decise di opporsi apertamente al condono del governo Berlusconi. Allora l’assessore Marco Di Lello rivendicava con orgoglio quella scelta: «Scegliemmo le regole per fermare un’aggressione selvaggia del territorio». In quegli anni gli abusi superavano quota cinquemila l’anno, e a farne le spese erano soprattutto i luoghi più fragili e preziosi della regione: Ischia, la costiera Amalfitana, i Campi Flegrei. Il racconto delle “case per necessità» era già allora, sostiene Di Lello, un alibi perfetto per coprire fenomeni di altro tipo.

Oggi quella frattura si ripresenta in maniera ancora più netta. Da un lato c’è chi invoca un piano di prevenzione, demolizioni rapide e controlli sistematici; dall’altro una campagna elettorale che rimette sul tavolo l’idea che sanare il passato sia il modo più semplice per conquistare voti. Il paradosso è tutto qui: territori devastati dal rischio idrogeologico e da decenni di costruzioni abusive finiscono per trasformarsi in bacini di consenso. E ogni tornata elettorale diventa l’occasione per rilanciare una promessa che si ripete identica da cinquant’anni: il condono come scorciatoia.

Intanto, nelle stesse pagine del rapporto Bes, Istat e Cresme registrano un dato inquietante: il fenomeno resta marginale solo al Nord, mentre nel Centro e nel Mezzogiorno ha assunto dimensioni tali da condizionare lo sviluppo urbano, la sicurezza e persino l’economia legale. Un problema che non può essere raccontato come folklore locale, né derubricato a tradizione mediterranea. È un pezzo strutturale dell’Italia di oggi, che continua a costruire dove non dovrebbe e che ora torna a guardare al condono come a un salvagente politico. Anche questa volta, si direbbe, per arrivare fino all’ultimo voto.