Il fisco è bello soprattutto quando perde: Roberto Benigni vince in Cassazione contro l’Agenzia delle Entrate
La Suprema Corte ha dato ragione all’attore premio Oscar, ribaltando due precedenti sentenze sfavorevoli
Roberto Benigni ha vinto contro il Fisco. Non in una gag né in un film, ma davanti alla Corte di Cassazione, con una sentenza che rischia di diventare un precedente importante per molti casi simili. L’Agenzia delle Entrate lo aveva accusato – insieme alla moglie Nicoletta Braschi – di aver tentato un’operazione mascherata per pagare meno tasse. Ma la Suprema Corte ha detto no: l’operazione era legittima e non c’è imposta da pagare. Una decisione che ribalta i giudizi precedenti e conferma un principio giuridico fondamentale.
Tutto ruota intorno a una cessione di quote societarie avvenuta alcuni anni fa. Benigni e Braschi avevano acquisito il 100% del capitale sociale della Immobiliare Antoniniana S.r.l., società che apparteneva alla Scipio S.r.l., già in liquidazione. Una normale transazione societaria, secondo i diretti interessati. Ma l’Agenzia delle Entrate aveva visto le cose in modo molto diverso: secondo l’interpretazione dell’amministrazione, quella non era una semplice cessione di quote, bensì una vera e propria vendita d’azienda. E in quanto tale, avrebbe dovuto essere tassata con l’imposta di registro proporzionale, decisamente più pesante.
La questione, come spesso accade, è finita nei tribunali. Prima davanti ai giudici di merito, che in primo e secondo grado avevano dato ragione all’Agenzia delle Entrate. Poi, però, Benigni ha fatto ricorso in Cassazione. E lì, con un’ordinanza datata 7 luglio 2025, la storia ha cambiato direzione: la Suprema Corte ha accolto il ricorso del premio Oscar e ha annullato l’intero avviso di accertamento. Il Fisco, in sostanza, dovrà farsi da parte.
La motivazione della Corte è chiara: la cessione totalitaria di quote societarie è un’operazione giuridica diversa dalla cessione d’azienda e segue regole del tutto distinte. «L’imposta di registro – scrivono i giudici – va applicata in misura fissa». Fine della discussione. E fine del lungo contenzioso che aveva messo Benigni e la moglie al centro di un caso fiscale complicato e apparentemente sfavorevole.
In realtà, nel frattempo erano cambiati anche alcuni riferimenti normativi cruciali. Durante il procedimento, sono intervenute modifiche sostanziali all’articolo 20 del Testo unico dell’imposta di registro, che stabilisce oggi – con chiarezza – che la tassazione deve basarsi esclusivamente sulla natura giuridica dell’atto registrato. Non conta più l’effetto economico, non valgono interpretazioni "creative" da parte del Fisco. Una linea confermata anche da due sentenze della Corte costituzionale, la n. 158 del 2020 e la n. 39 del 2021, che hanno tracciato una rotta precisa: l’Agenzia delle Entrate non può più considerare scenari ipotetici o effetti secondari per aumentare il carico fiscale.
In passato, invece, era possibile riqualificare un’operazione guardando al risultato concreto, e non solo alla forma. Era un principio che aveva portato a numerose contestazioni, soprattutto nel campo delle operazioni immobiliari o societarie, e che oggi viene progressivamente archiviato.
A uscire vincitore da questa battaglia è dunque l’attore toscano, che insieme alla moglie Nicoletta Braschi si era ritrovato coinvolto in una vicenda apparentemente tecnica, ma potenzialmente costosa. Ora la Cassazione ha stabilito che l’accertamento è nullo, e che nessuna imposta proporzionale è dovuta. Un sospiro di sollievo, certo, ma anche un messaggio forte per chi – come il Fisco – tende a sovrainterpretare.
Non è dato sapere se Benigni commenterà pubblicamente la decisione. Ma il suo celebre sorriso può tornare sereno. Dopo una lunga carriera fatta di poesia, cinema e passione civile, anche questa vittoria – tutta legale e ben poco teatrale – è una forma di giustizia. Anche fiscale.