Sezioni
Edizioni locali
04/10/2025 ore 17.05
Italia Mondo

Il Tetris del centrodestra: Cirielli in Campania, Lobuono in Puglia, ma sul Veneto è braccio di ferro. Meloni vuole la Lombardia nel 2027

L’intesa tra la premier, Salvini e Tajani si consolida ma non è priva di tensioni: l’equilibrio sulle regionali diventa una partita nazionale

di Luca Arnaù
Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani (Stefano Carofei - Ipa)

Il centrodestra torna a riunirsi attorno a un tavolo, anzi a una villa. Quella di Giorgia Meloni al Torrino, periferia sud di Roma, che da salotto privato si è trasformata in quartier generale della trattativa. Attorno a lei, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Una call a tre, forse a quattro, visto che Arianna Meloni – la sorella della premier e regista silenziosa delle strategie di partito – si muove come una presenza costante, quasi un’ombra che veglia sugli equilibri.

L’accordo sulle regionali è ormai tracciato, almeno in parte. In Campania la scelta è caduta su Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e volto di Fratelli d’Italia, che sfiderà Roberto Fico, candidato del campo largo. Una candidatura di peso, che Meloni considera strategica: radicare il partito in un territorio difficile, dove il M5S ha ancora consenso e il Pd fatica a imporre la sua linea.

In Puglia, la direzione è quella di Luigi Lobuono, ex presidente della Fiera del Levante, un nome che mette d’accordo Lega e FdI, ma che non entusiasma del tutto Forza Italia. Gli azzurri continuano a spingere Mauro D’Attis, uomo di partito e volto riconoscibile a Brindisi e Taranto. Una frizione che però, almeno per ora, resta sotto traccia.

Il vero terreno di scontro è il Veneto. Qui la Lega non intende mollare la presa. Il candidato è già stato scelto: Alberto Stefani, vicesegretario del Carroccio, espressione diretta della linea salviniana. Ma da via della Scrofa si pretende una contropartita: la Lombardia. Giorgia Meloni vuole che sia messo nero su bianco che nel 2027 toccherà a Fratelli d’Italia designare il governatore. Non una promessa vaga, non un accenno a un “riequilibrio territoriale”, ma una garanzia scritta.

In Veneto vince Salvini: l’accordo nel centrodestra è già chiuso sul nome di Alberto Stefani

Salvini prende tempo. Sa che concedere oggi la Lombardia significherebbe intaccare il cuore della Lega, la sua identità storica, il simbolo stesso del radicamento al Nord. Propone una formula più sfumata, che riconosca la “legittima aspirazione di FdI a un riequilibrio”, ma che non faccia nomi né date. Una soluzione che però Meloni giudica debole. Il rischio è che il Veneto diventi un banco di prova per capire chi, tra la premier e il vicepremier, guida davvero la coalizione.

Tajani, come sempre, lavora di sponda. Porta a casa rassicurazioni: a Forza Italia spetterà l’indicazione del sindaco di Verona e la garanzia di entrare nella giunta veneta, finora dominata dal governatore uscente Luca Zaia senza aperture agli alleati. Non è poco, per un partito che cerca spazi di visibilità al Nord.

Intanto, in Calabria, si accende l’ultimo miglio di campagna elettorale. Domenica e lunedì si vota e il centrodestra corre con Roberto Occhiuto, dimessosi da governatore dopo l’inchiesta giudiziaria ma pronto a ricandidarsi. Meloni, Salvini e Tajani si alternano sui palchi e nelle passeggiate tra i mercati. Con loro anche figure di spicco come Claudio Durigon e Roberto Vannacci, che a Reggio Calabria scandiscono slogan secchi: «Fuori la sinistra dai palazzi».

Centrodestra a Lamezia per Occhiuto, Meloni: «Vi vogliono rifilare il reddito di regionalanza, vi trattano da perdenti»

Il centrosinistra punta su Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps e volto simbolo del reddito di cittadinanza. Conte lo accompagna nei comizi, rivendicando il suo passato di riformatore e rilanciando una proposta concreta: ridurre il bollo auto per chi ha redditi bassi. «Non ci sono strade degne, non ci sono infrastrutture, eppure si pretende che i calabresi paghino come tutti gli altri» attacca l’ex premier.

Il contrasto tra le promesse elettorali è netto: da una parte il “reddito di merito” di Occhiuto, che premia gli studenti universitari che restano in Calabria con una media alta, dall’altra la riduzione delle tasse sul trasporto privato proposta dal M5S. In mezzo, la voce di Elly Schlein, che chiude la campagna ricordando sanità, scuola pubblica e diritto alla casa come priorità.

Ma mentre i comizi infiammano il Sud, l’occhio dei tre leader resta fisso sul Nord. Perché il vero equilibrio del centrodestra non si gioca solo nelle piazze calabresi, ma nel mosaico delle regioni che verranno. Veneto oggi, Lombardia domani, con un patto scritto o con una promessa implicita. È questo il Tetris che Meloni, Salvini e Tajani stanno cercando di comporre, pezzo dopo pezzo, tra diffidenze e strette di mano.

E se Cirielli e Lobuono possono già prepararsi a una lunga corsa elettorale, il Veneto resta sospeso. Una partita che non riguarda solo Zaia, Stefani o i candidati locali, ma la leadership stessa della coalizione. Con una certezza: chi vincerà la sfida delle regioni, metterà le basi per guidare il centrodestra anche oltre il 2027.