JD Vance, tra fede ostentata e retorica tossica: il "buon cristiano" che divide Roma
Dal pranzo con Meloni ai riti di Pasqua, il vicepresidente americano si mostra devoto e spirituale, ma dietro la facciata emergono posizioni estreme su immigrazione, diritti e società
Tra una visita al Colosseo, una passeggiata a Trastevere e un Venerdì Santo in Vaticano, JD Vance si racconta a Roma come il buon cristiano che ama l’umanità, la famiglia e Dio.
Ma dietro il sorriso da giovane leader cattolico, il vicepresidente americano in visita nella capitale porta con sé un’agenda politica che, in patria, ha già fatto discutere per i suoi toni estremisti e discriminatori.
Accolto calorosamente da Giorgia Meloni a Palazzo Chigi — «Mi sei mancato» ha scherzato la premier —, Vance ha potuto godere di un’accoglienza impeccabile: un pranzo all’italiana con Salvini e Tajani, un tour tra i monumenti e l’abbraccio spirituale di San Pietro.
Un palcoscenico ideale per mostrarsi come il volto rassicurante di una destra "valoriale", tutta casa, chiesa e radici occidentali.
Peccato che, appena si guarda oltre il protocollo, emergano le contraddizioni più evidenti.
JD Vance, paladino della libertà di parola e della lotta contro la cultura woke, ha costruito la propria carriera politica sulla narrazione di un’America che deve difendersi: dall’immigrazione, dalle minoranze, da chiunque non rientri nello stampino della "vera" tradizione occidentale. Con buona pace del Vangelo dell’accoglienza e della solidarietà.
Forte della sua conversione al cattolicesimo, Vance partecipa alle marce Pro life, si scaglia contro il gender e la critical race theory, dipinge i diritti civili come minacce da arginare.
Il declino dell’Occidente, nei suoi discorsi, si traduce nella difesa strenua di un’identità escludente, più simile a una trincea che a un progetto inclusivo.
Proprio per questo il suo viaggio a Roma assume contorni particolarmente inquietanti. Non solo una passerella diplomatica, ma un tentativo di ammantare di spiritualità un pensiero che, nei fatti, continua a produrre divisione, paura, discriminazione.
Altro che costruzione di ponti: il modello di società promosso da Vance assomiglia più a un recinto.
Nessun incontro ufficiale, almeno per ora, con Papa Francesco. Troppo forte il rischio di imbarazzi, dato che il Pontefice non ha mai smesso di denunciare l’ipocrisia di chi brandisce la croce per negare diritti agli altri.
E del resto, se il cristianesimo che Vance rivendica con tanta ostentazione è quello che guarda con sospetto ai migranti e predica muri culturali, forse meglio evitare confronti troppo ravvicinati.
Nel suo discorso di Monaco, che ha sollevato tante polemiche, Vance ha ribadito i suoi cavalli di battaglia: meno globalizzazione, meno multiculturalismo, più «ordine naturale». Un linguaggio che sa di nostalgia per un mondo che non c'è più, e che forse — per fortuna — non tornerà.
Legatissimo al pensatore Rod Dreher, autore di L’opzione Benedetto, Vance propone
un’idea di società dove la libertà serve solo a difendere la propria tribù culturale, mentre gli altri vengono spinti ai margini. Una visione che in America è già stata bollata da molti come reazionaria e profondamente divisiva.Eppure, nella Roma pasquale blindata per la sua visita, JD Vance ha trovato terreno fertile per costruire l'immagine di leader cattolico moderno. Con la benedizione implicita di chi vede in lui un baluardo contro l’avanzare delle istanze progressiste.
Resta però una domanda inevitabile: può davvero definirsi "buon cristiano" chi costruisce la propria carriera politica seminando esclusione? Chi, mentre cita Dio e i padri fondatori, nega diritti fondamentali a intere fasce della popolazione? Chi predica amore e costruisce muri?
A Roma, JD Vance ha sfoderato il suo volto più amabile. Ma sotto la patina di buone maniere, l'anima resta la stessa: quella di un populista duro, che dell'amore cristiano sembra aver preso solo la retorica, lasciando per strada il messaggio.