In Cina il primo ospedale al mondo completamente gestito da intelligenze artificiali
Il progetto non è solo un brillante esercizio tecnologico, ma un vero e proprio laboratorio di simulazione. Serve per testare scenari pandemici, valutare strategie di sanità pubblica, elaborare risposte a crisi sanitarie future
Nel cuore della rivoluzione digitale, la Cina ha compiuto un passo che sembra uscito da un romanzo di fantascienza: ha presentato Agent Hospital, il primo ospedale al mondo completamente gestito da intelligenze artificiali. Nessun edificio fisico, nessun camice reale: solo algoritmi, medici robot e pazienti virtuali.
A parlarne in Italia è stato Matteo Bassetti, infettivologo e figura di spicco nel dibattito sulla sanità, che ha definito questo esperimento «una simulazione avanzata che sta cambiando il modo in cui immaginiamo la medicina».
Secondo quanto riportato, Agent Hospital impiega 42 dottori AI e 4 infermieri virtuali suddivisi in 32 reparti. Questi professionisti digitali riescono a trattare decine di migliaia di pazienti virtuali in pochi giorni, replicando scenari clinici che a un team umano richiederebbero mesi, se non anni.
Il progetto non è solo un brillante esercizio tecnologico, ma un vero e proprio laboratorio di simulazione. Serve per testare scenari pandemici, valutare strategie di sanità pubblica, elaborare risposte a crisi sanitarie future e, potenzialmente, formare le nuove generazioni di medici attraverso l’interazione con modelli clinici realistici ma controllati.
Le implicazioni sono enormi: ridurre i costi della formazione medica, simulare casi rari difficilmente osservabili nella pratica, aumentare la prontezza dei sistemi sanitari dinanzi a epidemie ed emergenze. L’ospedale virtuale può diventare una “palestra digitale” in cui l’errore non costa vite, ma serve ad imparare.
Ma come ogni rivoluzione, anche questa porta con sé rischi e interrogativi. La medicina è, da sempre, fatta di competenza, ma anche di empatia, ascolto e umanità. Siamo pronti ad accettare diagnosi e cure da un medico che non ha un cuore che batte, né occhi che guardano?
L’affidabilità degli algoritmi, la qualità dei dati con cui vengono addestrati, le responsabilità legali in caso di errore: tutti questi sono temi ancora aperti. Inoltre, resta il nodo della privacy dei pazienti e dell’etica nel trattamento dei dati sanitari.
C’è anche il pericolo di una disumanizzazione della medicina, soprattutto in sistemi sanitari sotto pressione, dove l’intelligenza artificiale potrebbe diventare un alibi per sostituire l’interazione umana con freddi protocolli automatizzati.
In un contesto in cui l’AI è spesso associata a frodi e disinformazione, come denuncia lo stesso Bassetti in apertura, riferendosi ai casi di medici raggirati da truffe online, esempi come Agent Hospital mostrano il lato costruttivo e rivoluzionario di queste tecnologie.
Tuttavia, non basta celebrare l’innovazione: occorre guidarla. Il futuro della medicina sarà, con ogni probabilità, ibrido: un’integrazione tra l’intelligenza artificiale e quella umana, tra efficienza algoritmica e sensibilità clinica.
«Voi sareste contenti ad essere trattati e curati da un medico robot?», chiede Bassetti. È una provocazione legittima, ma forse incompleta. La vera domanda è: siamo pronti a ripensare la medicina non come sostituzione dell’uomo, ma come evoluzione del suo potere di cura, con nuovi strumenti e nuove responsabilità?