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12/11/2025 ore 13.59
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«Intitoliamo il Teatro Ariston di Sanremo al maestro Vessicchio»: la proposta dei fan dopo la morte del direttore d’orchestra

Scomparso a 69 anni, il musicista simbolo del Festival viene ricordato con una petizione online e un’ondata di messaggi commossi: «È stato l’anima dell’orchestra per decenni». Il proprietario dell’Ariston, Walter Vacchino: «Oggi piango un amico, verrà il tempo degli omaggi»

di Luca Arnaù

Da quando la notizia della sua scomparsa si è diffusa, il nome di Beppe Vessicchio è tornato a risuonare ovunque, con un’intensità che va oltre la musica. Direttore d’orchestra, compositore, volto familiare del Festival di Sanremo per più di un quarto di secolo, Vessicchio non era solo un maestro: era un simbolo di garbo, ironia e competenza, una figura capace di unire generazioni e generi musicali.

Aveva 69 anni e un sorriso gentile che sembrava conoscere già la melodia del mondo. Con la sua bacchetta elegante e la barba inconfondibile, è diventato una presenza affettuosa per milioni di italiani. Non c’era Festival senza di lui: inquadrato durante le prove, chiamato in causa dai conduttori, amato dai musicisti che consideravano un privilegio suonare sotto la sua direzione.

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La sua morte ha lasciato un vuoto che, in poche ore, si è trasformato in un coro di affetto collettivo. Sui social, l’hashtag #BeppeVessicchio è diventato virale. In tanti hanno ricordato non solo il suo talento ma anche la sua umanità. “Intitolate a lui il Teatro Ariston – scrive un utente – è stato l’anima dell’orchestra per decenni”. Un altro aggiunge: “Non c’è Festival senza Vessicchio. Quel palco deve portare il suo nome”.

La proposta ha preso corpo su Change.org, dove è stata lanciata una petizione per ribattezzare lo storico teatro sanremese “Teatro Ariston – Beppe Vessicchio”. In poche ore ha raccolto migliaia di firme e commenti commossi. C’è chi propone un doppio omaggio: «Baudo-Vessicchio sarebbe perfetto. Suona anche bene».

Walter Vacchino, proprietario dell’Ariston, ha scelto parole di profonda commozione: «Oggi piango un amico. Una persona che per 26 volte ha fatto parte del Festival. Questo è il momento del dolore e del ricordo. Verrà il tempo degli omaggi». Poi il ricordo personale: «Lo rivivo davanti a me, con il suo sorriso ironico, quando arrivò alla presentazione del mio libro La scatola magica. Portava con sé quella leggerezza che appartiene solo alle persone davvero profonde».

Nelle ultime ore si moltiplicano gli omaggi anche dal mondo dello spettacolo. Luciana Littizzetto, con cui aveva condiviso più di un palco, ha scritto: «Ciao Maestro. Hai diretto la musica, ma anche le nostre emozioni». Fiorello, in diretta, lo ha salutato con una dedica affettuosa: «Se il Festival è diventato una tradizione di famiglia, è anche grazie a te».

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Il maestro, originario di Napoli, aveva iniziato la carriera negli anni Settanta, collaborando con nomi come Pino Daniele, Gino Paoli e Ornella Vanoni. La sua capacità di unire la musica colta alla canzone pop lo aveva reso un ponte tra mondi diversi. Ma è a Sanremo che Vessicchio ha trovato la sua consacrazione popolare, fino a diventare un’icona della televisione. Il pubblico lo aspettava come si aspetta un vecchio amico, e quando un anno non apparve sul palco, nacquero persino meme e gruppi social con lo slogan: “Rivogliamo Vessicchio”.

Negli ultimi anni si era dedicato anche alla divulgazione musicale, pubblicando libri e partecipando a incontri con studenti e giovani musicisti. Credeva che la musica avesse un potere terapeutico, capace di riequilibrare mente e corpo. «La musica è un linguaggio che parla direttamente alle nostre cellule», diceva spesso.

Ora che la sua voce si è spenta, resta la sensazione che Vessicchio non sia mai davvero uscito di scena. Sanremo, con le sue luci e i suoi applausi, sembra più vuoto. Ma in molti, come scrive un utente su X, sono convinti che «ogni volta che l’orchestra attaccherà un accordo perfetto, lui sarà lì, invisibile, a dirigere ancora una volta».

L’Ariston, intanto, potrebbe davvero diventare il luogo del suo ultimo applauso. La proposta d’intitolazione è solo un segno, ma rappresenta una volontà collettiva: quella di non lasciar morire il sorriso dietro la bacchetta più amata d’Italia. Perché, come scrive un musicista che lo ha conosciuto bene, «Vessicchio non dirigeva solo le note, ma la gentilezza».