La serie Sandokan e gli errori che sfaldano le colonne portanti del mito creato dal genio Salgari
Ecco il decalogo degli errori più gravi, quelli che hanno deluso chi del Sandokan letterario conosce voce, radici e simboli
Si può anche applaudire il successo televisivo, l’operazione mediatica, l’attesa spasmodica costruita intorno al ritorno della Tigre della Malesia. Ma chi conosce Emilio Salgari e il suo universo narrativo non può nascondere la delusione. La serie Sandokan 2025 non solo aggiorna, reinventa, o modernizza: compie un vero e proprio strappo, riscrivendo colonne portanti del mito fino a renderlo irriconoscibile. Gli spettatori occasionali si divertono; i lettori salgariani assistono a un crollo di coerenza e senso. Ecco il decalogo degli errori più gravi, quelli che hanno deluso chi del Sandokan letterario conosce voce, radici e simboli.
Sandokan vince negli ascolti ma perde l’anima: nel remake della fortunata saga si salvano solo le spiagge calabresi1. Un Sandokan senza patria
Nei romanzi è principe del Borneo, ultimo erede di un regno distrutto dall’espansione coloniale. La sua furia nasce dalla perdita della terra, del popolo, del titolo. Nella serie, Sandokan viene reinventato come uomo cresciuto a Singapore, con un’identità vaga e un passato che non affonda più in una storia politica. La Tigre della Malesia diventa un protagonista qualunque, sradicato, pronto per il consumo globale. L’eroismo perde i suoi motivi, resta solo il muscolo.
2. Lord James Brooke riscritto: dal Raja bianco al rivale di turno
Brooke, figura storica, nel libro è il governatore di Sarawak, è il perno britannico del ciclo. La sua ambiguità, la sua potenza e la sua relazione con la giovane sono parti essenziali del conflitto. Qui viene cancellato. Al suo posto nella serie TV appare un giovane cacciatore di pirati, ridotto a rivale romantico di Sandokan, mentre Lord Guillonk (che nel libro è lo zio), diventa padre di Marianna e governatore di Labuan.
3. Marianna, una suffragetta nel 1840
La Perla di Labuan, nei romanzi, è una giovane aristocratica che scopre l’amore e la libertà attraverso Sandokan, ma sempre dentro i limiti del suo secolo. È coraggiosa, non anacronistica. Nella serie diventa una ragazza emancipata stile XXI secolo: cavalca sola nella giungla, risponde agli ufficiali, usa linguaggi moderni, vive una libertà femminile che nemmeno nella Londra vittoriana sarebbe stata tollerata.
È un personaggio trapiantato senza radici storiche, un corpo estraneo che manda in frantumi la credibilità.
4. Abiti, armi e oggetti sbagliati
L’Ottocento di Salgari è meticoloso, fatto di sciabole specifiche, vesti coloniali e dettagli coerenti. La serie preferisce un’estetica da parco tematico: abiti troppo contemporanei, armi fuori periodo, uniformi reinventate. È una Malesia filtrata da un look “alla moda” più che da una ricostruzione storica. Anche chi non è esperto percepisce il disallineamento e il sapore posticcio.
5. L’eliminazione del colonnello Fitzgerald
Un personaggio chiave nella serie del 76 che è rimasto nel cuore di chi amato lo sceneggiato di Sollima è il colonnello Fitzgerald, giovane, carismatico, antagonista credibile, rappresenta l’Inghilterra che osserva Sandokan con rispettosa diffidenza. In Salgari, quel personaggio addirittura non c’è: c’era invece il baronetto Sir William Rosenthal. Nella serie Fitzgerald sparisce e viene sostituito da Murray, un sergente attempato che sfocia spesso nella macchietta comica. La tensione romantica e militare che Fitzgerald incarnava svanisce, e con essa una parte dell’equilibrio drammatico originale. Continua a leggere su LaCapitale.it