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22/08/2025 ore 13.21
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La storia di papa Leone XIV non smette mai di stupire: dal D-Day al soglio pontificio, il filo che lega padre e figlio

Dalle spiagge della Normandia alle aule scolastiche dell’Illinois: il padre di Robert Francis Prevost, fu protagonista dello sbarco del 6 giugno 1944. Ufficiale della Marina americana, promosso per senso del dovere e capacità, tornò negli Usa come preside e catechista

di Luca Arnaù

Nel cuore silenzioso del National Archives di St. Louis, tra faldoni ingialliti e documenti ordinati con precisione militare, giace un fascicolo che racconta una storia sorprendente: quella di Louis Marius Prevost, classe 1920, ufficiale della Marina degli Stati Uniti e padre di colui che oggi è Papa Leone XIV.

È un dossier che parla di coraggio, disciplina e fede, e che sembra anticipare in qualche modo il destino di una famiglia che non ha mai smesso di sorprendere. Louis Marius Prevost era poco più che ventenne quando presentò domanda per entrare nel programma V-7 della Marina, un addestramento accelerato per trasformare giovani studenti in ufficiali pronti a servire in guerra. Il 24 novembre 1943 ottenne il grado di guardiamarina della Riserva Navale e fu subito destinato all’Europa. L’America aveva già imboccato la strada del sacrificio collettivo: migliaia di ragazzi, molti dei quali avevano appena lasciato libri e università, si preparavano a cambiare il corso della storia.

Prevost si imbarcò sull’USS LST-286, una delle grandi navi da sbarco che avrebbero trasportato truppe, camion e carri armati sulle coste francesi. Era il 6 giugno 1944, il D-Day, e il giovane ufficiale si trovò protagonista del più grande attacco anfibio della storia. Con il mare in tempesta e i cieli squarciati dal rombo degli aerei, mise piede sulla spiaggia di Normandia insieme a migliaia di soldati americani, britannici e canadesi. Iniziava così la riconquista dell’Europa occupata dal nazifascismo. Il suo ruolo, come quello di tanti altri ufficiali della Marina, fu fondamentale. Non si trattava solo di guidare uomini e mezzi, ma di mantenere il sangue freddo in una situazione in cui il caos regnava sovrano. I rapporti ufficiali, oggi custoditi negli archivi, parlano di lui con toni che rivelano più di quanto le parole lascino intendere: capacità, spirito di abnegazione, senso del dovere.

Qualità che spinsero i superiori a promuoverlo tenente di vascello. Dopo la Normandia, Prevost partecipò all’Operazione Dragoon, lo sbarco nel sud della Francia avvenuto nell’agosto del 1944. Ancora una volta la sua unità ebbe il compito di trasportare uomini e mezzi, aprendo la strada alla liberazione del territorio francese fino a Marsiglia. Fu una campagna meno celebrata rispetto al D-Day, ma altrettanto importante per accelerare la fine del conflitto.

Trascorsi quindici mesi lontano da casa, Louis Marius rientrò negli Stati Uniti. Non tornò però come un reduce in cerca di oblio, ma come un uomo che aveva deciso di dedicarsi al servizio della comunità. Divenne preside scolastico e catechista, ruoli che univano educazione e fede, due pilastri che avrebbero segnato anche la vita del figlio Robert.
Il 25 gennaio 1949 sposò Mildred Agnes Martinez, con la quale costruì una famiglia. Ebbero tre figli. L’ultimo, Robert Francis, nacque l’8 maggio 1955, in un giorno che porta con sé un simbolismo potente: l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa. Quel bambino, cresciuto tra i valori trasmessi dal padre - disciplina, responsabilità, impegno verso gli altri - e la dolce fermezza della madre, avrebbe molti anni dopo preso il nome di Leone XIV, diventando pontefice della Chiesa cattolica.

Oggi, guardando al percorso della famiglia Prevost, si scorge un filo che lega le spiagge della Normandia ai palazzi del Vaticano. Non si tratta solo di biografia, ma di un intreccio di destini: il padre che, con la sua uniforme e il suo coraggio, ha contribuito a restituire libertà a un continente; il figlio che, con la sua veste bianca, si propone come guida spirituale in un mondo smarrito tra guerre e crisi.

Il racconto del telegiornale di Tv2000, che ha mostrato i documenti conservati al Nara, ha riportato alla luce un pezzo di storia poco conosciuto. Tra le righe degli archivi emerge non solo il profilo di un ufficiale stimato, ma anche la testimonianza di un’epoca in cui la gioventù americana si immolò per una causa più grande di sé.

Louis Marius Prevost non divenne mai un eroe da copertina. Non ci sono film o romanzi che ne abbiano celebrato le gesta. Ma i suoi superiori lo ricordavano come un uomo che non esitava a mettere davanti il bene comune, anche a costo di sacrificare il proprio. Forse è proprio questo tratto, ereditato e declinato in chiave diversa, che ha plasmato anche il carattere del figlio. Papa Leone XIV, in più di un’occasione, ha parlato del ruolo decisivo della sua famiglia, della fermezza dei genitori e della lezione di fede e disciplina ricevuta da bambino. Quando oggi parla di pace, di responsabilità verso gli ultimi, di resistenza al male, c’è da chiedersi se, in filigrana, non riecheggi anche la memoria di quel giovane ufficiale che il 6 giugno 1944 sbarcava in Normandia, sotto il fuoco nemico, con lo sguardo fisso all’obiettivo.

E così, la vicenda della famiglia Prevost diventa un affresco che unisce il Novecento e il presente, la guerra e la fede, il coraggio militare e quello spirituale. Una storia che, a distanza di decenni, continua a sorprendere, ricordando a tutti che dietro un pontefice c’è sempre una famiglia, e spesso un’eredità silenziosa di sacrifici e dedizione.