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27/09/2025 ore 12.42
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Le intercettazioni dei Sempio e il “caso Venditti”: tra assegni, sospetti e frasi mai trascritte

Nelle registrazioni del 2017 padre e figlia discutono di soldi, assegni e di un presunto pagamento per l’archiviazione. I carabinieri trascrissero solo una parte dei dialoghi: oggi la procura di Brescia parla di omissioni dolose

di Luca Arnaù
Andrea Sempio

Un assegno, una voce in auto, un dialogo incompleto. È da dettagli come questi che prende forma la nuova inchiesta sulla morte di Chiara Poggi, il delitto di Garlasco del 2007, tornato a riaprirsi come una ferita che non si è mai chiusa. Al centro, l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, oggi indagato per corruzione, e Andrea Sempio, amico d’infanzia della vittima e unico indagato nel nuovo fascicolo aperto dalla procura di Brescia.

Tutto ruota attorno a una serie di intercettazioni del 2017, rimaste per anni sepolte nei faldoni di un’indagine archiviata in fretta. I file audio, riascoltati ora dagli inquirenti milanesi e bresciani, mostrano una versione più ampia — e inquietante — di quanto trascritto allora dai carabinieri di Pavia. La mattina del 10 febbraio 2017, poche ore prima dell’interrogatorio del figlio Andrea in procura, Giuseppe Sempio, il padre, sale sulla Suzuki di famiglia e parla a voce alta: «Ho bisogno di un aiuto finanziario». Poi, tra sospiri e frasi spezzate, si lascia sfuggire: «Io ti firmo un assegno, tu lo devi ritirare subito». Gli investigatori dell’epoca liquidano l’audio come “dialogo privo di rilevanza”. Oggi non sembra più così.

L’indomani, 11 febbraio, dopo l’interrogatorio condotto da Giulia Pezzino e dallo stesso Venditti, Sempio torna a parlarne con la moglie, Daniela Ferrari. Nel brogliaccio ufficiale dei carabinieri, la conversazione — indicata come “audio 100” — viene riassunta in due righe: “Discutono del compenso per l’avvocato e delle modalità di prelievo”. Ma nell’audio integrale, spiegano ora le nuove indagini, si parla d’altro. «Secondo me quella che ti può aiutare di più è la Silvia, perché è quella che ha sempre fatto girare più soldi», dice Daniela. Giuseppe risponde calcolando la cifra necessaria: «Quarantamila euro». E quando la moglie gli chiede se intenda consegnarli “tutti assieme”, lui la rassicura: «Vediamo di trovare le formule giuste per ritirare i soldi».

Il tono è quello di due persone che cercano liquidità in fretta. E in un altro passaggio, oggi centrale, Giuseppe ammette: «Non c’era niente da dire, perché gli ho portato i soldi... l’unica cosa che ha detto Lovati è che gira voce da Tizzone che è in fase d’archivio». “Lovati” sarebbe un conoscente comune, “Tizzone” un evidente riferimento a Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi. La somma di 40mila euro non è casuale. Sul conto di Sempio, in quei mesi, risultano movimenti per 43mila euro, ricostruiti dal Gico della Guardia di Finanza di Brescia. E in casa, durante le perquisizioni, è stato trovato un bigliettino con una frase annotata a mano: “Pm archivia per 20-30”. Un appunto che oggi pesa come un macigno nel nuovo fascicolo.

A rafforzare i sospetti, c’è un altro file, l’“audio 101”, dove Daniela avverte il marito: «Per importi sopra i tremila devi fare l’assegno, è per l’antimafia». La risposta di Giuseppe, tagliata nella prima trascrizione, contiene invece un riferimento diretto al magistrato: «Non mi piaceva ‘sto Venditti... però se ha fatto le domande dalla parte nostra...». È qui che nasce il sospetto degli inquirenti bresciani: che le trascrizioni del 2017 siano state filtrate o ridotte, lasciando fuori le frasi più compromettenti. “C’è un riferimento di Sempio Giuseppe alla necessità di pagare quei signori lì con modalità non tracciabili”, scrive la pm Claudia Moregola nell’atto d’indagine. “Perché fu omessa la trascrizione di quelle frasi di forte valenza indiziaria?

Venditti, oggi in pensione, respinge ogni accusa. Intervistato da “Quarto Grado”, ha parlato con toni fermi: «Quello che è successo mi offende come uomo e come magistrato. La verità mi scagionerà, perché io non ho mai preso soldi da nessuno. L’archiviazione? L’avevo decisa dopo ventuno secondi». I legali della famiglia Sempio difendono a loro volta i loro assistiti: «Un magistrato guadagna 25mila euro al mese, cosa se ne fa di 40mila?», ha dichiarato l’avvocato. E sul bigliettino aggiungono: «Sarebbero idioti a tenerlo in casa se fosse vero».

Eppure, le anomalie restano. Le trascrizioni parziali, i vuoti tra un file e l’altro, le annotazioni superficiali. Elementi che, nel nuovo contesto investigativo, assumono il peso di indizi gravi. La procura di Brescia sospetta omissioni dolose da parte dei militari che seguirono le indagini e che ieri sono stati perquisiti. A distanza di otto anni, quella vecchia inchiesta chiusa in tre mesi si sta rivelando una matrioska di domande rimaste senza risposta. Perché alcune frasi furono lasciate fuori? E chi aveva interesse a “semplificare” un’indagine che allora portò all’archiviazione di Sempio in tempi record?

Sul piano giudiziario, l’ex procuratore Venditti resta garantito dalla presunzione di innocenza, ma la riapertura del caso ha un impatto politico e simbolico enorme: il delitto di Garlasco, per anni uno dei misteri più controversi della cronaca italiana, torna così al centro della scena con un nuovo capitolo che intreccia indagini, potere e possibili zone d’ombra nella macchina della giustizia. La famiglia Poggi, che per diciotto anni ha atteso risposte definitive, ora osserva in silenzio. Il loro avvocato, Tizzoni, ha chiesto “chiarezza fino in fondo”, senza più scorciatoie .E in questa storia che non smette di cambiare prospettiva, la verità sembra ancora nascosta tra le righe — o, forse, tra le parole mai trascritte.