Migranti, Leone XIV sfida Trump: «Ogni cristiano sarà giudicato da come ha accolto lo straniero»
Il Papa nato a Chicago condanna il divieto imposto ai sacerdoti cattolici di portare la Comunione ai detenuti nei centri Ice. L’amministrazione americana scopre un pontefice diverso: fedele alla dottrina, ma pronto a parlare di diritti e umanità
Non è passato inosservato l’ultimo intervento di papa Leone XIV, che ha rotto il silenzio su uno dei temi più divisivi dell’America di Trump: le deportazioni di massa dei migranti e la gestione dei centri di detenzione. Dopo le immagini dei sacerdoti respinti dal Broadview Ice Detention Center, a Chicago, dove era stato vietato di amministrare la Comunione ai detenuti, il pontefice ha parlato chiaro: «Occorre una profonda riflessione. Ogni cristiano sarà giudicato da come ha accolto lo straniero».
Parole pesanti, pronunciate a Castel Gandolfo, davanti a un gruppo di giornalisti. «Molte persone che hanno vissuto negli Stati Uniti per anni, senza mai creare problemi, sono state colpite in modo profondo da ciò che sta accadendo – ha aggiunto –. Nessuno sa davvero cosa stia succedendo dietro quelle porte, ma i loro diritti spirituali devono essere rispettati».
È il messaggio più diretto finora rivolto all’amministrazione di Donald Trump. E segna un punto di svolta nel pontificato del primo Papa statunitense della storia, che molti conservatori avevano accolto con entusiasmo, convinti di avere trovato un alleato dopo le tensioni con papa Francesco. Si sbagliavano.
Leone XIV – al secolo Robert Francis Prevost, originario di Chicago, missionario per anni in Perù – ha scelto un profilo diverso: meno ideologico, più pastorale, ma fermo sui principi. «Inviterei le autorità a consentire agli operatori pastorali di occuparsi delle necessità spirituali dei detenuti», ha dichiarato, sottolineando che la Chiesa non può “chiudere gli occhi” davanti alla sofferenza.
Negli Stati Uniti, il tema delle deportazioni è tornato di stretta attualità dopo l’inasprimento delle politiche di sicurezza voluto da Trump: rastrellamenti nelle aree urbane, famiglie separate, centinaia di persone rinchiuse per mesi nei centri Ice. Una “guerra interna” che divide la società americana e mette in imbarazzo una parte della Chiesa cattolica locale, schierata apertamente contro la linea presidenziale.
Leone XIV, con il suo intervento, ha dato voce a quei vescovi e parroci che in questi mesi hanno organizzato processioni di solidarietà, veglie e raccolte fondi per i migranti detenuti. «Occorre considerare non solo i loro diritti civili, ma anche quelli spirituali», ha ribadito il Papa, invitando i cattolici a non chiudersi nel nazionalismo ma a riscoprire “il dovere evangelico dell’accoglienza”.
Secondo lo storico cattolico Austen Ivereigh, intervistato dalla Bbc, «è stato un messaggio molto forte, diretto agli Stati Uniti e a Trump. Leone XIV ha parlato come pastore, non come politico». Dello stesso avviso la teologa Rowlands, che ha ricordato come le parole del pontefice si inseriscano nella lunga tradizione della dottrina sociale della Chiesa: «Difesa della famiglia, dignità umana e diritti spirituali di chi è costretto alla migrazione».
Il pontefice ha poi allargato il discorso al piano internazionale, criticando anche le operazioni militari americane contro le navi venezuelane sospettate di traffico di droga. «Credo che con la violenza non vinceremo», ha detto in italiano, richiamando Washington a un “uso responsabile della forza” e a una “politica di pace che non accresca le tensioni nel continente latinoamericano”.
In pochi mesi di pontificato, Leone XIV ha mostrato una linea sorprendentemente coerente: continuità con Francesco sul piano dei contenuti, ma un tono più diretto, americano nel linguaggio e globale nella visione. Nei suoi primi atti ufficiali ha ribadito che povertà e migrazione resteranno temi centrali. «Sono realtà che toccano il cuore stesso della fede cristiana», ha scritto nel suo primo documento pontificio.
Anche il suo stile è nuovo: meno paludato, più accessibile. A Castel Gandolfo ha ristabilito un contatto diretto con i giornalisti, rispondendo alle domande senza filtri. «È un ritorno alla trasparenza», ha commentato un vaticanista della Bbc, ricordando che sotto i pontificati precedenti i cronisti potevano avvicinare il Papa solo durante i viaggi ufficiali.
Ma è il messaggio etico, più che quello mediatico, a segnare la differenza. «Ogni persona – ha detto Leone XIV – merita ascolto, conforto e la possibilità di ricevere i sacramenti. Nessuno può essere escluso dalla grazia solo perché detenuto o straniero».
Parole che hanno fatto il giro del mondo e irritato i repubblicani americani, già in campagna per il 2028. Il portavoce di Trump ha replicato che «il Santo Padre dovrebbe occuparsi delle anime, non delle leggi dell’immigrazione». Ma la risposta del Vaticano è arrivata in serata: «Occuparsi delle anime significa occuparsi anche della dignità umana».
Così, sei mesi dopo l’elezione, il profilo del nuovo Papa si delinea con chiarezza. Leone XIV non è il “papa americano” che molti speravano, ma un pontefice universale che guarda ai migranti, ai poveri e alle periferie come centro della Chiesa. Il suo messaggio, netto e senza infingimenti, risuona come un avvertimento: la fede non può essere usata per giustificare muri, divieti o discriminazioni.
«Ogni cristiano – ha ripetuto – sarà giudicato da come ha accolto lo straniero». Una frase semplice, ma che in America suona come una rivoluzione.