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19/06/2025 ore 22.20
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Mamma e figlia morte a Villa Pamphili, Francis Kaufmann aveva incassato 863mila euro dallo Stato per un film mai girato

Il ministero della Cultura ha annunciato che chiederà la restituzione del maxi finanziamento ottenuto nel 2020 con documenti falsi dal 46enne americano accusato di aver ucciso la compagna e la figlia. Resta il fatto che nessuno finora aveva mai fatto verifiche

di Luca Arnaù

Il titolo perfetto per il suo film l’aveva trovato: Stelle della notte. Un noir, probabilmente. Peccato che non sia mai stato girato. E che il regista, tale Rexal Ford, non esista. O meglio: esiste, ma si chiama Francis Kaufmann, è americano, ha 46 anni, e al momento è detenuto in Grecia con l'accusa di aver ucciso la compagna Anastasia Trofimova e la figlia Andromeda, i cui corpi sono stati trovati senza vita a Villa Pamphil

i. Ma il vero colpo di scena di questa vicenda arriva adesso, con una scoperta firmata da Open: nel 2020 lo Stato italiano ha finanziato Kaufmann con oltre 863mila euro. Soldi pubblici, elargiti tramite il tax credit del ministero della Cultura per un progetto cinematografico mai realizzato. La firma sul decreto? Quella di Nicola Borrelli, all’epoca direttore generale cinema del Mibact guidato da Dario Franceschini, in pieno governo Conte bis.

Il decreto è il numero 2872, datato 27 novembre 2020. E c’è scritto nero su bianco: 863.595,90 euro destinati alla Tintagel Films Llc, una fantomatica casa di produzione con sede a Malta, dietro cui si nasconde proprio Kaufmann. A nome Rexal Ford, il presunto regista ha presentato un progetto dettagliato, allegando costi di produzione, revisione contabile, una richiesta formale di finanziamento e un passaporto americano falso – lo stesso che oggi campeggia tra le prove dell’inchiesta.

Un castello di carta costruito con cura. Ma non da solo. Per rendere tutto più credibile, Kaufmann si è appoggiato a un co-produttore italiano reale, la società Coevolutions di Roma, guidata da Marco Perotti, che ha presentato formalmente la domanda al Ministero. Il piano era semplice: promettere un film internazionale ambientato a Roma, incassare il tax credit e sparire. Missione compiuta.

La cosa sconcertante è che il sistema ha funzionato. Il Ministero ha approvato la pratica, basandosi su documenti che oggi sappiamo essere totalmente falsi. Non solo: da quanto risulta a Open, il credito è stato effettivamente ceduto a una banca, che dopo regolare istruttoria ha autorizzato l’operazione. I soldi sono finiti in circolazione. Ma il film, ovviamente, no. E qui arriva la seconda falla: secondo la normativa in vigore all’epoca, le coproduzioni internazionali non erano obbligate a depositare materiale già girato per dimostrare la veridicità dei costi.

Un buco normativo che Kaufmann ha sfruttato con precisione chirurgica, presentando la richiesta definitiva di tax credit solo nel 2023, quando ormai l’attenzione su di lui era svanita.

Ora, a danni fatti, il ministero della Cultura ha annunciato che valuterà la revoca del credito e la richiesta di restituzione dei fondi. Ma resta la domanda più inquietante: com’è stato possibile tutto questo? Com’è possibile che nessuno, in nessun passaggio, si sia accorto che il regista non esisteva, che il passaporto era falso, che la casa di produzione era inesistente? Che nessuno abbia alzato un sopracciglio davanti a un progetto da quasi 900mila euro senza nemmeno una scena girata? Eppure è andata così.

In un’Italia in cui chi fa cinema vero lotta per ottenere due spicci, un uomo con identità fittizia e incubo alle spalle ha ottenuto quasi un milione senza nemmeno dover spiegare dove fossero finiti i soldi. Li avrà usati per sopravvivere? Per scappare? Per pagarsi il silenzio di qualcuno? In attesa che la giustizia faccia il suo corso sul piano penale, resta uno scandalo politico e istituzionale che non può essere archiviato come semplice “svista burocratica”. Perché quando il killer ha già i soldi in tasca, è troppo tardi per dire: “Ops, ci siamo fidati”.