Manfredi Catella torna libero: il Riesame revoca gli arresti domiciliari nello scandalo urbanistica milanese
Il fondatore di Coima, accusato di falso e corruzione, lascia gli arresti dopo tre settimane: la Procura conferma le indagini su influenze politiche e appalti in città
Torna libero Manfredi Catella, 57 anni, fondatore e amministratore delegato di Coima Sgr., che da tre settimane era agli arresti domiciliari nell'inchiesta milanese sull'urbanistica. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano. Una riga secca di dispositivo con cui il collegio dei giudici, un altro rispetto alle precedenti udienze, ha “annullato” l’ordinanza impugnata e revoca la misura cautelare per lo sviluppatore immobiliare. Tutti e sei gli arresti chiesti e ottenuti dalla procura in questo ultimo importante filone di inchiesta sono quindi stati annullati dal Riesame. L’arresto era arrivato con l’accusa di falso e corruzione.
Intanto la Procura ha depositato una nuova memoria di 58 pagine. Un documento che non lascia spazio a dubbi sull’impostazione accusatoria: «Il modo padronale, al limite dell’inverosimile, e fuori dalla legge» con cui l’erede spirituale di Salvatore Ligresti «ha di interagire con la pubblica amministrazione» sarebbe la chiave dell’intera vicenda. Per i pm, Catella avrebbe trasformato sindaco, assessori e dirigenti comunali in terminali operativi di una strategia precisa, utile a condizionare la Commissione Paesaggio e a orientare bandi e gare in favore della propria società.
Il nome di Giancarlo Tancredi, ex assessore all’Urbanistica, ricorre spesso. Così come quello del direttore generale Malangone e dello stesso sindaco Beppe Sala, descritto in alcune chat come interlocutore privilegiato. È proprio nelle conversazioni acquisite dagli inquirenti che si delineerebbe il sistema: un rapporto di grande amicizia con il primo cittadino e una fitta trama di contatti con i vertici della macchina comunale. «Un sistema allarmante di commistione tra condotte corruttive, traffici di influenze e induzioni illecite», scrivono i magistrati, «in cui Catella emerge quale dominus di una cupola intenta a sviare la potestà pianificatoria e programmatoria dell’ente».
Il punto più delicato riguarda l’architetto Alessandro Scandurra, già membro della Commissione Paesaggio. Secondo l’accusa, avrebbe incassato da Coima incarichi per almeno 138mila euro, senza astenersi nelle sedute in cui era chiamato a esprimersi sui progetti dello stesso gruppo. Una condotta che per la Procura configura un chiaro conflitto di interessi, aggravato dalla mancata trasparenza. «Le parcelle erano troppo alte per risultare verosimili», osservano i pm, che hanno allegato anche una consulenza tecnica per dimostrare l’anomalia dei compensi.
La difesa, dal canto suo, respinge con decisione ogni ipotesi di patto corruttivo. Catella ha sempre escluso di aver stretto accordi illeciti e ha attribuito le contestazioni a «buona fede e trasparenza». Una linea che,
secondo i pm, non reggerebbe: «Attraverso dichiarazioni confuse e incoerenti, avrebbe giustificato come corrette condotte che invece appaiono gravemente indiziarie». Per questo, anche dopo le dimissioni dalle cariche in seno a Coima, «permangono le esigenze cautelari».
Dietro il linguaggio delle carte giudiziarie si intravede la storia di una città. Catella non è un costruttore qualsiasi: ha trasformato Porta Nuova, ha dialogato con le archistar, ha cambiato la percezione stessa di Milano come capitale del design e dell’innovazione. L’uomo dei “boschi verticali”, lo sviluppatore colto e cosmopolita, lontano anni luce dai palazzinari degli anni Sessanta.
Un simbolo di modernità che oggi si trova a fare i conti con accuse pesantissime. Non è un caso che la vicenda sia osservata con attenzione politica. Matteo Salvini ha chiesto a Sala di valutare un passo indietro, evocando la necessità di chiarezza. Il sindaco, finora, ha difeso la correttezza della sua amministrazione.
Ma nelle carte della Procura le ombre restano fitte: progetti di Coima approvati nonostante «grossolane lacune», pareri favorevoli concessi in assenza di requisiti, dinamiche piegate alle esigenze del privato. Mercoledì mattina, al tribunale del Riesame, Catella è arrivato con impermeabile scuro e una Moleskine stretta in mano. Nessun commento, solo appunti e sguardi concentrati. L’udienza è durata poco, ma il peso della decisione dei giudici è enorme. Perché il futuro di un uomo coincide con il futuro dell’immagine stessa di Milano.