La musica è finita. Addio a Ornella Vanoni: il baluardo "senza fine” della musica italiana
Scompare una voce unica che ha segnato decenni di arte e sensibilità, lasciando un’eredità profonda fatta di interpretazioni indimenticabili ed emozioni condivise
Ornella Vanoni ha scritto l’ultima nota di un canto che ha attraversato l'anima del nostro Paese per quasi sette decenni. La sua morte, avvenuta nella notte del 21 novembre 2025, nella sua casa milanese per un arresto cardiocircolatorio, è la perdita di una voce identitaria, un patrimonio culturale che ha contribuito a definire la canzone leggera italiana in tutte le sue sfumature.
Ornella Vanoni è morta a Milano, aveva 91 anni: addio alla voce senza fineNata a Milano il 22 settembre 1934, Ornella Vanoni esordì nel mondo dello spettacolo come attrice sotto la guida di Giorgio Strehler, al Piccolo Teatro di Milano. Con Strehler condivise una pagina sentimentale della sua vita. Ben presto scelse la musica, portando con sé la sua formazione teatrale e un’intensa sensibilità emotiva. Il suo repertorio evolse con raffinata poliedricità: dalle canzoni della mala degli esordi – evocazioni popolari della Milano degli anni ’50 – alla bossa nova, al jazz, alla canzone d’autore, grazie a collaborazioni con Gino Paoli, Paolo Conte, Herbie Hancock, George Benson e molti altri.
In sessant’anni di carriera, Ornella Vanoni ha inciso oltre 100 album, venduto più di 55 milioni di dischi e ricevuto riconoscimenti prestigiosi, tra cui ben due Premi Tenco (come interprete e cantautrice), un risultato che la consacra tra i pilastri della canzone d’autore italiana.
La sua voce, inconfondibile e ricca di sfumature, è diventata un simbolo: capace di trasmettere fragilità e forza, malinconia e desiderio, ironia e intensità. È così che l’Italia l’ha amata, non soltanto come interprete, ma come narratrice delle proprie emozioni più profonde.
Ornella Vanoni non ha mai cantato semplicemente l’amore: ha interpretato la vita. Le sue canzoni parlavano di solitudine, disillusione, passione e redenzione. Attraverso il suo timbro caldo e la sua sensibilità raffinata, ha dato corpo ai sogni e alle paure degli italiani, attraversando momenti storici cruciali: dagli anni del boom economico alle trasformazioni culturali degli anni ’70, fino all’era contemporanea.
Addio a Ornella Vanoni, l’ultima grande signora della musica: una voce che l’Italia non potrà dimenticareLa sua capacità di reinventarsi restando autentica ha fatto di lei non solo un’artista, ma un’icona morale: un modello di indipendenza femminile, intelligenza emotiva e libertà espressiva. In un mondo dove la musica leggera spesso scivola nella superficialità, Vanoni ha portato profondità e dignità, riconfermando che la canzone popolare può essere anche poesia, riflessione, anima.
In questi giorni di cordoglio, molti artisti e figure istituzionali hanno espresso dolore e gratitudine. Il ministro della Cultura ha ricordato «una delle artiste più originali e raffinate» del panorama nazionale. Fabio Fazio, che negli ultimi anni l’aveva ospitata spesso a Che tempo che fa, ha dichiarato: «Non sono in grado di dire niente. Sono senza parole e non ero pronto a tutto questo».
Le sue parole: fragilità, libertà, morte
Vanoni non amava i sentimentalismi privi di verità. In più di un’intervista aveva confessato: «Sono una donna coraggiosa, non forte. Sono molto fragile e pago tutto con lacrime, fatica».
Ed era verace anche sul tempo che scorreva: «La morte fa parte della vita. Io non so se arrivo a Natale».
Queste frasi, pronunciate con la sua inconfondibile ironia, non rivelano sconforto ma consapevolezza: una donna che ha vissuto intensamente, che ha amato e sofferto, ma che ha sempre scelto di restare se stessa.
Le passioni del cuore: Strehler, Paoli, Ardenzi
Dietro l’artista potente e sofisticata si nascondeva un cuore inquieto, costellato di amori profondi e tormentati. Il suo primo grande amore fu Giorgio Strehler, maestro di teatro e figura dominante nella sua giovinezza. La relazione, intensa ma complessa, segnò l’anima della Vanoni – non solo come attrice, ma come donna che imparava la recitazione, l’emozione, la disciplina. Secondo alcuni resoconti, ella stessa parlò in seguito della dipendenza di Strehler, e del suo percorso doloroso al suo fianco.
Poi venne Gino Paoli, il cantautore con cui instaurò un legame artistico e sentimentale, intenso e interrotto più volte. Dalla loro unione nacque Senza fine, forse il brano che più di tutti sintetizza quella combinazione di passione fragile e carica poetica. I due collaborarono a lungo e scrissero insieme un libro, Noi due, una lunga storia, che testimonia quanto il loro rapporto fosse non solo romantico, ma anche intellettuale.
Infine, il matrimonio con Lucio Ardenzi, impresario teatrale, nel 1960. Fu un’unione complicata: Ornella ammise di non sentirsi veramente innamorata, ma di aver sposato Ardenzi perché «prima o poi ci si deve sposare». Il matrimonio si concluse qualche anno dopo, e la Vanoni rimase madre di un figlio, Cristiano.
Con la sua scomparsa l’Italia perde non solo una cantante, ma una narratrice delle emozioni collettive, una testimone sensibile dei suoi tempi. Vanoni è stata un ponte tra epoche: ha unito il teatro e la canzone, il pop e il jazz, la malinconia e l’ironia. Ha saputo parlare al cuore di generazioni differenti, restando sempre autentica e profondamente se stessa.
Il suo consiglio ai giovani – «Buttatevi. E come va, va!» – resta una delle eredità emozionali più preziose: non un voler vincere a tutti i costi, ma il coraggio di vivere, amare e creare, anche senza garanzie.
Ornella Vanoni non ha avuto una fine “senza fine”: la sua musica rimarrà, come un eco commosso e consapevole, nelle corde vocali dell’Italia e nei silenzi più veri del cuore.