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27/11/2025 ore 12.59
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Nuova perizia sul Dna riapre il caso di Garlasco: traccia maschile sulle unghie di Chiara Poggi coincide con Sempio

La genetista Albani conferma piena concordanza dell’aplotipo Y con la linea paterna di Andrea Sempio. Il dato non identifica la persona, ma sposta l’indagine su come quella traccia sia arrivata sulle mani della donna

di Luca Arnaù

La mail inviata da Denise Albani, perito incaricato dalla gip Daniela Garlaschelli, arriva nelle caselle dei consulenti in una tarda mattinata qualunque, ma il contenuto ha il peso di una frattura. La genetista del gabinetto di polizia scientifica, dopo sette mesi di incidente probatorio, comunica che l’aplotipo Y rinvenuto nel 2007 su due unghie di Chiara Poggi presenta una “piena concordanza” con la linea paterna di Andrea Sempio. Non un generico compatibile, non un dato marginale: una corrispondenza che riguarda una popolazione ridottissima e riconducibile, per logica investigativa, alla famiglia in linea maschile dell’indagato. È il passaggio che riapre in modo concreto la traiettoria di un’indagine rimasta per anni cristallizzata su un’unica responsabilità, quella di Alberto Stasi, condannato in via definitiva.

La perizia completa sarà depositata a inizio dicembre e discussa in udienza il 18, ma il suo contenuto già si inserisce come nuovo cardine probatorio. Non è un’intuizione improvvisa: negli ultimi anni vari consulenti avevano già indicato che il profilo maschile isolato nel 2007 aveva una probabilità di compatibilità con Sempio da “476 a 2.153 volte superiore”, a seconda del database considerato. La nuova analisi conferma quella direzione, ma la consolida con criteri e strumenti attuali, superando i limiti tecnici che avevano portato la Corte d’Appello bis a escludere quel risultato.
All’epoca, infatti, il genetista Francesco De Stefano aveva considerato il profilo “non consolidato”, contribuendo all’archiviazione chiesta nel 2017 dall’allora procuratore aggiunto Mario Venditti. Oggi, gli accertamenti di Albani ricostruiscono passo dopo passo le ragioni per cui quel segnale, pur parziale, doveva essere trattato come valido. La genetista, in udienza, ha spiegato che il campione era non omogeneo e che nella sessione analitica a 5 microlitri emergeva un aplotipo “parziale misto” con dodici marcatori interpretabili. Un profilo incompleto, certo, ma comunque valutabile secondo la logica del “one shot”, cioè dell’unica fotografia genetica disponibile.

Albani ha ribadito che un aplotipo Y non identifica una singola persona, perché è condiviso da tutti i soggetti maschi della stessa linea paterna. Ma proprio questa caratteristica sposta l’asse della discussione: la domanda non riguarda più l’identità nominale, bensì il contesto di appartenenza. In altre parole, se in quella sequenza genetica emerge la famiglia di Sempio, il punto centrale diventa comprendere in che modo quella traccia sia arrivata sulle mani di Chiara. L’analisi non entra nel merito della dinamica, ma costringe l’indagine a interrogarsi su un aspetto che finora era rimasto ai margini: la presenza di un profilo biologico estraneo a Stasi e diverso da quello dei familiari della vittima.

È qui che si sposta ora la battaglia tra consulenti. I difensori di Stasi hanno sempre sostenuto che quel Dna fosse un elemento decisivo e che il suo valore fosse stato sottovalutato. I consulenti di parte – tra cui Ugo Ricci e Lutz Röwer, massimo esperto mondiale di cromosoma Y –avevano già individuato la compatibilità con Sempio, e la perizia Albani ora sembra confermare quella linea. Dall’altra parte, la difesa di Sempio prova a ricostruire una possibile via alternativa: la traccia sarebbe potuta arrivare per trasferimento indiretto, da un oggetto toccato in passato durante le sue visite in casa Poggi. L’ultima riunione nei laboratori romani di Genomica, con gli esperti Claudio Palmegiani e Marina Baldi, era dedicata proprio a individuare superfici che Sempio avrebbe potuto toccare prima del 4 agosto 2007: tastiera del computer, telecomando, corrimano.

La strategia è chiara: dimostrare che la presenza del Dna non implica un contatto violento nel momento dell’aggressione. È una linea che dovrà misurarsi con l’obiezione sollevata dai pm e dai carabinieri: perché, tra tutte le persone che entravano regolarmente in casa Poggi, l’unico profilo maschile rinvenuto sulle unghie di Chiara dovrebbe essere proprio quello di Sempio? Perché non quello del padre, del fratello o del fidanzato? La Procura ritiene questa circostanza un elemento difficilmente spiegabile tramite un semplice trasferimento indiretto. E considera il dato genetico, per quanto non deterministico, un indizio che non può più essere relegato ai margini della ricostruzione.

La nuova perizia non risolve il caso, ma ne ridefinisce l’architettura. Inserisce un elemento oggettivo in un contesto rimasto per anni sospeso tra ipotesi contrapposte e atti giudiziari stratificati. Il dato genetico, ora rivalutato, diventa un nodo probatorio e non solo statistico. La discussione del 18 dicembre non chiarirà chi abbia ucciso Chiara Poggi, ma sancirà quali elementi scientifici possano o meno essere considerati affidabili. La differenza è sostanziale: se il Dna attribuibile alla linea paterna di Sempio verrà riconosciuto come prova piena, l’indagine non potrà che interrogarsi, questa volta senza possibilità di retrocedere, sulla sua presenza nel momento più drammatico del 13 agosto 2007. E ogni scenario successivo dovrà partire da lì.