Nuova strage a sud di Gaza, spari sulla folla in attesa di ricevere cibo e aiuti: decine di morti e feriti
L’esercito israeliano ha spiegato che si trattava di colpi di avvertimento e che la vicenda è sotto esame. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha denunciato di avere cibo per tutta la Striscia per almeno tre mesi ma le consegne sono bloccate. Così alla guerra si aggiungono una grave crisi alimentare e sanitaria
Hanno perso la vita mentre erano in attesa di ricevere cibo e aiuti. A Gaza si è consumata l'ennesima mattanza con decine di vittime, secondo fonti palestinesi che accusano l'esercito israeliano di aver aperto il fuoco vicino ad alcuni centri di distribuzione di aiuti nella Striscia meridionale.
A Gaza si muore per il pane, oltre 400 vittime in un mese nei centri aiuti: la fame è diventata arma di guerraL'Idf ha spiegato, come in altre simili occasioni, che si è trattato di "colpi di avvertimento", aggiungendo che l'accaduto è "sotto esame". Le sparatorie - stando ai numerosi racconti di testimoni e non solo - sono avvenute nelle prime ore dell'alba vicino a due siti di aiuti umanitari. Oltre alle numerose vittime, si contano anche un centinaio di feriti. Funzionari palestinesi hanno puntato il dito contro l'esercito dello Stato ebraico, accusandolo di aver aperto il fuoco proprio su diversi palestinesi che stavano cercando di procurarsi del cibo. Una dinamica che oramai si ripete da tempo nella Striscia.
Da parte sua l'Idf ha affermato di essere a conoscenza delle segnalazioni di vittime dopo che le truppe avevano individuato durante la notte persone ritenute "sospette" che si stavano avvicinando alle forze israeliane nella zona di Rafah, in una modalità definita dai militari come "minacciosa". I soldati, a quel punto, "hanno intimato loro di allontanarsi" ma al loro rifiuto hanno sparato "colpi di avvertimento". Il ministero della Sanità di Gaza gestito da Hamas ha affermato che almeno 32 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani ai centri di distribuzione degli aiuti vicino a Rafah e a Khan Yunis, nel sud della Striscia. La Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta dagli Stati Uniti, ha preso le distanze, smentendo che gli spari siano avvenuti nei pressi della sua struttura.
«L'attività dell'Idf è avvenuta ore prima dell'apertura dei nostri siti e, a quanto ci risulta, la maggior parte delle vittime si è verificata a diversi chilometri di distanza dal sito Ghf più vicino», ha sottolineato. Complessivamente sono oltre un centinaio i morti in diversi vari raid nelle ultime 24 ore, mentre si riducono le speranze di arrivare ad una tregua fra Israele e Hamas.
Stop alla cooperazione con Israele, richiesta di cento sindaci calabresi al consiglio regionaleIl rilascio di altri ostaggi
Il presidente Usa Donald Trump nelle scorse ore ha mostrato un certo ottimismo annunciando che a breve saranno rilasciati "altri 10 ostaggi" e augurandosi che la guerra finisca presto, ma senza fornire ulteriori dettagli. Speranze che lasciano interdette le famiglie dei rapiti scese nuovamente per le strade di Israele a reclamare a gran voce il ritorno dei loro cari e a richiedere allo stesso tempo a Israele di "collaborare con gli Stati Uniti e abbandonare la follia della guerra eterna". Appello inascoltato finora dalle forze armate che nelle ultime ore hanno martellato anche il vicino Libano, dove un militante di un'unità d'élite di Hezbollah è stato eliminato.
Crisi alimentare e sanitaria
La guerra a Gaza si somma alla grave crisi alimentare e sanitaria. Il Programma alimentare mondiale ha affermato che quasi una persona su tre nella Striscia non mangia per diversi giorni consecutivi e "migliaia" sono invece "sull'orlo di una fame catastrofica". L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Unrwa, ha denunciato di avere cibo a sufficienza per tutta la Striscia per almeno tre mesi, ma che tale cibo è accumulato nei magazzini e ne è stata bloccata la loro consegna. Il libero flusso di aiuti a Gaza è una richiesta chiave di Hamas nei negoziati indiretti con Israele per un cessate il fuoco di 60 giorni nella guerra, insieme al completo ritiro militare israeliano.