Nuovo filone d’inchiesta sulla Gintoneria di Milano: sei persone a rischio processo tra droga, prostituzione e favori
Dopo i patteggiamenti del “King” Lacerenza e Stefania Nobile, la Procura chiude un secondo filone d’indagine con il quale riemergono dettagli sul presunto giro di cocaina da 10 a 20 grammi a serata nei locali milanesi tra champagne, escort e false dichiarazioni
Il sipario sulle notti della Gintoneria non si è mai davvero chiuso. Anche dopo i patteggiamenti di fine ottobre, con Davide Lacerenza condannato a quattro anni e otto mesi e l’ex compagna Stefania Nobile a tre anni, il fascicolo della Procura di Milano ha continuato a gonfiarsi. Ora un secondo filone d’indagine, chiuso nelle scorse ore, porta con sé un nuovo elenco di nomi: sei persone che rischiano il processo per reati che intrecciano spaccio, prostituzione, favori, bugie agli inquirenti e un vortice di denaro passato di mano nei privé del locale diventato il simbolo di un certo sottobosco milanese.
Al centro c’è ancora lui, l’ex “King” delle notti della città, che fino a nove mesi fa si muoveva come padrone assoluto di un universo parallelo fatto di champagne sgorgato a litri, musica assordante, escort e droga. Un universo crollato all’improvviso sotto il peso dell’inchiesta condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e coordinata dal pm Francesca Crupi. Scene che sembrano appartenere a un film, e che invece riemergono ora con nuovi particolari destinati a riaccendere l’attenzione su quella retroscena in cui tutto, a quanto pare, aveva un prezzo.
Il nuovo avviso di conclusione indagini riguarda sei persone. Tra loro spicca il nome di Davide Ariganello, il factotum dell’imprenditore: arrestato a marzo, è accusato di cessione di cocaina, episodi di favoreggiamento della prostituzione e un’ulteriore ipotesi di favoreggiamento personale. Ariganello era considerato un perno operativo della struttura, l’uomo che avrebbe gestito molti degli aspetti più delicati delle serate, dal rapporto con le escort alla logistica che scorreva dietro il bancone scintillante della Gintoneria.
Accanto a lui compaiono due presunti spacciatori, ritenuti responsabili di aver rifornito il locale di cocaina con un meccanismo regolare, quasi industriale: tra i 10 e i 20 grammi a serata, secondo gli atti. Una quantità che dà la misura di ciò che avveniva davvero lì dentro, un flusso costante che sembrava non interrompersi mai, come se la sostanza fosse parte integrante dell’offerta del locale. Non un dettaglio, ma uno degli elementi centrali che i magistrati hanno utilizzato per ricostruire lo schema di gestione delle notti milanesi targate Lacerenza.
Cruciani trasforma i re della Gintoneria in eroi del trash: Champagne si contende con Corona like e sciabolate e la mediocrità si fa imperoNel fascicolo rientrano anche due donne che avrebbero avuto rapporti con i clienti e che sono ora accusate di favoreggiamento personale: avrebbero reso dichiarazioni false per proteggere Lacerenza, negando attività di prostituzione o occultando episodi legati all’uso di cocaina. Una dinamica frequente nelle indagini sui ritrovi notturni della città, dove la linea tra complicità, timore, convenienza e lealtà personale diventa spesso indistinguibile. E nel mosaico appare anche la madre della fidanzata dell’ex “King”: secondo l’accusa, avrebbe messo a verbale che Lacerenza non forniva droga ai clienti, ma un’intercettazione agli atti la smentirebbe.
Tutto questo si intreccia con una testimonianza che emerge come una delle più impressionanti per il suo contenuto e per la sua capacità di restituire l’immagine del clima che aleggiava attorno alla Gintoneria. È quella del “cliente più assiduo”, un habitué del locale, protagonista inconsapevole dell’eccesso sistematico che si consumava in quelle sale: tra pacchetti fatti di champagne, escort e cocaina, avrebbe speso quasi un milione di euro in tre anni. Una cifra che racconta molto della clientela, delle dinamiche e soprattutto dei margini economici su cui si reggeva quel piccolo impero notturno, che oggi invece si sbriciola sotto il peso di una ricostruzione investigativa serrata.
Nel frattempo, Lacerenza ha iniziato un percorso di disintossicazione e sconterà la pena in affidamento in prova ai servizi sociali. Stefania Nobile, invece, svolgerà lavori di pubblica utilità presso la Protezione civile di Bresso. Entrambi sono liberi, almeno fisicamente, dopo mesi di detenzione, ma la vicenda giudiziaria non ha smesso di restituire strappi, fratture, nomi e responsabilità.
La seconda tranche d’inchiesta, ora chiusa, è destinata a sfociare probabilmente in una richiesta di rinvio a giudizio. La sensazione è che il caso sia ancora lontano dal concludersi, perché ogni tassello che viene depositato apre ulteriori spiragli su abitudini, gerarchie, rapporti di potere e interazioni tra i protagonisti di quella scena. La Gintoneria, con le sue luci soffuse e il suo richiamo glamour, si rivela così per ciò che secondo gli inquirenti era diventata: un luogo in cui la notte non era solo intrattenimento, ma un sistema complesso e fragile, pronto a crollare al primo soffio di indagine.
L’epilogo non è ancora scritto, e la Procura continua a lavorare su una materia che non ha finito di restituire sorprese. Ma il quadro che emerge è uno dei più emblematici degli ultimi anni nella cronaca milanese: un microcosmo scintillante in superficie e opaco nelle fondamenta, che ora deve fare i conti con il proprio lato oscuro.