Paperoni e dittatori inseguono l’immortalità: miliardi di dollari sulla longevità e sul “reset biologico”
Dalla Silicon Valley all’Europa, oltre 12 miliardi di dollari sono stati riversati in 25 anni su ricerche e startup che promettono di allungare la vita umana fino a 150 anni
Per secoli i re hanno cercato l’elisir di lunga vita, gli imperatori cinesi bevevano pozioni al mercurio e gli alchimisti promettevano formule segrete. Oggi il mito dell’immortalità si è spostato nei laboratori di biotecnologia della California, di Londra e di Singapore, dove scienziati e miliardari parlano senza più pudore di vivere fino a 150 anni. E anche Putin e Yu, al recente vertice in Cina, si sono scambiati pareri a microfoni aperti sul trapianto di organi per raggiungere l’immortalità.
Secondo un’analisi del Wall Street Journal, basata su PitchBook e documenti societari, in 25 anni sono stati investiti più di 12,5 miliardi di dollari in società che lavorano sulla longevità. Una costellazione di oltre 200 startup, finanziate da quasi un migliaio di investitori, tra venture capitalist, attori, sportivi e influencer. La posta in gioco è enorme: non solo qualche ruga in meno, ma vent’anni di salute guadagnata.
Il più entusiasta è Peter Thiel, il miliardario fondatore di PayPal e primo investitore di Facebook. Per lui la morte è un “problema tecnico da risolvere” e i suoi capitali hanno alimentato almeno una dozzina di aziende. Dai laboratori che lavorano sulla riprogrammazione cellulare a quelli che cercano di congelare il corpo in attesa di tempi migliori, Thiel scommette su tutto, con un investimento complessivo di oltre 700 milioni di dollari.
Accanto a lui, Sam Altman, il ceo di OpenAI, che ha puntato 180 milioni su Retro Biosciences, laboratorio che studia farmaci capaci di ringiovanire le cellule. “Non voglio vivere per sempre, ma non vedo perché dovrei accettare di ammalarmi a 70 anni”, ha dichiarato in un’intervista. L’idea non è aggiungere decenni di sofferenze, ma mantenere il corpo giovane più a lungo.
Altra star della Silicon Valley, Brian Armstrong, patron di Coinbase, ha cofondato NewLimit, società che promette di invertire l’invecchiamento cellulare. A sostenerla ci sono ex ceo di Google, fondatori di Palantir, venture capitalist e persino imprenditori spaziali. Un club ristretto di super ricchi che non bada a spese.
E poi c’è Altos Labs, forse la più misteriosa. Con sede tra la California e l’Europa, punta alla “riprogrammazione cellulare” che riporterebbe le cellule adulte allo stadio embrionale. Tra i finanziatori c’è Yuri Milner, già vicino a Google e Facebook, e il fondo 8VC. Gli scienziati che ci lavorano parlano di “reset biologico”, un concetto che ha entusiasmato i miliardari ma fatto rabbrividire i bioeticisti.
Il fenomeno non riguarda solo i tycoon della tecnologia. Attori come Matt Damon e comici come Kevin Hart hanno investito in Function Health, una piattaforma che promette check-up digitali avanzati e consigli personalizzati sullo stile di vita. L’idea è semplice: conoscere per tempo i segnali dell’invecchiamento e intervenire prima che si trasformino in malattie croniche.
Ma non tutto luccica. Alcuni colossi della longevità sono crollati: Unity Biotechnology, fondata con 355 milioni di dollari per creare farmaci “anti-senescenza”, è uscita dal Nasdaq e ha annunciato lo scioglimento. Il che dimostra che la strada verso l’immortalità non è priva di trappole.
Intanto, mentre gli scienziati parlano di “invecchiamento come malattia curabile”, i governi osservano con interesse. Perché se le terapie funzionassero, il risparmio sui costi sanitari sarebbe immenso: meno tumori, meno Alzheimer, meno ospedalizzazioni. E con popolazioni che invecchiano a ritmo record, la prospettiva fa gola anche ai ministeri della salute.
Il dubbio resta: queste cure saranno mai accessibili a tutti o resteranno privilegio dei pochi che oggi le finanziano? Per ora i super ricchi comprano anni di ricerca e sperimentazione, sperando che il futuro gli restituisca anni di vita. Per gli altri, la promessa è che le tecnologie nate nei club esclusivi della Silicon Valley possano un giorno scendere in campo negli ospedali pubblici.
La partita è aperta. E, per la prima volta nella storia, l’idea che l’invecchiamento sia solo un destino ineluttabile non appare più così scontata.