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01/10/2025 ore 20.42
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Per l’abbordaggio Israele schiera i corpi d’élite e 600 agenti: la macchina militare per gestire la Flotilla

Dopo l’irruzione in mare, gli attivisti saranno trasferiti ad Ashdod. In campo Marina, polizia, servizi segreti e comando centrale anche durante Yom Kippur

di Luca Arnaù

L’abbordaggio è avvenuto: le motovedette e i gommoni della Marina israeliana hanno circondato e fermato le 47 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla. Ora, con gli attivisti a bordo delle navi militari diretti verso Israele, scatta la seconda fase di un’operazione che Tel Aviv considera tra le più delicate dell’ultimo decennio. Non è solo una questione di sicurezza in mare: la gestione di 500 passeggeri internazionali, molti dei quali noti e seguiti dai media, richiede una macchina organizzativa colossale.

In campo ci sono i corpi speciali della Marina, la Shayetet 13, abituata a operazioni di forza e blitz notturni. Sono stati loro a guidare l’abbordaggio, salendo a bordo delle barche, immobilizzando i timonieri e sequestrando i telefoni per interrompere le trasmissioni. Ma la loro missione non si ferma qui: continueranno a garantire la sicurezza durante il trasferimento fino al porto di Ashdod, dove altri reparti prenderanno in consegna gli attivisti.

Il Times of Israel parla di un dispositivo imponente: almeno 600 agenti di polizia mobilitati per i porti israeliani, con un focus proprio su Ashdod, designato come punto di arrivo. Qui sono stati predisposti centri di trattenimento temporanei e sale per udienze amministrative lampo. Chi accetterà la deportazione immediata verrà rispedito nei Paesi d’origine; chi si opporrà dovrà affrontare procedure legali e, in alcuni casi, periodi di detenzione.

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Il National Security Council coordina ogni fase dalla sala comando centrale. Anche durante Yom Kippur, la festività più solenne del calendario ebraico, la struttura resta attiva: i soldati hanno ricevuto dispensa dal digiuno e dagli obblighi liturgici per garantire la continuità operativa. Un dettaglio che misura il livello di allerta. «Questa è un’operazione ad alta complessità, perché mette insieme aspetti marittimi, terrestri e diplomatici», ha spiegato un ufficiale della sicurezza a Ynet.

Le forze armate hanno attivato anche l’unità Nahal e personale medico specializzato. Medici militari e paramedici sono pronti a intervenire in caso di emergenze sanitarie a bordo o durante gli sbarchi forzati. Un piano che si estende fino agli ospedali civili vicini ai porti, in stato di preallerta.

La gestione politica è affidata a un gruppo ristretto sotto la supervisione diretta di Benjamin Netanyahu. Il premier ha incaricato i suoi ministri di seguire l’operazione come priorità assoluta, consapevole che la Flotilla non è solo un caso di sicurezza nazionale ma anche un test di immagine globale. Le figure a bordo, tra cui parlamentari europei, medici e attivisti celebri come Greta Thunberg, rendono infatti ogni gesto un potenziale caso diplomatico.

L’incubo del 2010 resta dietro l’angolo. Allora, durante l’abbordaggio della Mavi Marmara, morirono dieci attivisti turchi e Israele visse una delle più gravi crisi diplomatiche della sua storia recente. «Non vogliamo un nuovo caso Marmara», ha detto un funzionario a Yediot Ahronoth, sottolineando che questa volta non si tratta di un gruppo organizzato di estremisti, ma di una carovana internazionale con grande esposizione mediatica.

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Nonostante la potenza messa in campo, la parola d’ordine è “contenere senza provocare”. La Marina ha ricevuto l’ordine di usare la forza solo in caso di resistenza attiva, mentre la polizia è stata istruita a gestire i trasferimenti in modo rapido e silenzioso. Ogni telecamera accesa, ogni immagine diffusa, potrebbe trasformarsi in un boomerang per Israele, già sotto pressione internazionale per le operazioni militari a Gaza.

Il dispositivo prevede anche un controllo informativo: il blackout dei canali social delle navi abbordate, la confisca dei telefoni, la gestione delle prime notizie attraverso fonti ufficiali. Un tentativo di ridurre l’impatto mediatico e impedire che video o testimonianze alimentino accuse di violazioni.

In mare, le imbarcazioni sequestrate vengono rimorchiate verso Israele o spente e lasciate galleggiare fino al recupero. In aria, droni e aerei di ricognizione continuano a sorvegliare l’area, pronti a segnalare eventuali tentativi di ingresso da parte di altre imbarcazioni solidali. A terra, le pattuglie di polizia presidiano strade e accessi ai porti, per evitare manifestazioni o intrusioni.

Israele ha trasformato la gestione della Flotilla in un’operazione militare e politica allo stesso tempo. Una prova di forza pianificata nei minimi dettagli, in cui ogni reparto ha un ruolo preciso e ogni errore può diventare caso internazionale. L’abbordaggio è avvenuto. Ora resta da capire come Tel Aviv riuscirà a gestire le ore più delicate: lo sbarco, le espulsioni, le inevitabili reazioni globali.