Pippo Baudo, simbolo di una tv che raccontava il Paese: la sua morte è la fine di un’epoca
La scomparsa del conduttore segna l’addio a un grande interprete del costume nazionale, capace di reinventarsi nelle varie fasi della sua carriera. Settevoci, Fantastico, Sanremo e gli altri format: così ha accompagnato l’Italia che cambiava
L’Italia piange la scomparsa di Pippo Baudo, volto e voce che hanno accompagnato intere generazioni davanti allo schermo. Con lui se ne va non soltanto un conduttore, ma un pezzo di storia nazionale: il sorriso che ha saputo stemperare le tensioni, l’eleganza che ha reso grande il varietà, la voce che ha presentato e scoperto i più grandi artisti della nostra musica. La sua morte segna la fine di un’epoca in cui la televisione non era soltanto intrattenimento, ma un rito collettivo, capace di unire famiglie, paesi e città. Con Pippo Baudo si spegne il simbolo di un’Italia che cresceva e si riconosceva nei suoi spettacoli.
La televisione italiana, nei suoi primi decenni di vita, ha avuto pochi simboli in grado di incarnarne lo spirito, la continuità e l’evoluzione. Tra questi, Pippo Baudo occupa senza dubbio un posto d’onore. Più che un semplice conduttore, Baudo è stato un interprete del costume nazionale, un narratore che ha accompagnato generazioni di spettatori nel passaggio dall’Italia provinciale degli anni ’60 alla società globalizzata dei primi Duemila.
Addio a Pippo Baudo, il re della televisione italiana. È morto a 89 anni il presentatore che ha segnato intere generazioniPippo Baudo si affaccia al mondo dello spettacolo sul finire degli anni ’50, mentre il Paese vive la stagione del boom economico e la televisione si afferma come nuovo centro di aggregazione popolare. Laureato in giurisprudenza, coltiva parallelamente una forte passione per la musica e per il palcoscenico. Va a lezione e studia pianoforte. Ama, sin dalla tenera età, l'opera lirica e il teatro. Trasferitosi a Roma, Baudo comincia a frequentare ambienti artistici e redazioni televisive, muovendo i primi passi tra piccoli ruoli e collaborazioni alla RAI.
La sua presenza scenica, la voce calda, la dizione impeccabile e soprattutto l’intuito nel capire lo spirito del pubblico lo portano presto a distinguersi. È il prototipo del “presentatore moderno”: elegante, cordiale, capace di improvvisare e di stabilire un rapporto diretto con gli spettatori.
Dopo aver condotto piccole trasmissioni televisive, gli viene data la possibilità di registrare un numero zero di una trasmissione che lui stesso aveva ideato: Settevoci. Il provino del giovane Baudo era stato inscritto dai vertici della Rai come adatto a trasmissioni minori. Ma qualcosa andò storto. A causa di un problema tecnico, lo sceneggiato in programma alla domenica sul Programma Nazionale - e cioè Rin Tin Tin - non potè essere trasmesso, così scelsero di trasmettere quel numero zero di Baudo. E quella fu la sua fortuna. La trasmissione andò benissimo ed arrivò per lui la vera consacrazione.
Settevoci è stato un programma musicale che Baudo ha condotto e che ha rappresentato un punto di svolta nella sua carriera. In onda dal 1966 al 1970. La trasmissione diventa subito un laboratorio di talenti. È qui che Baudo mostra il suo straordinario fiuto per i giovani artisti: da quel palcoscenico passano interpreti destinati a diventare protagonisti della musica italiana, come Massimo Ranieri, Albano Carrisi, Orietta Berti e Gianni Morandi.
Il format, fresco e innovativo, prevedeva che i concorrenti si sfidassero con le canzoni più amate del momento, ricevendo l’applauso del pubblico come giudizio. Baudo guida lo spettacolo con ritmo, sorriso e professionalità, inaugurando un modello di conduzione che farà scuola. Settevoci non è soltanto un trampolino per nuovi cantanti, ma il simbolo di un’Italia che scopre la leggerezza del sabato sera televisivo, senza rinunciare a una certa eleganza culturale.
Dopo il successo di Settevoci, Baudo approda a trasmissioni di grande prestigio. Negli anni ’70 diventa il volto di Canzonissima, programma abbinato alla Lotteria Italia e seguitissimo dalle famiglie italiane. È qui che il conduttore si impone definitivamente come “padrone di casa” della televisione di intrattenimento, grazie alla sua capacità di unire spettacolo e popolarità. Di Canzonissima ha condotto due straordinarie edizioni: 1972 e 1973. Nel '72 affiancato da una giovanissima Loretta Goggi, nel '73 dalla soubrette Mita Medici.
Ma il banco di prova più importante resta il Festival di Sanremo. Baudo lo conduce per la prima volta nel 1968, dando avvio a un sodalizio che durerà per decenni. Nel corso della sua carriera, sarà al timone del Festival ben tredici volte, più di qualsiasi altro presentatore. Non solo maestro di cerimonie, ma anche garante della credibilità della manifestazione, Baudo riesce a gestire momenti di tensione, imprevisti e persino proteste, restituendo ogni volta al pubblico la sensazione di trovarsi davanti a una guida sicura.
Il Festival di Sanremo come lo vediamo oggi lo dobbiamo alla scuola televisiva di Pippo Baudo, il quale, da direttore artistico, modificò la struttura da concorso, in vigore sino ad allora, trasformando così il Festival di Sanremo in un grande varietà musicale.
Ha portato sul palcoscenico del Festival i più grandi cantanti internazionali, che giungevano a Sanremo anche soltanto per il prestigio di calcare quel palcoscenico accanto ad un colosso come Pippo Baudo.
Un altro tassello fondamentale della carriera baudiana è La freccia d’oro, varietà che conduce insieme a una giovanissima Loretta Goggi. In onda nel biennio 1970-71, la trasmissione abbina spettacolo, giochi e musica, offrendo un mix che anticipa alcuni modelli di intrattenimento successivi. Baudo e Goggi formano una coppia affiatata, in grado di coniugare eleganza e ironia. Anche qui, il presentatore si distingue per il suo intuito: valorizza i talenti emergenti e costruisce un rapporto speciale con il pubblico, trasformando ogni appuntamento televisivo in un rito familiare.
Se gli anni ’60 e ’70 hanno consacrato Baudo come conduttore di riferimento, gli anni ’80 lo trasformano nel vero “re del sabato sera”. È l’epoca di Fantastico, il grande varietà abbinato alla Lotteria Italia che va in onda in diretta e a colori, divenendo un fenomeno di costume. Con Fantastico, Baudo ripropone il grande varietà del sabato sera, quello che dalla fine degli anni '50 sino alla metà degli anni '70, era stato Canzonissima.
In Fantastico il conduttore siciliano mostra tutta la sua abilità nel gestire grandi scenografie, corpulente compagnie di ballo, ospiti internazionali. Il sabato sera diventa sinonimo di spettacolo “alla Baudo”: elegante, popolare, scintillante. È anche il periodo in cui si rafforza il suo ruolo di talent scout, con la scoperta di artisti come Lorella Cuccarini e Alessandra Martines.
E se il sabato sera era targato Baudo, anche la domenica pomeriggio era targata Baudo. Subito dopo Fantastico c'era Domenica in, da lui stessa condotta. Domenica in, a quel tempo, andava in onda dalle 14 fino alle 20.
Negli anni ’90, con l’avvento della concorrenza privata e di nuovi linguaggi televisivi, Baudo dimostra di saper rinnovare la sua immagine. Nascono così programmi come Novecento, un talk show di grande spessore culturale che unisce interviste, approfondimenti e momenti di spettacolo. Qui Baudo abbandona in parte i toni del varietà e si propone come mediatore del racconto storico e biografico, dando voce ai protagonisti del secolo.
La sua capacità di ascolto, il ritmo narrativo e la padronanza della scena gli permettono di affrontare anche i temi più complessi senza perdere l’attenzione dello spettatore. È una fase diversa della sua carriera, più riflessiva, in cui Baudo si dimostra non solo conduttore di intrattenimento, ma anche uomo di cultura.
Negli anni Duemila, quando la televisione sembra ormai dominata da nuovi format e da un pubblico frammentato, Baudo trova un’ultima grande stagione di popolarità con Domenica In. Dal 2005 al 2010, infatti, torna a essere protagonista della lunga diretta domenicale della RAI: Domenica in.
In queste edizioni, Baudo riafferma il suo stile: talk, musica, intrattenimento e ospiti illustri. La domenica pomeriggio diventa nuovamente un appuntamento familiare, capace di attrarre pubblici diversi. Nonostante l’età e i mutamenti del panorama televisivo, Baudo riesce ancora a mantenere il ruolo di protagonista, dimostrando una longevità professionale rarissima.
L'ultima grande trasmissione da lui condotta è stata proprio Domenica in nel 2016, affiancato da Chiara Francini.
Pippo Baudo non è stato solo un conduttore, è stato un vero interprete dell’Italia televisiva: un uomo capace di trasformare lo schermo in uno specchio del Paese, con i suoi entusiasmi e le sue trasformazioni. La sua carriera attraversa oltre mezzo secolo, dai primi esperimenti in bianco e nero ai talk show più sofisticati, passando per i grandi varietà a colori e i festival della canzone.
Il suo marchio è la professionalità: mai sopra le righe, sempre attento a valorizzare gli artisti, a far sentire il pubblico parte di un rito collettivo. Se la televisione è stata “il focolare degli italiani”, Baudo ne è stato per decenni il custode sorridente e affidabile.
Con Settevoci ha scoperto i talenti della musica, con Canzonissima e Sanremo ha raccontato i sogni canori del Paese, con Fantastico ha dato volto al sabato sera, con Novecento ha dialogato con la memoria, con Domenica In ha ricucito la ritualità della settimana.
Oggi la televisione è cambiata, frammentata e spesso effimera. Ma il nome di Pippo Baudo resta un punto fermo: un’icona che racconta la storia stessa della RAI e, in fondo, dell’Italia intera.