Portaerei, caccia e super bombe: il piano Usa per attaccare l’Iran è già pronto. Ma la diplomazia non è morta
Trump prepara l’offensiva nei prossimi giorni ma non ha ancora emesso l’ordine finale: destinazione, i siti nucleari come Fordow. I rischi di ritorsioni e blackout nel Golfo alimentano i timori di un’escalation globale. Ecco le grandi manovre in corso
I vertici della difesa americana valutano da giorni l'opzione di un intervento diretto nel conflitto tra Israele e Iran. Fonti ufficiali Bloomberg – citate da Reuters – riferiscono che gli Stati Uniti stanno preparando piani per un possibile attacco contro obiettivi strategici iraniani nei prossimi giorni. Il presidente Trump ha approvato in via preliminare queste strategie di attacco, ma senza ancora emettere l’ordine finale, in attesa delle contromosse di Teheran.
Schieramento militare: portaerei, caccia, bombe bunker-buster
Il massiccio dispiegamento americano è già in atto. Due portaerei – l’USS Nimitz, in rotta da Sud-Est asiatico verso l'Oceano Indiano, e la USS Carl Vinson, schierata nel Golfo Persico – formano una forza navale senza precedenti nella regione. È in arrivo anche la USS Gerald R. Ford nel Mediterraneo, mentre una flotta di navi da guerra, cacciatorpedinieri e incrociatori fornisce protezione e capacità offensive supplementari.
Sul fronte aereo, oltre 30 aerei cisterna KC-135 e KC-46 sono stati spostati in Europa e verso il Golfo per supportare operazioni prolungate. In più, squadroni di F‑22, F‑35, F‑16 e B‑2 – il bombardiere stealth capace di sganciare bombe “bunker-buster” come la GBU-57 MOP – sono stati messi in stato di allerta o già pre-posizionati, preparando un possibile attacco dai cieli sul suolo iraniano, tra cui installazioni chiave come Fordow.
Countdown in atto: tre giorni decisivi
Fonti Nato citate da Repubblica indicano che il potenziale offensivo Usa nella regione sarà operativo entro venerdì. Trump stesso ha lanciato un avvertimento su Truth Social: «La nostra pazienza sta finendo… sappiamo dove si nasconde Khamenei, è un bersaglio facile».
Il rifiuto iraniano di arrendersi – imponendo uno stop all’arricchimento dell’uranio – potrebbe scatenare una rapida escalation: a quel punto, Trump potrebbe autorizzare l'impiego delle “bunker-buster” per colpire siti sotterranei come Fordow, ubicati sotto decine di metri di roccia.
Doppio rischio: ritorsioni e “fiamme nel Golfo”
Il Pentagono e la Nato maneggiano lo scenario di una risposta violenta da parte di Teheran. Tra le opzioni iraniane rientrano attacchi missilistici contro basi Usa, infrastrutture petrolifere – similmente all’assalto di Saddam contro i pozzi del Kuwait nel 1991 – o la chiusura dello Stretto di Hormuz per paralizzare il petrolio globale. Queste ripercussioni avrebbero effetti gravi sull’economia e sull’ambiente, innescando una spirale di attacchi contro Israele e i partner americani nella regione.
Preparazione e ostacoli tattici
L’operazione richiede logistica avanzata: voli di 3.000 km per i caccia israeliani, necessità di rifornimento aereo multiplo e turni di riposo per i piloti. In effetti sono previsti momentanei stop tecnici – un passaggio di consegne tra Israele e Usa è già in programma.
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti proteggono le proprie basi: trasferimenti di navi e aerei da Qatar e Bahrain verso zone meno vulnerabili sono già iniziati. Il famoso “Doomsday Plane” E-4B è stato visto vicino Washington, segno che il clima d’emergenza è considerato reale anche nel quartier generale americano.
️Ancora aperta la porta alla diplomazia?
Nonostante la tensione militare, si cerca ancora uno spazio negoziale: Trump ha ritardato l’ordine finale per valutare se l’Iran sia disposto a trattare sul nucleare. Ma la chiusura della sesta tornata negoziale tra USA e Iran, prevista a Oman il 15 giugno, ha di fatto congelato qualsiasi possibilità diplomatica . Nel frattempo l’offensiva israeliana ha già inferto pesanti colpi militari a siti nucleari iraniani, aumentando il rischio di escalation .