Record di poveri tra minori e lavoratori, sono 5,7 milioni: Italia inchiodata al disagio sociale
Colpite le famiglie con figli, gli affittuari e gli stranieri. Il Sud resta l’epicentro, ma la crisi sociale avanza anche nei grandi centri del Nord. Mai così tanti bambini e adulti sotto la soglia minima di sussistenza
L’Italia resta inchiodata alla povertà. I numeri del nuovo rapporto Istat 2025 parlano chiaro: 5,74 milioni di individui e 2,22 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta, pari al 9,8% della popolazione e all’8,4% dei nuclei familiari. Dati che, seppure stabili rispetto al 2023, segnano un drammatico record: mai così tanti bambini e adulti in età lavorativa sono finiti sotto la soglia minima di sussistenza.
I minori poveri sono oggi 1,283 milioni, pari al 13,8% del totale: un bambino su sette. Peggiora anche la fascia 35-64 anni, quella che dovrebbe trainare l’economia: 9,5% vive in condizioni di indigenza. Insieme rappresentano le due colonne portanti del Paese — il futuro e la forza lavoro — e oggi cedono sotto lo stesso peso.
Dietro la freddezza dei numeri, c’è un Paese che arranca. L’intensità della povertà (cioè quanto la spesa delle famiglie povere sia inferiore a quella considerata “minima”) resta al 18,4%: significa che chi è povero spende in media un quinto in meno del necessario per vivere dignitosamente. Ma la “stabilità” di questa crisi è solo apparente: in realtà la povertà si sta radicando, diventando una condizione cronica e non più temporanea.
La Caritas non usa mezzi termini: «La lotta alla povertà è stata piegata alla natalità. Troppi esclusi, troppi discriminati”. L’abolizione del Reddito di cittadinanza e l’introduzione di Assegno di inclusione e Supporto formazione lavoro hanno ridotto platea e fondi. Strumenti più rigidi e selettivi che, secondo l’organismo ecclesiastico, “lasciano scoperte migliaia di famiglie vulnerabili, specialmente quelle senza minori o con disoccupazione di lungo periodo».
Il dualismo territoriale continua a scavare un solco profondo tra Nord e Sud. Il Mezzogiorno resta l’epicentro della povertà: 10,5% delle famiglie e quasi 900mila nuclei vivono in condizioni di indigenza. Ma il fenomeno non è più confinato al Sud: nel Nord-Ovest l’incidenza è 8,1%, nel Nord-Est 7,6%, al Centro 6,5%. Persino nei capoluoghi metropolitani del Nord l’incidenza raggiunge l’8,2%, segno che anche le aree più ricche non sono immuni e che la forbice sociale si allarga lungo l’asse città-periferia.
A peggiorare il quadro è la povertà relativa, quella che colpisce chi spende meno della media nazionale per vivere: riguarda l’11% delle famiglie e quasi il 15% degli individui. Per una coppia, la soglia di povertà è fissata a 1.218 euro mensili. In questa fascia grigia rientrano milioni di persone: “sicuramente povere” se la loro spesa è inferiore all’80% della soglia, “appena povere” se rientrano nel 20% sotto, e “quasi povere” se si collocano appena sopra. Basta un affitto, una bolletta o una rata imprevista per scivolare nel baratro.
Ed è proprio la casa la trappola più insidiosa. Tra chi vive in affitto, l’incidenza della povertà sale al 22,1%, più del quadruplo rispetto ai proprietari (4,7%). Se in famiglia ci sono figli minori, la percentuale esplode al 32,3%. L’affitto medio dei nuclei poveri è 373 euro al mese, quasi quanto metà di uno stipendio part-time.
Anche la dimensione familiare pesa: il 21,2% dei nuclei con almeno cinque componenti è in povertà assoluta, il 19,4% tra le coppie con tre o più figli, e l’11,8% tra i genitori single. La povertà, insomma, cresce con la natalità: più figli si hanno, più è difficile restare sopra la soglia di sopravvivenza.
Gli altri due fattori di rischio restano istruzione e lavoro. Tra diplomati o laureati la povertà scende al 4,2%, ma sale al 12,8% con la sola licenza media e al 14,4% tra chi non ha titoli di studio. Tra gli operai povera è una famiglia su sei (15,6%), mentre tra i disoccupati l’incidenza supera il 21%.
Sul fronte della cittadinanza, il divario è abissale: 1,8 milioni di stranieri vivono in povertà assoluta, pari al 35,6%, contro il 7,4% degli italiani. Le famiglie composte solo da stranieri raggiungono il 35,2%, e se ci sono figli minori il dato sale al 40,5%. Nel Sud, il gap tra italiani e stranieri supera i 30 punti percentuali.
L’Istat definisce povera assoluta una famiglia che non riesce a sostenere la spesa minima necessaria per un livello di vita dignitoso: alimentazione, casa, abbigliamento, trasporti, scuola e salute. Povertà relativa, invece, è quando la spesa familiare è inferiore alla media nazionale. Due facce della stessa medaglia: una fotografia impietosa di un Paese che da anni non riesce a rialzarsi.
E mentre il governo difende la sua “cura Meloni”, i numeri raccontano un’Italia divisa e fragile. Una nazione dove un bambino su sette e un lavoratore su dieci vivono in povertà, dove il futuro e il presente cedono insieme.