Processo Open Arms, per il ministro Salvini arriva l’assoluzione definitiva: «Difendere i confini non è reato»
La decisione dei giudici della quinta sezione della Cassazione chiude la vicenda. L’avvocato Bongiorno: «Il processo non doveva nemmeno iniziare». Esulta anche Orban: «Contro il mio caro amico patriota una caccia alle streghe»
È definitiva l'assoluzione per il ministro Matteo Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio per la vicenda Open Arms quando, nell'agosto del 2019, fu vietato per alcuni giorni a 147 migranti di scendere dalla nave dell'ong spagnola giunta in prossimità delle coste italiane, a Lampedusa.
Lo hanno deciso i giudici della quinta sezione collegiale della Cassazione che dopo circa quattro ore di camera di consiglio hanno rigettato il ricorso per saltum presentato dalla Procura di Palermo contro la sentenza, arrivata il 20 dicembre dello scorso anno, con cui i giudici siciliani hanno fatto cadere l'impianto accusatorio nei confronti dell'allora ministro dell'Interno.
Salvini: «Difendere i confini non è reato»
Il vicepremier commenta a strettissimo giro. «Cinque anni di processo: difendere i confini non è reato», scrive su X sotto una sua foto su cui è scritto 'assolto'. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni - che ha lanciato un applauso nell'aula del Senato dopo avere appurato della notizia - parla di «una buona notizia» aggiungendo che l'accusa era «infondata» e la pronuncia dei supremi giudici «conferma un principio semplice e fondamentale: un ministro che difende i confini dell'Italia non commette un reato, ma svolge il proprio dovere».
Bongiorno: «Il processo non doveva neanche iniziare»
«Il termine soddisfazione esprime quello che sento in questo momento. Si tratta di un processo che non doveva nemmeno iniziare e questa soluzione di carattere definitivo evidenzia quello che ho sostenuto in aula: era totalmente fuori dal mondo il ricorso della procura, ma ciò che ci interessa è la correttezza dell'operato di Salvini». Lo afferma l'avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Matteo Salvini, dopo la decisione della Cassazione. «Tutto questo è la conferma del fatto che è partito un processo che veramente non doveva nascere e ciò è stato confermato anche come dalle conclusioni della procura generale», conclude. Soddisfazione espressa da tutti i vertici del governo. «Ha agito nell'interesse dell'Italia, giustizia è fatta», dice il vicepremier Antonio Tajani. Esulta anche il premier ungherese Viktor Orban: «Il mio caro amico patriota Matteo Salvini è stato oggetto di una caccia alle streghe politica per cinque anni», commenta sui social.
La Procura Generale: accuse insussistenti
I giudici hanno sostanzialmente accolto la richiesta della Procura Generale che in una memoria di circa cinquanta pagine, depositata alcune settimane fa, hanno ribadito l'insussistenza delle accuse al leader della Lega. Per il pg il ricorso della Procura «si è soffermato esclusivamente sulla condotta privativa della libertà personale (l'azione), senza affrontare i profili ricostruttivi dell'elemento della 'colpevolezza': e ciò senza tener in considerazione - è detto nella memoria - che fossero presenti e valorizzati, nella sentenza impugnata, elementi di esclusione (o, quantomeno di forte dubbio) del dolo relativi alle contestazioni di accusa». Per i sostituti procuratori generali ciò vale a configurare «un deficit dimostrativo della sussistenza degli elementi costitutivi dei reati ascritti all'imputato». In sostanza, - argomenta l'ufficio di Procura generale nell'atto messo all'attenzione dei Supremi giudici - se la posizione di garanzia, che sussisteva in capo al Ministro dell'Interno, può arrivare a giustificare e fondare la contestazione della limitazione della libertà personale, nel senso che egli avrebbe dovuto consentire lo sbarco di migranti 'non ancora compiutamente identificati e potenzialmente titolari del diritto di asilo, per giunta legittimamente entrati nel mare territoriale italiano in forza di un provvedimento del Tar Lazio, non si individua tuttavia alcuna significativa argomentazione tesa alla dimostrazione dell'esistenza di colpevolezza o degli altri elementi costitutivi del reato, prospettandosi esclusivamente la sola esistenza della condotta e dell'evento naturalistico ad essa connesso».
La Spagna aveva l’obbligo di tutelare i profughi dopo il No di Malta
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado il tribunale di Palermo ha affermato che l'Italia, e quindi l'allora capo del Viminale, non erano obbligati ad assegnare il porto sicuro (Pos) alla Open Arms, la nave spagnola perché toccava alle autorità iberiche farlo. Per il tribunale l'obbligo di tutelare i profughi, fatti sbarcare al termine di un braccio di ferro solo dopo l'intervento dei pm di Agrigento, lo aveva la Spagna.
Perché il suo centro di coordinamento e soccorso marittimo aveva «operato, sin da subito, un sia pur minimo coordinamento da 'primo contatto'; perchè Malta, "nel declinare la propria responsabilità per i primi due eventi di salvataggio, - spiegano - aveva chiaramente indicato la Spagna (Stato di bandiera) quale unica autorità che avrebbe dovuto assistere il natante».
Fondatore della ong: «Dai giudici una decisione politica»
«Non è una decisione tecnica, è un decisione politica. Neanche oggi si è fatta giustizia, ma si è costruita una impunità». Lo afferma Oscar Camps, fondatore Open Arms dopo la decisione della Cassazione. «Dire che non c'è reato quando un ministro blocca per giorni persone salvate in mare significa legittimare l'uso della sofferenza umana come strumento politico. Quello che è successo oggi è preoccupante per lo stato di diritto. Questo precedente non solo cancella il passato, ma autorizza anche il futuro. Autorizza altri governi a chiudere i porti, a trattenere le persone sulle navi. Noi continueremo in mare, loro continueranno nei palazzi: la Storia giudicherà chi sta dal lato giusto», aggiunge.