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20/11/2025 ore 22.00
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Caso Yara, la difesa di Bossetti ottiene i tracciati genetici: migliaia di dati grezzi riaprono il fronte su “Ignoto 1”

Gli avvocati hanno ricevuto migliaia di tracciati anonimi e le immagini dei reperti analizzati dal Ris. Materiale non presente nel fascicolo e considerato dal Tribunale come potenziale «novità della prova»

di Luca Arnaù

La vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Yara Gambirasio si arricchisce di un nuovo capitolo, uno di quelli che rischiano di riaccendere una partita che molti consideravano ormai archiviata. A distanza di sei anni dalla prima richiesta, la difesa di Massimo Bossetti è riuscita finalmente a ottenere copia dei tracciati genetici alla base dell’indagine scientifica più vasta mai condotta in Italia. Un hard disk consegnato questa mattina dal Tribunale all’avvocato Claudio Salvagni contiene migliaia di elettroferogrammi, grafici e sequenze numeriche riferite ai campioni di Dna raccolti in Val Brembana nel tentativo di identificare l’allora misterioso “Ignoto 1”, profilo poi attribuito a Bossetti e considerato prova cardine della sua condanna definitiva all’ergastolo.

Il materiale, descritto dallo stesso Tribunale come «non acquisito al fascicolo dibattimentale» e dotato del carattere della «potenziale novità della prova», comprende non soltanto il profilo genetico della vittima, ma anche quello dei numerosi soggetti sottoposti a prelievo durante la maxi-campagna di screening. Sequenze anonime, etichette numeriche, dati grezzi che fino a oggi non erano mai usciti dalle stanze degli esperti. Insieme ai tracciati, l’hard disk contiene anche le immagini fotografiche dei reperti analizzati dal Ris di Parma, documenti che ricostruiscono nei dettagli il percorso che portò all’identificazione di Ignoto 1 come figlio illegittimo di un uomo della Val Brembana, circostanza che in seguito indirizzò gli inquirenti su Bossetti.

Secondo l’avvocato Salvagni, la quantità del materiale scaricato è impressionante. Le sequenze geneticamente rilevanti, spiega, occupano «settanta pagine fronte-retro stampate su fogli A3». Non si tratta di tabelle interpretate o parzialmente filtrate, ma di dati puri, complessi, che dovranno essere analizzati voce per voce, picco per picco, curva per curva. L’obiettivo della difesa è chiaro: trovare incongruenze, ombre, elementi trascurati o interpretazioni ritenute, allora come oggi, incomplete. Una ricerca che, nelle intenzioni, potrebbe costituire la base scientifica per tentare un’istanza di revisione del processo.

Non è la prima volta che il legale di Bossetti chiede di accedere al materiale genetico, ma finora i tentativi di ottenere i reperti fisici sono stati respinti. La decisione del Tribunale di consegnare i tracciati appare quindi come un passo laterale, non risolutivo ma comunque potenzialmente significativo. I dati digitali non sostituiscono l’analisi diretta dei reperti, che resta al centro delle battaglie giudiziarie degli ultimi anni, ma aprono un margine di manovra che fino a ieri non esisteva. Gli esperti incaricati dalla difesa lavoreranno ora sulla base di quei grafici che, all’epoca, furono interpretati dagli specialisti dei Ris e dai laboratori incaricati. La speranza è ricostruire l’intera catena genetica con un nuovo sguardo.

Il caso di Yara, per la sua natura e la risonanza mediatica, ha sempre rappresentato una ferita aperta nella memoria collettiva. La certezza giudiziaria raggiunta con la condanna definitiva di Bossetti non ha cancellato le polemiche sulla gestione dei reperti, sull’assenza del Dna nucleare pienamente attribuibile all’imputato e su tutte le questioni tecniche che in questi anni hanno alimentato dubbi, domande, controperizie e paginate di osservazioni scientifiche contrapposte. La difesa ha sempre sostenuto che l’imputato sia vittima di un errore e che l’unica strada possibile per dimostrarlo sia tornare alla materia originaria: non la narrazione del Dna, ma il Dna stesso.

Con la consegna del materiale, la battaglia giudiziaria entra ora in una fase nuova, fatta di numeri, curve, bande colorate e letture complesse. La strada sarà lunga: si parla di mesi di lavoro solo per un primo screening. Poi, eventualmente, l’elaborazione delle conclusioni tecniche e il tentativo di trasformarle in un’istanza formale davanti ai giudici. Bossetti, dal carcere, ha fatto sapere di considerare questo passaggio una “svolta”, anche se nessuno può dire oggi se i tracciati conterranno davvero elementi capaci di ribaltare un verdetto così pesante.

Resta un fatto: dopo anni di richieste e rifiuti, la difesa potrà finalmente vedere ciò che finora era rimasto chiuso nei database dell’inchiesta. Non è l’accesso ai reperti, ma è la prima crepa in un muro che sembrava invalicabile. E in un caso in cui tutto ruota attorno a un codice genetico, ogni crepa può diventare un varco.