Quando Ghiglia avvisò Meloni sul Green Pass: “Bravo, ora esco”. L’inchiesta di Report agita il Garante della privacy
La trasmissione di Sigfrido Ranucci ricostruisce un contatto diretto tra Ghiglia e Meloni, allora leader dell’opposizione, prima dell’attacco al governo Draghi sul decreto “Riaperture”
Un messaggio, una telefonata e una frase: “Bravo, ora esco”. Basterebbe questo scambio, ricostruito da Report, per riaprire il caso Ghiglia e accendere una nuova tempesta politica sul Garante della privacy. Secondo l’inchiesta di Sigfrido Ranucci, andata in onda su Rai3, il componente del Collegio, oggi finito già nella bufera per la multa inflitta alla trasmissione stessa, avrebbe informato Giorgia Meloni — all’epoca leader dell’opposizione e capogruppo di Fratelli d’Italia — di un provvedimento in via di approvazione riguardante il Green Pass, il 23 aprile 2021, nel pieno della campagna vaccinale e del governo Draghi.
Quel giorno il Garante stava per esprimere un parere critico sul decreto “Riaperture”, giudicato troppo invasivo per la privacy dei cittadini. Un documento che, per prassi, doveva restare riservato fino alla pubblicazione ufficiale. Ma, secondo la ricostruzione di Report, Ghiglia avrebbe contattato direttamente Meloni per anticiparle la decisione. La premier — raccontano le carte interne e le testimonianze — avrebbe risposto con un messaggio breve e inequivocabile: “Bravo, ora esco”.
E infatti, poche ore più tardi, Meloni diffondeva una nota durissima:
«Il Garante per la Privacy boccia le cosiddette certificazioni verdi introdotte dal governo Draghi e critica duramente il decreto Riaperture. È l’ennesima falla di un provvedimento inaccettabile che calpesta le libertà fondamentali degli italiani, e che Fratelli d’Italia contrasterà con forza in Parlamento e non solo».
Un tempismo perfetto. Troppo, secondo i giornalisti di Report, che hanno incrociato la dichiarazione pubblica di Meloni con gli orari dei documenti protocollati dal Garante. Il risultato è una coincidenza sospetta: la nota politica arriva poco dopo la riunione in cui l’Autorità aveva approvato il parere e subito dopo la presunta telefonata tra Ghiglia e la leader di FdI.
Non sarebbe la prima volta. Lo stesso Ghiglia — ex parlamentare del partito e oggi figura chiave all’interno dell’Autorità — avrebbe, secondo Report, informato Fratelli d’Italia anche in altre occasioni. Come nel caso della multa contro la trasmissione di Ranucci per il servizio sull’ex ministro Gennaro Sangiuliano, quando, poche ore prima della decisione, avrebbe comunicato via mail agli uffici interni del Garante: “Domani vado da Arianna Meloni”, la sorella della premier.
Una prassi che, se confermata, disegnerebbe un quadro inquietante di contiguità politica tra un organo indipendente e un partito di governo. La reazione politica non si è fatta attendere. In commissione di Vigilanza Rai, i parlamentari del Movimento 5 Stelle parlano apertamente di “inaccettabile commistione”: «La privacy degli italiani non può essere amministrata come una succursale di Colle Oppio», attaccano. E chiedono «le dimissioni immediate di Ghiglia e dell’intero Collegio del Garante».
Anche dal centrosinistra arrivano segnali di forte irritazione. «Se un componente dell’Autorità ha davvero anticipato decisioni riservate a un leader politico — afferma un deputato dem — si configura una violazione della terzietà istituzionale e della fiducia dei cittadini. Il Garante deve tutelare i dati, non usarli come leva politica».
Dall’altra parte, Fratelli d’Italia parla di “accuse pretestuose” e di “inchiesta confezionata per attaccare il governo”. L’entourage di Meloni non commenta ufficialmente, ma fa trapelare che “la premier non ha nulla da nascondere” e che “le sue parole sul Green Pass riflettevano semplicemente la posizione politica di un partito che era all’opposizione”.
Tuttavia, la cronologia ricostruita da Report lascia poco margine all’interpretazione. Il 23 aprile 2021, il Garante per la privacy approva un parere critico sul decreto Draghi; poche ore dopo, Ghiglia segnala internamente di aver “informato la presidente Meloni”; e nel giro di un’ora, Fratelli d’Italia diffonde una nota pubblica che riprende i punti chiave del documento, ancora non reso pubblico.
A completare il quadro ci sarebbero anche comunicazioni interne agli uffici del Garante in cui Ghiglia riferisce dell’interlocuzione “appena avuta” con la leader del partito. Documenti che Report sostiene di avere in copia. Per l’opposizione è un caso di violazione della neutralità dell’Autorità indipendente. Per la maggioranza, un attacco politico orchestrato da un programma televisivo “ostile” al governo. Ma la questione, ormai, non è più mediatica: potrebbe finire davanti al Parlamento e alla Commissione di Vigilanza, che già ha convocato Ranucci per chiarire le accuse sul comportamento del Garante.
In attesa di verifiche ufficiali, la vicenda rischia di allargarsi. Perché se davvero un rappresentante di un’Autorità indipendente avesse condiviso in anticipo informazioni riservate con un leader politico, il principio di indipendenza che regge l’intero sistema di garanzie dello Stato ne uscirebbe gravemente compromesso. Ranucci, dal canto suo, resta prudente ma deciso: «Noi abbiamo documenti, orari e riscontri. Il nostro dovere è raccontarli. Se qualcuno pensa che il giornalismo d’inchiesta vada fermato, dovrà dirlo apertamente».
Nel frattempo, la parola “dimissioni” riecheggia sempre più forte. E il sospetto che il Garante della privacy sia diventato terreno di contesa politica rischia di pesare a lungo. Perché, al netto delle versioni e dei comunicati, resta un dato: il Garante non può essere di partito. E la privacy degli italiani non può dipendere da una telefonata.