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08/07/2025 ore 13.13
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Quando i miliardari votano a sinistra: un terzo dei Paperoni di New York sostiene il socialista Mamdani

Secondo il Wall Street Journal, molti ricchi newyorkesi hanno scelto di finanziare la campagna del 33enne Zohran Mamdani, convinti che serva più equità per far ripartire la città. Trump lo ha bollato come “comunista” e ha minacciato di espellerlo.

di Luca Arnaù

Alla faccia dell’anticapitalismo. Zohran Mamdani, 33 anni, socialista dichiarato, musulmano, figlio della regista Mira Nair, è diventato il simbolo del nuovo volto progressista della Grande Mela. E a sorpresa, tra coloro che più hanno sostenuto la sua corsa alle primarie democratiche per la carica di sindaco di New York, ci sono proprio loro: i ricchi. Anzi, i ricchissimi.

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, quasi un terzo dei maggiori contribuenti della metropoli avrebbe sostenuto attivamente la candidatura di Mamdani, nonostante le sue posizioni chiaramente orientate a sinistra, la proposta di aumentare le tasse ai più abbienti e l’intenzione di ridistribuire risorse a favore dei quartieri popolari. Il quotidiano economico ha analizzato i dati elettorali e ha raccolto interviste con amministratori delegati, investitori, trader di Wall Street, avvocati d’affari. E quello che emerge è un quadro che fa riflettere.

Molti dei sostenitori benestanti di Mamdani dichiarano infatti di essere pronti a “rinunciare all’un per cento dei propri guadagni” pur di contribuire a un progetto che riporti la città a essere un polo attrattivo per nuovi talenti, imprese e famiglie. Secondo loro, anni di disuguaglianze crescenti hanno minato la coesione sociale, spinto i giovani a emigrare e contribuito al lento declino dell’appeal di New York, una volta città faro del mondo occidentale.

«C’è un limite a quanto si possa spingere l’accumulazione – ha dichiarato al giornale un investitore del settore tecnologico –. Abbiamo bisogno di vivere in una città che funzioni per tutti, non solo per chi guadagna milioni di dollari all’anno». Ecco allora che Mamdani, con le sue posizioni nette su casa, trasporti, sanità pubblica e salario minimo, appare oggi come un’opzione credibile anche agli occhi di chi ha tutto da perdere da un’eventuale svolta socialista.

Il suo successo si fonda infatti su una base elettorale inedita, una coalizione trasversale che unisce giovani precari, attivisti, sindacalisti, immigrati e… pilastri del capitalismo urbano. Un paradosso che diventa la nuova normalità in una metropoli in crisi d’identità, schiacciata da costi di vita insostenibili, un’emergenza abitativa endemica, infrastrutture obsolete e un’amministrazione uscente in affanno.

Non tutti, ovviamente, applaudono al nuovo astro nascente della sinistra americana. Il più feroce dei suoi detrattori è stato, come prevedibile, Donald Trump, che ha definito Mamdani “un comunista mascherato” e ha minacciato di deportarlo in caso di suo ritorno alla Casa Bianca. Il riferimento è alla doppia cittadinanza dell’ex rapper e attivista – nato in Uganda ma cittadino americano – e alla sua militanza in organizzazioni vicine ai Democratic Socialists of America, il movimento di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez.

Ma Mamdani, che oggi siede nell’Assemblea legislativa dello Stato di New York, non si è scomposto. Con il suo stile diretto e un’agenda fittissima di incontri nei quartieri, ha continuato a parlare di servizi pubblici, trasparenza e giustizia sociale. A chi gli chiede se si sente un pericolo per l’ordine costituito, risponde con un sorriso: «Voglio solo che chi lavora non debba scegliere tra pagare l’affitto e fare la spesa. Se questo è radicale, allora sì, lo sono».

Intanto, la sua candidatura continua a catalizzare l’attenzione dei media e a scombinare gli equilibri interni al Partito Democratico. Perché se davvero sarà lui a sfidare i Repubblicani nella corsa a sindaco, si aprirà uno scenario inedito nella storia recente della città: quello di un New Deal metropolitano sostenuto da chi ha tutto… e chiede di avere un po’ di meno.