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06/05/2025 ore 07.43
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Quel silenzio che pesa: Giorgia Meloni tace sulla tragedia di Gaza

Un capo di governo ha il dovere di prendere posizione, soprattutto quando in gioco ci sono i diritti fondamentali, la pace e la dignità umana: scegliere di non parlare non significa neutralità ma complicità

di Redazione Politica

Giorgia Meloni non ha detto una parola. Non una dichiarazione ufficiale, non un commento, non una presa di posizione. Di fronte al piano approvato dal governo israeliano di Benjamin Netanyahu — che prevede l’occupazione militare della Striscia di Gaza, il trasferimento forzato della popolazione palestinese e la gestione degli aiuti umanitari affidata a imprese private — la presidente del Consiglio italiana ha scelto il silenzio.

Un silenzio che fa rumore. Che pesa. E che interroga.

Mentre Gaza brucia sotto i bombardamenti, mentre le immagini di bambini mutilati, di madri in lacrime, di intere famiglie spazzate via dalla guerra scuotono le coscienze del mondo, il governo italiano tace. Tace mentre l’Onu lancia l’allarme: fame e sete stanno diventando strumenti deliberati di pressione, se non di sterminio. Tace mentre la comunità internazionale si interroga sulla legittimità delle azioni israeliane e mentre giuristi, accademici e ong parlano apertamente di crimini contro l’umanità.

Meloni tace. E il suo silenzio è politico. È strategico, forse. Ma resta un silenzio che pesa come una scelta. Una scelta di campo.

Non si può invocare la realpolitik per giustificare l’indifferenza davanti a un dramma umanitario di questa portata. Non si può restare muti quando un governo alleato porta avanti, senza più maschere, un progetto di annientamento sistematico. Quando l’idea stessa di due popoli, due Stati, viene messa in discussione da una politica di espulsione e di occupazione permanente.

La presidente del Consiglio, che ama mostrarsi come leader globale, come donna forte in grado di parlare a viso aperto con chiunque, stavolta ha scelto di non parlare affatto. Non una parola per i civili palestinesi, non una parola per le organizzazioni umanitarie in ginocchio, non una parola per le famiglie israeliane che chiedono il rilascio degli ostaggi ma anche la fine del massacro.

Un capo di governo ha il dovere di prendere posizione, soprattutto quando in gioco ci sono i diritti fondamentali, la pace e la dignità umana. Il silenzio, in casi come questo, non è neutralità. È complicità. È un modo di dire: io sto con chi bombarda, non con chi soffre.

Giorgia Meloni ha scelto. Ancora una volta, ha scelto il potere contro il diritto, l’alleanza politica contro la giustizia, il calcolo contro l’umanità.

E la storia, prima o poi, presenterà il conto.