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17/10/2025 ore 22.05
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Re Carlo e Camilla in Vaticano: per la prima volta dopo 500 anni un sovrano inglese pregherà con un Papa

Dal 1534, anno dello scisma anglicano, non era mai successo. La giornata segnerà un nuovo capitolo nel dialogo tra la Chiesa cattolica e quella d’Inghilterra, con un messaggio di unità e pace

di Luca Arnaù

Cinque secoli dopo lo scisma anglicano, un re d’Inghilterra tornerà a pregare con un Papa. La data è fissata: il 23 ottobre, Re Carlo III e la regina Camilla saranno in Vaticano per una visita di Stato che entrerà nei libri di storia. È la prima volta dal 1534, quando Enrico VIII ruppe con Roma dando vita alla Chiesa anglicana, che un sovrano britannico si unirà a un Pontefice in una cerimonia pubblica di preghiera.

L’arrivo dei reali è previsto il giorno precedente, ma il programma ufficiale si concentrerà nella mattina del 23, con l’ingresso nel Cortile di San Damaso alle 10.45 e l’udienza privata con Papa Leone XIV alle 11. Seguirà un momento di raccoglimento e preghiera ecumenica nella Cappella Sistina, simbolo assoluto dell’arte e della fede cattolica. Un gesto di fraternità che segnerà il superamento di una frattura lunga mezzo millennio.

Nel pomeriggio Carlo e Camilla si sposteranno alla basilica di San Paolo fuori le Mura, dove il sovrano riceverà il titolo di “Royal Confrater”, cioè confratello reale. Un onore che sancisce un legame spirituale fra la Corona britannica e la comunità benedettina che custodisce la tomba dell’apostolo Paolo. In quella basilica, decorata dai mosaici dorati e dai ritratti dei Pontefici, sarà collocato uno scranno intarsiato con lo stemma reale: Carlo vi prenderà posto durante la funzione e lo lascerà poi in dono alla basilica. Lo scranno resterà lì, nell’abside, come segno duraturo della comunione ritrovata tra le due Chiese.

Secondo monsignor Flavio Pace, segretario del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, «il gesto ha un valore che va oltre la cerimonia. Storicamente la basilica e l’abbazia di San Paolo fuori le Mura hanno avuto vincoli profondi con la Corona d’Inghilterra, risalenti ai re sassoni, che già nel Medioevo provvedevano alla manutenzione delle tombe degli apostoli. Quel legame non si è mai spezzato del tutto, nemmeno dopo la Riforma».

La decisione di conferire a Carlo il titolo di Royal Confrater è stata approvata personalmente da Papa Leone XIV, che ha voluto ricordare come la fede e la storia possano ritrovare una lingua comune. Nello stemma dell’abbazia compare ancora l’emblema dell’Ordine della Giarrettiera, la più alta onorificenza britannica, segno di una fraternità mai del tutto cancellata dal tempo.

Buckingham Palace ha definito la visita «un momento di grande significato nelle relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa d’Inghilterra». Un portavoce reale ha spiegato che «Sua Maestà, in quanto Governatore Supremo della Chiesa anglicana, riconosce l’importanza del dialogo e della cooperazione spirituale, soprattutto in un’epoca segnata da guerre e divisioni».

Il Foreign Office ha aggiunto che il viaggio avrà anche una dimensione politica e diplomatica: «In un periodo di instabilità globale, la relazione del Regno Unito con la Santa Sede è più importante che mai. La visita di Stato servirà a rafforzare la collaborazione su temi come la pace, la dignità umana e la tutela dell’ambiente».

L’incontro tra Carlo e Leone XIV avverrà inoltre nell’anno del Giubileo, esattamente venticinque anni dopo quello del 2000, quando la regina Elisabetta II fu ricevuta da Giovanni Paolo II. Allora fu un gesto di rispetto reciproco; oggi sarà un atto di comunione. Nel segno del motto del nuovo Giubileo, “Pellegrini di speranza”, la visita intende aprire una stagione di riconciliazione fra Roma e Canterbury, separate dal 1534 ma sempre più vicine nelle sfide del presente.

Carlo, da sempre attento ai temi spirituali e al dialogo interreligioso, ha più volte ricordato di sentirsi “difensore delle fedi”, non solo della sua. Fin dai tempi in cui era principe di Galles ha promosso il rispetto tra le religioni, visitando luoghi di culto cristiani, musulmani ed ebraici. Con la sua sensibilità ecumenica, il re intende rendere concreto ciò che la diplomazia e la teologia hanno solo accennato: la possibilità che cattolici e anglicani preghino insieme senza più diffidenze.

La visita avrebbe dovuto svolgersi già nel 2024, durante il viaggio ufficiale in Italia su invito del presidente Sergio Mattarella, ma fu rinviata per le precarie condizioni di salute di Papa Francesco. Ora assume un valore ancora più forte, arrivando nel primo anno di pontificato di Leone XIV, deciso a proseguire l’opera di dialogo e di apertura avviata dal suo predecessore.

Il clima che circonda l’incontro è carico di attesa. La Santa Sede, in una nota, ha parlato di «una tappa importante nel cammino verso l’unità dei cristiani», mentre i vescovi anglicani hanno espresso gratitudine per «un gesto che unisce nella preghiera più di quanto mille documenti possano fare».

Nel silenzio della Cappella Sistina, dove Michelangelo dipinse il Giudizio Universale, Carlo e Leone XIV siederanno uno accanto all’altro, uniti in una preghiera che il mondo intero guarderà come simbolo di pace. Cinquecento anni dopo la frattura, l’eco di quel momento potrebbe superare i muri del Vaticano e arrivare fino a Canterbury, là dove la storia si divise.

E forse, in quell’immagine – un re e un Papa insieme in preghiera – si potrà leggere la più antica delle riconciliazioni possibili: quella tra fede e potere, tra la voce della tradizione e il coraggio del perdono.